Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31275 del 29/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 29/11/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 29/11/2019), n.31275

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1245-2014 proposto da:

T.D.C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

COLA DI RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato LEOPOLDO

FIORENTINO (studio Carlini), che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato VINCENZO CESTARO;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE SALERNO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ALESSANDRIA n. 208, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO

CARDARELLI, rappresentata e difesa dagli avvocati GENNARO SASSO,

WALTER MARIA RAMUNNI e VALERIO CASILLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 725/2013 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 18/06/2013 R.G.N. 1239/2011.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte di Appello di Salerno, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa città che, previa riunione, aveva parzialmente accolto i ricorsi, ha respinto le domande proposte da B.A. e T.D.C.M., dirigenti medici, volte ad ottenere la condanna dell’Azienda Sanitaria Locale Salerno al pagamento delle differenze retributive rivendicate in relazione allo svolgimento delle mansioni di dirigente di struttura complessa, protrattosi ben oltre i limiti temporali previsti dall’art. 18 del CCNL 1998/2001 per la dirigenza medica del servizio sanitario nazionale;

2. la Corte territoriale, premesso che non era più in discussione la natura di struttura complessa delle unità dirette dagli appellati, ha osservato che:

a) le voci contrattuali rivendicate spettano soltanto ai dirigenti di secondo livello assunti con le procedure selettive previste dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter, comma 2;

b) il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 15 e il D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter, comma 5 escludono l’applicabilità dell’art. 2103 c.c. in relazione al conferimento degli incarichi dirigenziali e al passaggio ad incarichi dirigenziali;

c) il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 24 rimette alla contrattazione collettiva la determinazione del trattamento economico anche accessorio dei dirigenti e prevede che esso remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti nonchè qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa;

d) la domanda formulata ai sensi dell’art. 36 Cost. era infondata, perchè gli appellati, che avevano ricevuto la retribuzione di posizione commisurata all’incarico e l’indennità di sostituzione di cui all’art. 18 del CCNL, si erano limitati ad allegare di avere svolto l’incarico di direzione di struttura complessa, ma non avevano precisato le modalità di svolgimento di tale lavoro, l’impegno profuso e i risultati conseguiti;

e) la circostanza che l’incarico di direzione fosse stato svolto oltre i termini previsti per le sostituzioni dal CCNL, ma non anche dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter, comma 5 era irrilevante perchè il CCNL non contiene alcuna disposizione che attribuisce al sostituto le spettanze rivendicate dai ricorrenti in caso di mancato rispetto del termine previsto per la sostituzione;

3. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso T.M. della Corte sulla base di due motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c., ai quali ha opposto difese con controricorso l’Azienda Sanitaria Locale Salerno.

1. con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia” ed addebita alla Corte territoriale di non avere colto la specificità della fattispecie, nella quale viene in rilievo lo svolgimento dell’incarico di direzione di struttura complessa protrattosi senza soluzione di continuità dal 20 settembre 2004 al 1 luglio 2011 in virtù di provvedimenti formali assunti dalla Asl che, dopo avere avviato la procedura concorsuale, alla quale il ricorrente aveva partecipato risultando idoneo al conferimento dell’incarico, non l’aveva conclusa;

1.2. sostiene che l’art. 18 del CCNL per la dirigenza medica del servizio sanitario nazionale è applicabile nei soli casi di sostituzione temporanea e non consente all’amministrazione di trasformare in permanente un incarico che deve essere connotato da provvisorietà;

1.3. aggiunge che ha errato la Corte territoriale nel ritenere non provate le concrete modalità di svolgimento della prestazione nel periodo in contestazione perchè, al contrario, nel ricorso erano state puntualmente descritte le attività svolte, tutte riconducibili ai compiti ed alle responsabilità che derivano dalla direzione di una struttura complessa;

2. con la seconda critica, rubricata “violazione ed errata applicazione delle norme di diritto”, il ricorrente, nel riprendere argomenti già in parte sviluppati nel primo motivo, insiste nel sostenere che dovevano essere valorizzati la partecipazione alla procedura non conclusa e l’accertamento, avvenuto in quella sede, del possesso di tutti i requisiti richiesti per la stipula del contratto di dirigente di struttura complessa;

2.1. aggiunge che il D.Lgs. n. 165 del 2001, confermando quanto già previsto dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56 ha sancito il diritto del lavoratore adibito a mansioni proprie della qualifica superiore a percepire il relativo compenso e deduce che la giusta retribuzione non può essere rappresentata dall’indennità di sostituzione, che remunera solo le assegnazioni temporanee, disposte in caso di assenza o impedimento del dirigente sostituito;

