Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31271 del 29/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 29/11/2019, (ud. 08/05/2019, dep. 29/11/2019), n.31271

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11996-2015 proposto da:

SIENA AMBIENTE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA

294, presso lo studio dell’avvocato ANGELO VALLEFUOCO, rappresentata

e difesa dall’avvocato LUCA TARTAGLIONE;

– ricorrente –

contro

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OVIDIO 32,

presso lo studio dell’avvocato MICHELE ALLIEGRO, rappresentato e

difeso dall’avvocato PIETRO DINOI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 812/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 21/01/2015 R.G.N. 627/2013;

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con ricorso ex art. 414 c.p.c. M.G. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Siena la s.p.a. Siena Ambiente – alle cui dipendenze espletava a far tempo dal 1/9/2000 attività di addetto all’impianto di termovalorizzazione – instando affinchè fosse condannata al pagamento di un rimborso spese per il raggiungimento e il ritorno dal posto di lavoro, in coerenza con le previsioni di cui agli artt. 21 c.c.n.l. FISE per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di igiene ambientale del 1995 e dell’art. 35 c.c.n.l. 2003. Costituitasi, la società contestava il fondamento della domanda chiedendone il rigetto. Espletata attività istruttoria mediante CTU, il Tribunale accoglieva il ricorso e condannava la società resistente al pagamento della somma di Euro 11.877,98 per il titolo descritto.

Detta pronuncia veniva confermata dalla Corte d’appello di Firenze che condivideva l’iter motivazionale percorso dal giudice di prima istanza sia con riguardo alla conformità del diritto azionato alle disposizioni contrattuali collettive invocate, sia alla quantificazione disposta dal nominato ausiliare.

Avverso tale decisione la s.p.a. Siena Ambiente interpone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi successivamente illustrati ò da memoria, ai quali oppone difese il M..

Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si denuncia promiscuamente violazione e falsa applicazione di plurime disposizioni del codice civile, del codice di rito e di disposizioni della contrattazione collettiva di settore del 1995, del 2003, del 2005, del 2008, nonchè omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione fra le parti.

Si critica la sentenza impugnata per aver tralasciato di considerare l’insussistenza, nella specie, di una sede di lavoro ubicata in località. da considerare come non assistita giornalmente in modo regolare da un servizio di trasporto pubblico di settore, censurandosi altresì l’espletata CTU ritenuta inidonea a supportare il convincimento della Corte territoriale.

2. Anche il secondo motivo con le già descritte modalità stilistiche, critica l’interpretazione elaborata dal giudice del gravame delle disposizioni contrattuali collettive che disciplinavano l’erogazione dei compensi previsti per raggiungere il luogo di lavoro.

3. Il terzo motivo prospetta violazione e falsa applicazione di plurime disposizioni di legge e di contrattazione collettiva, oltre che omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, stigmatizzando la statuizione con la quale la Corte di merito aveva ritenuto la nullità delle previsioni dei contratti integrativi aziendali del 27/1/2000 e del 20/4/2005 per la ritenuta illegittima abrogazione delle più favorevoli disposizioni della contrattazione collettiva di settore.

4. Il quarto motivo attinge gli approdi ai quali è pervenuta la Corte di merito in punto di quantificazione del credito azionato, per il rinvio non argomentato alle motivazioni stilate dall’ausiliare nominato in prime cure.

5. I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi per presupporre la soluzione di questioni giuridiche connesse, palesano plurimi profili di inammissibilità.

Si impone innanzitutto la considerazione alla cui stregua la ricostruzione dei fatti e la loro valutazione, per le sentenze pubblicate – come nella specie – dal trentesimo giorno successivo alla entrata in vigore della L. 7 agosto 2012, n. 134 (pubblicata sulla G.U. n. 187 dell11.8.2012), di conversione del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, è censurabile in sede di legittimità solo nella ipotesi di “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti”.

Ma detto vizio non può essere denunciato per i giudizi di appello instaurati successivamente alla data sopra indicata ai sensi del richiamato D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, (cfr. Cass. Cass. 18/12/2014 n. 26860) – come nel caso di specie – con ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che conferma la decisione di primo grado, qualora il fatto sia stato ricostruito nei medesimi termini dai giudici di primo e di secondo grado (art. 348 ter c.p.c., u.c.).

Il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non è, quindi, deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. doppia conforme (vedi Cass.11/10/2014 n. 26097, che ha altresì escluso dubbi di incostituzionalità della norma e, successivamente, in motivazione, Cass. 16/11/2016 n. 23358, Cass. 18/8/2016 n. 171669).

