Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31270 del 29/11/2019

Cassazione civile sez. un., 29/11/2019, (ud. 22/10/2019, dep. 29/11/2019), n.31270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di sez. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di sez. –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15208-2019 proposto da:

M.G.K., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA QUINTO

AURELIO SIMMACO 7, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI NERI, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ORDINE DEGLI AVVOCATI DI PISA, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 29,

presso lo studio dell’avvocato BARBARA PICCINI, rappresentato e

difeso dagli avvocati GIANLUCA VECCHIO e SIMONE GIUGNI;

– controricorrente –

e contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 8/2019 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE,

depositata il 03/04/2019;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/10/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

SALZANO FRANCESCO, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso;

uditi gli avvocati Giovanni Neri, Gianluca Vecchio e Simone Giugni.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto affidato a tre ordini di motivi l’Avv. M.G.K. ricorre avverso la decisione del Consiglio Nazionale Forense n. 8/2019, con la quale – a definizione del ricorso, respinto, della stessa M. e di quello, accolto, del COA di Pisa – infliggeva alla odierna ricorrente la sanzione della radiazione.

Nell’occasione il Consiglio Nazionale Forense, riformava la decisione del CDD di Firenze in data 17/10-6/12/2017 con cui era stata disposta la sospensione dall’esercizio professionale per un anno della stessa M..

Tanto in esito a procedimento disciplinare azionato nei confronti della odierna ricorrente per appropriazione indebita di somme di denaro per attività professionale non espletate. Il ricorso è resistito con controricorso dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Pisa, che ha – altresì – depositato memoria ex art. 378 c.p.c. e di costituzione con nuovi difensori.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo del ricorso si denuncia, senza riferimento alcuno a parametro di legge processuale, la violazione dell’art. 24 Cost..

Il motivo attiene, in sostanza, al rigetto dell’istanza di rinvio di udienza suo tempo interposta dall’odierna ricorrente innanzi al CNF.

L’istanza era relativa al fatto la ricorrente, nel richiedere il differimento della discussione innanzi al CNF, aveva addotto il “riacutizzarsi di un’ulcera trofica al piede destro con difficoltà alla deambulazione”, con certificata prescrizione medica di trenta giorni di riposo.

2.- Il secondo motivo del ricorso è così rubricato: “Violazione artt. 21 e 22 del codice deontologico”.

3.- Il terzo motivo del ricorso denuncia – letteralmente e sempre senza riferimento a parametro di legge processuale – “ulteriore violazione dell’art. 21 codice disciplinare”.

4.- I tre motivi possono essere esaminato congiuntamente. Il ricorso, nel suo complesso, non può ritenersi ammissibile. Tanto in quanto lo stesso risulta formulato in modo non specifico non solo per la già accennata genericità dei singoli motivi, ma per una ancor più dirimente e decisiva ragione. La ricorrente ha, infatti, proposto ricorso senza alcune (pur normativamente prevista e, quindi, dovuta) “esposizione sommaria dei fatti di causa”.

Risulta del tutto assente, nel ricorso, l’esposizione completa dei fatti di causa, l’individuazione specifica dei contenuti del provvedimento impugnato e la puntuale indicazione delle ragioni per cui quei contenuti si ritengono viziati.

Al riguardo non può che richiamarsi il noto principio già enunciato da questa Corte, secondo cui “il ricorso per cassazione in cui manchi completamente l’esposizione dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato è inammissibile; tale mancanza non può essere superata attraverso l’esame delle censure in cui si articola il ricorso, non essendone garantita l’esatta comprensione in assenza di riferimenti alla motivazione del provvedimento censurato, nè attraverso l’esame di altri atti processuali, ostandovi il principio di autonomia del ricorso per cassazione” (Cass., S.U. – Sent. 25 maggio 2014, n. 11308, nonchè conformemente – in precedenza- Cass. n. 2097/2007).

Lo stesso principio, per inciso, risulta poi ribadito da Cass., Sez. Seconda, Sent. 24 aprile 2018, n. 100072, con cui si è nuovamente affermato che:

“nel ricorso per cassazione è essenziale il requisito, prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 3, dell’esposizione sommaria dei fatti sostanziali e processuali della vicenda, da effettuarsi necessariamente in modo sintetico, con la conseguenza che la relativa mancanza determina l’inammissibilità del ricorso, essendo la suddetta esposizione funzionale alla comprensione dei motivi nonchè alla verifica dell’ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte” (in precedenza, ancora, Cass., Sez. Terza 8 luglio 2014, n. 15478 aveva comunque rimarcato la necessità che andava soddisfatto il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, dall’art. 366 c.p.c., n. 3).

4.- Alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile.

5.- Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si determinano così come da dispositivo.

6.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13.

PQM

LA CORTE

Dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 5.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2019

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