Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31266 del 04/12/2018

Cassazione civile sez. un., 04/12/2018, (ud. 20/11/2018, dep. 04/12/2018), n.31266

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Primo Presidente f.f. –

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di Sez. –

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente di Sez. –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 24762/2015 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, MINISTERO DELL’AMBIENTE E

DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE, anche in luogo delle

disciolte Gestioni Commissariali per l’emergenza socio-economico

ambientale nella lagune di (OMISSIS) e (OMISSIS) e per l’emergenza

nel territorio del bacino del fiume Sacco tra le Province di Roma e

Frosinone, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore,

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– ricorrenti –

contro

SNIA S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA nonchè, per quanto

possa occorrere, del COMMISSARIO STRAORDINARIO C.M.,

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo

studio dell’avvocato STEFANO AMBROSINI, che li rappresenta e

difende;

L.C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO 10,

presso lo studio dell’avvocato ENRICO DANTE, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato PAOLO MELI;

– controricorrenti

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO (r.g. n. 2/2010),

depositato il 18/09/2015.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/11/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi gli avvocati Alfonso Peluso per l’Avvocatura Generale dello

Stato, Stefano Ambrosini e Paolo Meli.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Il commissario straordinario della Snia s.p.a., in amministrazione straordinaria (d’ora in avanti, anche solo Snia o A.S.), depositò, in data 18 novembre 2014, un piano di riparto parziale tra i creditori ammessi al concorso avverso il quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero dell’Economia e delle Finanze proposero reclamo, che il giudice delegato accolse, ordinando l’accantonamento di tutte le somme appostate nel piano.

1.1.- Gli enti reclamanti avevano contestato la possibilità di procedere al riparto, in quanto titolari di un credito di natura prededucibile – conseguente ai danni da disastro ambientale cagionato dall’attività industriale svolta dalla società debitrice per attività chimica svolta nei siti di (OMISSIS), stimato pari a circa 3,439 miliardi di Euro – che era destinato ad essere pagato in via preferenziale.

1.2.- Il giudice delegato, perciò, ritenne che fosse necessario un

accantonamento integrale dell’attivo liquidato, in vista dell’accertamento dei pretesi crediti prededucibili, all’esito del giudizio di opposizione allo stato passivo, pendente.

2. – Il creditore concorrente Dr. L.C., tuttavia, propose reclamo avverso il decreto di accantonamento delle somme dato dal giudice delegato, che venne accolto dal Tribunale, il quale affermò che, tenendo conto della risultanze dello stato passivo, non poteva tenersi in considerazione il credito vantato dalle amministrazioni (escluso dal concorso e dunque senza titolo idoneo a fondare una pronuncia interinale di accantonamento), non potendosi includere i crediti degli opponenti allo stato passivo tra quelli di cui alla L. Fall., art. 110, comma 4, posto che la norma si riferirebbe esclusivamente ai crediti già inclusi nel piano di riparto, anche se contestati.

2.1.- Anche la L. Fall., art. 113, comma 2, non poteva essere invocato, poichè la nozione di debito prededucibile ivi contemplata si riferirebbe a poste non contestate o almeno già ammesse ai passivo, sebbene non in via definitiva; perciò, in mancanza di una giustificazione dell’accantonamento, il tribunale dichiarò l’esecutività del progetto di ripartizione depositato dal commissario.

3.- La Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e il Ministero dell’Economia e delle Finanze hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

3.1.- Ad esso hanno resistito, con controricorso, il creditore concorrente e la stessa procedura della Snia, in amministrazione straordinaria, con il suo commissario.

4.- Come rilevato dal P.G., è opportuno focalizzare l’attenzione sulle difese dell’Amministrazione straordinaria, per evidenziare che:

– con il controricorso (notificato il 27/11/2015), ha contestato la fondatezza di tutti i motivi, soffermandosi anche a contestare il credito vantato da Ministeri (pg. 53 ss.);

– con la memoria depositata ex art. 380-bis.1 c.p.c., il 15/2/2018, ha rettificato il contenuto della contestazione.

4.1.- L’A.S., in detta memoria, ha dedotto che:

A) in presenza dell’istanza tardiva dei Ministeri, per ragioni prudenziali, aveva tardato nel predisporre un piano di riparto parziale, procedendo invece a depositarlo quando tale istanza non è stata accolta dal GD;

B) Tuttavia, al controricorso era sopravvenuta una sentenza (del 10/2/2016) del Tribunale di Milano, da cui deriverebbero ingentissimi debiti prededucibili dell’A.S. (pg. 1-10) ed altri notevoli crediti prededucibili emergerebbero all’esito di complessi contenziosi di cui è parte l’A.S. (pg. 11), di entità tale da essere “di gran lunga assorbente l’intero attivo disponibile” (pg. 12).

4.2.- Per dette sopravvenienze l’A.S. ritiene di “doverosamente interrogarsi” sul fatto che l’esecuzione del piano di riparto oggetto del presente ricorso “comporterebbe necessariamente l’alterazione dell’ordine di distribuzione delle somme previsto dalla L. Fall., art. 111” (pg. 12). Di qui l’esigenza di “non effettuare il riparto, onde consentire un opportuno incremento del fondo di accantonamento “generico” per i crediti prededucibili (pg. 13).