Pertanto la decisione della Corte territoriale, che ha fatto proprie le argomentazioni espresse dal primo giudice della sentenza de qua, ritenute condivisibili, non può essere oggetto del sindacato in questa sede di legittimità a mente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, richiamato dalla società ricorrente a fondamento di tutte le doglianze, promiscuamente formulate in relazione anche alla violazione dei dettami di cui all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5..

6. Sotto altro versante, non può tralasciarsi di considerare che tutte le articolate critiche hanno ad oggetto la regolamentazione offerta al rapporto controverso dalla successione di plurimi contratti collettivi nazionali di settore, di cui si denuncia la violazione e falsa applicazione ad opera dei giudici del gravame.

E’ bene al riguardo rammentare che nell’ambito della contrattazione di lavoro privato la conoscenza del giudice-interprete è consentita mediante l’iniziativa della parte interessata, da esercitare attraverso le modalità proprie del processo, non essendo previsti i meccanismi di pubblicità che assistono la contrattazione di lavoro pubblico (cfr. Cass. SS.UU. n. 21558 del 2009 e n. 23329 del 2009).

All’assolvimento dell’onere, poi, la parte ricorrente può adempiere anche con il deposito del fascicolo di merito, nel quale sia stato allegato il contratto, ma deve, anche in tal caso, specificare, nella indicazione degli allegati in calce al ricorso, in quale parte di tale fascicolo, depositato in cassazione, si trovi allegato il contratto collettivo (cfr. Cass. n. 7161 del 2010), non potendosi ritenere sufficiente, pertanto, il mero richiamo operato nella trattazione dei motivi di ricorso: precisazioni, queste ultime, che valgono a definire compiutamente le modalità di collaborazione, cui il giudice e le parti sono chiamati a seguito delle riforme di semplificazione processuale attuate dal legislatore, e a delineare, in tale ambito, specifici doveri di comportamento delle parti, non meramente formalistici, finalizzati alla conoscenza e al reperimento immediato degli atti e, più in generale, alla più ampia garanzia dell’azione e del contraddittorio (in termini: Cass. n. 23920 del 2010).

Nell’ottica descritta è stato quindi rimarcato che “nel giudizio di cassazione, l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi imposto, a pena di improcedibilità del ricorso, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, nella formulazione di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – può dirsi soddisfatto solo con la produzione del testo integrale del contratto collettivo, adempimento rispondente alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione (vedi ex plurimis, Cass. 4/3/2015 n. 4350, Cass. 26/9/2016 n. 18866).

Orbene, nella specie l’istante non ha specificato nel ricorso per cassazione, come prescritto dall’insegnamento di questa Corte innanzi ricordato, l’avvenuta produzione integrale dei CCNL richiamati e la sede in cui tali documenti erano rinvenibili, senza specificazione nè del deposito separato dei contratti collettivi, su cui il ricorso si fonda, nè della sede in cui, all’interno del fascicolo di parte, il medesimo contratto – nell’intero testo sia allegato, così non consentendo di procedere allo scrutinio delle formulate doglianze.”.

7. Da ultimo, va rimarcato che con il primo ed il quarto motivo la ricorrente stigmatizza la sentenza impugnata con riferimento agli esiti della espletata CTU, reputata inidonea a supportare il convincimento della Corte distrettuale, in quanto basata su documentazione solo parziale; in relazioni a tali doglianze va riscontrata un’ulteriore ragione di inammissibilità, ove si faccia richiamo ai principi affermati da questa Corte, che vanno qui ribaditi, in base ai quali i requisiti di contenuta-forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso, nel rispetto del principio di specificità che governa il ricorso per cassazione (v. Cass. 13/11/2018 n. 29093).

E’ stato altresì precisato come la parte che lamenti l’acritica adesione del giudice di merito alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio non può limitarsi a far valere genericamente lacune di accertamento o errori di valutazione commessi dal consulente o dalla sentenza che ne abbia recepito l’operato, ma, in ossequio al principio di specificità del ricorso per cassazione ed al carattere limitato del mezzo di impugnazione, ha l’onere di indicare le circostanze e gli elementi rispetto ai quali invoca il controllo di logicità, trascrivendo integralmente nel ricorso almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e riportando il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di consentire l’apprezzamento dell’incidenza causale del difetto di motivazione (cfr. Cass.17/7/20141 n. 16368, Cass. 3/6/2016 n. 11482).

Orbene, nello specifico, la ricorrente non ha ottemperato agli oneri sulla stessa gravanti, omettendo di procedere alla trascrizione della relazione peritale oggetto di critica, neanche in relazione alle parti ritenute salienti; anche sotto tale profilo, pertanto, il ricorso va disatteso.

8. In definitiva, al lume delle superiori argomentazioni, deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

La ricorrente, per il principio della soccombenza, va condannata al pagamento delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.

Essendo stato il presente ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 8 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2019

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