3. deve essere dichiarata l’inammissibilità del controricorso;

3.1. risulta, infatti, dagli atti di causa che il ricorso è stato notificato all’Avv. Antonio Di Filippi, procuratore domiciliatario dell’Azienda Sanitaria Locale di Salerno, presso l’ufficio legale dell’Azienda stessa, in data 30 dicembre 2013, sicchè il termine perentorio di quaranta giorni previsto dal combinato disposto dell’art. 370 c.p.c., comma 1 e art. 369 c.p.c. è spirato il 10 febbraio 2014;

3.2. il controricorso è stato notificato il 26 marzo 2014 e, pertanto, va dichiarato inammissibile in quanto tardivo, con la conseguenza che dello stesso non può tenersi conto neppure, in caso di rigetto dell’impugnazione, ai fini della liquidazione delle spese;

4. la questione che viene in rilievo è già stata oggetto di esame da parte di questa Corte che, pronunciando in fattispecie analoga, ha affermato che “la sostituzione nell’incarico di dirigente medico del servizio sanitario nazionale ai sensi dell’art. 18 del c.c.n.l. dirigenza medica e veterinaria dell’8 giugno 2000, non si configura come svolgimento di mansioni superiori poichè avviene nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria, sicchè non trova applicazione l’art. 2103 c.c. e al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito ma solo la prevista indennità cd. sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la prosecuzione dell’incarico oltre il termine di sei mesi (o di dodici se prorogato) per l’espletamento della procedura per la copertura del posto vacante, dovendosi considerare adeguatamente remunerativa l’indennità sostitutiva specificamente prevista dalla disciplina collettiva e, quindi, inapplicabile l’art. 36 Cost.” (Cass. n. 16299/2015 e negli stessi termini Cass. n. 15577/2015, n. 584/2016, n. 9879/2017; nn. 21565, 28151, 28243, 30912 del 2018; n. 7863/2019).

4. il Collegio intende dare continuità all’orientamento espresso dalle richiamate pronunce, perchè l’esegesi del quadro normativo e contrattuale non consente di estendere ai dirigenti in generale, ed alla dirigenza sanitaria in particolare, norme e principi che regolano il rapporto di lavoro non dirigenziale;

5. l’inapplicabilità ai dirigenti dell’art. 2103 c.c., sancita dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 era già stata affermata dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 19 come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 13 e discende dalle peculiarità proprie della qualifica dirigenziale che, nel nuovo assetto, non esprime più una posizione lavorativa inserita nell’ambito di una carriera e caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l’idoneità professionale del soggetto a ricoprire un incarico dirigenziale, necessariamente a termine, conferito con atto datoriale gestionale, distinto dal contratto di lavoro a tempo indeterminato;

6. per le medesime ragioni non è applicabile al rapporto dirigenziale il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 riferibile al solo personale che non rivesta la qualifica di dirigente, al quale è, invece, riservata la disciplina dettata dalle disposizioni del capo II;

7. quanto alla dirigenza sanitaria, inserita “in un unico ruolo distinto per profili professionali e in un unico livello” (D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15), la giuridica impossibilità di applicare la disciplina dettata dall’art. 2103 c.c. è ribadita dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter inserito dal D.Lgs. n. 229 del 1999, nonchè dall’art. 28, comma 7, del CCNL 8.6.2000 per il quadriennio 1997/2001, secondo cui “nel conferimento degli incarichi e per il passaggio ad incarichi di funzioni dirigenziali diverse le aziende tengono conto… che data l’equivalenza delle mansioni dirigenziali non si applica l’art. 2103 c.c., comma 1”.

8. Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 24 in tutte le versioni succedutesi nel tempo, delega alla contrattazione collettiva la determinazione del trattamento retributivo del personale con qualifica dirigenziale, da correlarsi quanto al trattamento accessorio alle funzioni attribuite, ed al comma 3 fissa il principio di onnicomprensività, stabilendo che il trattamento medesimo “remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto nonchè qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa”;

9. la materia delle sostituzioni è stata espressamente disciplinata dalle parti collettive che, all’art. 18, comma 7, del CCNL 8.6.2000 hanno innanzitutto ribadito, in linea con la previsione del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter, comma 5, che “le sostituzioni….non si configurano come mansioni superiori in quanto avvengono nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza dei quattro ruoli”;

