Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31273 del 04/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 04/12/2018, (ud. 25/09/2018, dep. 04/12/2018), n.31273

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAGDA Cristiano – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria T. – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16408-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ARCHADIA SAS;

– intimato –

sul ricorso 16769-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ARCHADIA SAS;

– intimato –

sul ricorso 16832-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ARCHADIA SAS, elettivamente domiciliato in ROMA VIA PASUBIO 11,

presso lo studio dell’avvocato SIMONE BECCHETTI, rappresentato e

difeso dall’avvocato NATALIZIO CESARE;

– controricorrente –

sul ricorso 17223-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ARCHADIA SAS;

– intimato –

sul ricorso 17227-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.L., elettivamente domiciliato in ROMA VIA PASUBIO 11,

presso lo studio dell’avvocato BECCHETTI SIMONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato NATALIZIO CESARE;

– controricorrente –

avverso le sentenze n. 446/2010, n. 447/2010, n. 448/2010, n.

449/2010 n. 450/2010 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di LATINA,

depositate il 06/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/09/2018 dal Consigliere Dott. ZOSO LIANA MARIA TERESA;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE ALESSANDRO che ha chiesto

l’accoglimento di tutti i ricorsi.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Archadia di P.M. e C. s.a.s. ed i soci R.G., P.M. e P.L. impugnavano, con distinti ricorsi, l’avviso di accertamento inerente Iva, Irap ed Irpef per l’anno 2002 con il quale era stato rideterminato il reddito d’impresa in Euro 95.212,00 ed era stato conseguentemente rideterminato il reddito di partecipazione dei singoli soci.

L’accertamento traeva origine dalla verifica fiscale effettuata dalla Guardia di Finanza, da cui era emersa una differenza di Euro 294.000,94 fra l’ammontare, pari ad Euro 304.967,44, delle rimanenze merci iniziali dichiarate dalla società al 1 gennaio 2002 e l’ammontare, pari ad Euro 10.967,00, delle rimanenze finali al 31.12.2002, senza che nell’anno in questione fossero state contabilmente registrate vendite: si presumeva, pertanto, che le merci fossero state vendute dalla società senza emettere il prescritto scontrino fiscale.

I ricorsi, dei quali non veniva disposta la riunione, erano tutti rigettati dall’adita Commissione tributaria provinciale di Frosinone.

I cinque, distinti appelli proposti dai soccombenti contro le decisioni di rigetto erano accolti dalla Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, con altrettante sentenze di identico contenuto.

La CTR affermava che l’accertamento era basato su semplici presunzioni prive di riscontro probatorio, posto che le giacenze di magazzino al 1.1.2002 erano state indicate dalla società contabilmente, con dato che doveva ritenersi non corrispondente alla realtà, sia perchè le merci non erano state reperite, sia perchè l’attività di Archadia s.a.s. era cessata già nel 2000, a seguito della vendita dell’immobile in cui si svolgeva.

2. Avverso le cinque sentenze della CTR (nn. 446, 447, 448, 449 e 450 del 6 maggio 2010) l’agenzia delle entrate ha proposto separati ricorsi per cassazione, rubricati ai nn. 16408, 16769, 16832, 17223 e 17226 del 2011, ciascuno affidato a due motivi.

Archadia s.a.s. ha depositato controricorso nella causa n. 16832/2011; la socia P.L. in quella n. 17227/2011. Il pubblico ministero, in relazione a ciascuno dei ricorsi, ha depositato conclusioni scritte oltre il termine previsto dall’art. 380 bis. 1 c.p.c., delle quali, pertanto, non può tenersi conto.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il Collegio, preliminarmente, dispone, ai sensi dell’art. 274 c.p.c., la riunione al ricorso n. 16408/2011 dei ricorsi n. 16769/2011, 16832/2011, 17223/2011 e 17227/2011, stante il principio generale secondo cui il giudice può ordinare la riunione in un solo processo di impugnazioni diverse, oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, ogni qualvolta ravvisi in concreto come nella specie appare del tutto evidente – elementi di connessione tali da rendere opportuno, per ragioni di economia processuale, il loro esame congiunto (da ult., Cass., Sez. un., n. 18050 del 2010).

2. Con il primo motivo dei ricorsi l’agenzia delle entrate deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 53, al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 59 e all’art. 2697 c.c.. Sostiene che la CTR ha fatto malgoverno delle norme tributarie citate e del principio dell’onere della prova, considerato che sussiste presunzione di cessione dei beni acquistati, importati o prodotti che non si trovino nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, a fronte della quale questi è gravato della prova contraria.

2. Con il secondo motivo deduce insufficiente motivazione in ordine a fatto controverso decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c, comma 1, n. 5, in quanto la CTR ha ritenuto inidonea la prova presuntiva offerta sulle scorta di argomentazioni inconferenti ed apodittiche, non accompagnate dalla doverosa illustrazione dell’iter logico-giuridico che sorregge la decisione.

3. I motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamene in quanto fra loro connessi, sono fondati.

3.1 Questa Corte ha già affermato il principio secondo cui, in tema di accertamento dell’IVA e delle imposte sui redditi, in base al D.P.R. n. 441 del 1997, art. 4, comma 2, le eventuali differenze quantitative derivanti dal raffronto tra le risultanze delle scritture ausiliarie di magazzino di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 14, comma 1, lett. d), o della documentazione obbligatoria emessa e ricevuta, e le consistenze delle rimanenze registrate costituiscono presunzione di cessione o di acquisto per il periodo d’imposta oggetto del controllo, presunzione che è relativa e superabile non con qualunque mezzo di prova, ma solamente con le prove tassativamente indicate dagli artt. 1 e 2 del citato D.P.R.. (Cass. n. 19957 del 10/08/2017; Cass. n. 13120 del 25/07/2012).

E’ ben vero che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 53 e il D.P.R. n. 441 del 1971, art. 1, fanno riferimento ai beni che non si trovano nei luoghi dell’attività di impresa e, quindi, rapportano la presunzione di cessione ad una verifica in concreto. Tuttavia la presunzione di avvenuta cessione dei beni può fondarsi anche sulla sola verifica di natura contabile, purchè fatta sulla base di documenti dell’impresa previsti dalla legge (Cass. n. 12245 del 18/05/2018; Cass. n. 9628 del 13/06/2012).

Pertanto il contribuente, per superare la presunzione di cessione, è onerato della prova dell’impiego dei beni per la produzione o della consegna a terzi in conto lavorazione, deposito ecc. o della loro distruzione.

La prova in questione non può quindi ritenersi raggiunta sulla scorta delle circostanze valutate dalla CTR, che, in assenza di qualsivoglia documentazione proveniente dai ricorrenti/appellanti e sul rilievo che le merci non erano state reperite (rilievo palesemente privo di concludenza, atteso che era per l’appunto in contestazione la loro vendita “in nero”) ha sostanzialmente ritenuto falsa l’annotazione del valore delle giacenze al 1.1.2002 per il solo fatto che Archadia aveva venduto l’immobile in cui esercitava l’attività nel 2000, erroneamente reputando, fra l’altro, che da ciò si potesse desumere anche la formale cessazione dell’attività della società, nonostante non risultasse la sua messa in liquidazione.

6. Le decisioni impugnate vanno, dunque, cassate con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione che, adeguandosi ai principi esposti, procederà ad un nuovo esame e liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce al ricorso n. 16408/2011 i ricorsi n. 16769/2011, 16832/2011, 17223/2011 e 17227/11 e li accoglie; cassa le sentenze impugnate e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2018

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