9.1. hanno, quindi, previsto una speciale indennità, da corrispondersi solo in caso di sostituzioni protrattesi oltre sessanta giorni, rapportata al livello di complessità della struttura diretta (Lire 1.036.000 per la sostituzione del dirigente di struttura complessa e Lire 518.000 per la struttura semplice);

9.2. il comma 4 della disposizione contrattuale prevede che, qualora la necessità della sostituzione sorga in conseguenza della cessazione del rapporto di lavoro del dirigente interessato, e, quindi, della vacanza della funzione dirigenziale, la stessa è consentita per il tempo strettamente necessario all’espletamento delle procedure concorsuali e può avere la durata di mesi sei, prorogabili a dodici;

9.3. è, però, significativo che le parti collettive non abbiano fatto cenno alle conseguenze che, sul piano economico, possono derivare dall’omesso rispetto del termine e l’omissione non può essere ritenuta casuale, atteso che la norma contrattuale ha tenuto ad affermare, come principio di carattere generale, che la sostituzione non implica l’espletamento di mansioni superiori;

9.4. il termine di cui al comma 4, quindi, svolge senz’altro una funzione sollecitatoria ma il suo mancato rispetto non può legittimare la rivendicazione dell’intero trattamento economico spettante al dirigente sostituito, impedita proprio dall’incipit del comma 7, che, operando unitamente al principio della onnicomprensività al quale si è già fatto cenno, esclude qualsiasi titolo sul quale la pretesa possa essere fondata;

10. non può essere invocata la giurisprudenza costituzionale ed amministrativa formatasi per la dirigenza medica in relazione al D.P.R. n. 384 del 1990, art. 121 disapplicato dal richiamato art. 18 del CCNL 2000, attesa la diversità del contesto normativo;

10.1. prima dell’istituzione del ruolo unico, infatti, i compiti propri del personale inquadrato nel IX, nel X e nell’XI livello costituivano mansioni esprimenti una professionalità crescente mentre nell’attuale sistema, fondato sull’equivalenza delle mansioni dirigenziali, le diverse tipologie di incarichi non comportano rapporti di sovra o sotto ordinazione (art. 27 CCNL 2000);

11. le considerazioni che precedono inducono, pertanto, il Collegio a non condividere il diverso orientamento espresso da Cass. n. 13809/2015, pronuncia, questa, rimasta isolata e superata dalle decisioni richiamate al punto 2;

12. la sentenza impugnata si è attenuta al principio di diritto sopra richiamato ed il secondo motivo di ricorso, che addebita alla Corte territoriale la violazione delle disposizioni di legge e contrattuale rilevanti nella fattispecie, non prospetta argomenti che possano indurre a disattendere l’orientamento ormai consolidato già espresso in fattispecie analoghe;

12.1. quanto all’inadeguatezza del trattamento retributivo ricevuto va sottolineato che il giudice d’appello, nell’escludere la violazione dell’art. 36 Cost., ha accertato che il dirigente medico ha ricevuto, oltre all’indennità ex art. 18 del CCNL 8.6.2000, “una retribuzione di posizione commisurata al lavoro, che si assume di maggiore caratura, effettivamente svolto e quindi un trattamento economico superiore a quello che avrebbe ricevuto ove fosse stato tempestivamente selezionato il titolare… ovvero fosse stata adottata una rotazione nell’incarico”;

13. il primo motivo è inammissibile, perchè sovrappone e confonde profili di fatto e di diritto ed esula dai limiti del riformulato art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile ratione temporis alla fattispecie (la sentenza impugnata è stata depositata il 18 giugno 2013), che consente di denunciare il solo “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”;

13.1. la censura prospetta, invece, il vizio motivazionale in relazione ad un “punto” della decisione, tra l’altro neppure decisivo perchè la sola partecipazione, sia pure positiva, alla procedura mai conclusa per il conferimento dell’incarico di dirigente di struttura complessa, non vale a differenziare la posizione del ricorrente da quella del dirigente medico incaricato della sostituzione, posto che il giudizio di idoneità a ricoprire l’incarico non può essere equiparato al conferimento dell’incarico stesso;

14. in via conclusiva il ricorso deve essere rigettato e conseguentemente deve darsi atto della sussistenza delle condizioni previste dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto;

14.1. non occorre provvedere sulle spese del giudizio di legittimità perchè il controricorso è stato notificato tardivamente e l’Azienda Sanitaria non ha svolto ulteriore attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2019

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