4.3.- Come osservato dal P.G., dunque, l’A.S. ha chiesto che la Corte, “rilevata l’assoluta peculiarità del caso, l’obiettiva controvertibilità e rilevanza delle questioni e l’assenza di precedenti in termini, enunci il principio di diritto, anche a mente dell’art. 384 c.p.c., sulla seguente questione:

“se l’insorgenza di crediti sopravvenuti di rango pacificamente poziore rispetto a quelli contemplati in un progetto di riparto consenta (o, meglio, imponga) la modificazione di un progetto di riparto già esecutivo, ancorchè sub judice, comunque la sua interinale inefficacia, anche in virtù della necessità di aumentare congruamente l’entità dell’accantonamento per spese di giustizia e altri crediti prededucibili” (pg. 13-14).

5.- Con ordinanza interlocutoria del 13 aprile 2018, n. 9250, la Prima sezione civile, ha rimesso gli atti al Primo presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.

5.1.- L’ordinanza interlocutoria premette l’illustrazione dei motivi del ricorso.

5.1.1.- Con il primo, i ricorrenti deducono la violazione della L. Fall., artt. 110,36 e 26, avendo il tribunale erroneamente ritenuto legittimato al reclamo avanti a sè un creditore, ammesso allo stato passivo, che però non aveva impugnato il piano di riparto avanti al giudice delegato, stante il rinvio della L. Fall., art. 110, alla L. Fall., art. 36, che contempla quali contraddittori solo il curatore (qui il commissario straordinario) e il reclamante (le amministrazioni pubbliche) e senza che, per questa via, trovi applicazione la L. Fall., art. 26.

5.1.2.- Con il secondo, le amministrazioni contestano che rientrasse tra i poteri del tribunale, in sede di reclamo, decidere posizioni diverse che non fossero quelle del reclamante L.C., posto che gli altri creditori avevano fatto acquiescenza alla declaratoria di inammissibilità del rispettivo intervento pronunciata dal giudice delegato, violandosi altresì l’art. 112 c.p.c., per la rimozione officiosa della sospensione del riparto.

5.1.3. – Il terzo motivo denuncia un vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), avendo il giudice di merito ammesso la legittimazione delle amministrazioni al reclamo, ma negato loro l’accantonamento, deferendo ogni decisione modificativa del riparto al commissario straordinario.

5.1.4.- Il quarto, censura il decreto ove ha fatto leva sulla esclusione del credito dallo stato passivo, quanto alle amministrazioni, per la non applicabilità dell’accantonamento, che invece conseguiva dal fatto che la contestazione aveva riguardato tutti gli altri creditori, considerati nel piano di riparto e invece da posporre a quelli pubblici, dunque “contestati” ai sensi della L. Fall., art. 110, comma 4, ovvero valutandosi per il medesimo effetto l’accantonamento previsto per i debiti prededucibili dalla L. Fall., art. 113, comma 2.

5.2.- L’ordinanza interlocutoria osserva quindi che il tema della ricorribilità, avanti alla Corte di Cassazione, della decisione assunta dal giudice di merito sulle impugnative endoconcorsuali al piano di riparto, ha registrato talune pronunce negative la cui ratio decidendi si impernia, per una prima parte, sulla considerazione secondo cui le somme sottratte alla ripartizione non vengono definitivamente negate al creditore reclamante (ancorchè garantito da ipoteca), o attribuite ad altri, ma soltanto rinviate, con la distribuzione sulla base del piano di riparto finale, sicchè la relativa statuizione avrebbe carattere meramente ordinatorio.

5.2.1.- Sarebbe espicitamente teorizzato il fatto che la negazione dell’assegnazione monetaria non equivale ad un diniego assoluto e definitivo del pagamento, posto che la quota di riparto sarebbe sostituita dall’accantonamento, secondo un provvedimento di “mera gestione”, e il pagamento al creditore soltanto differito ma non escluso, così che ben potrebbe predicarsi la non ricorribilità in Cassazione, non avendo il decreto del tribunale i requisiti della decisorietà e della definitività.

5.3.- Evidenzia poi il collegio che la giurisprudenza richiamata avrebbe avuto modo di formarsi su fattispecie in cui l’accantonamento era stato positivamente disposto con riguardo a crediti ammessi al passivo, tant’è che alcune pronunce non avrebbero mancato di porre in evidenza che ogni altra decisione assunta dal giudice del riparto in ordine al riconoscimento – attraverso l’ordine di pagamento – dei crediti in prededuzione, assumerebbe portata diversa, così che il ricorso straordinario per cassazione sarebbe, invece, ammissibile avverso il medesimo decreto nella parte in cui si riconosce l’esistenza di spese in prededuzione a norma della L. Fall., art. 111, comma 1, n. 1), disponendone altresì il pagamento, pur in presenza di contestazioni, atteso che, per tale profilo, il provvedimento assumerebbe carattere decisorio, riducendo l’entità delle somme attribuibili ai creditori ammessi e così incidendo sulle loro pretese.

5.4.- Orbene, nel caso all’esame, le pubbliche amministrazioni ricorrenti sostengono che dalla duplice qualità da loro posseduta quella di creditori insinuati per il credito in prededuzione e di opponenti avverso il provvedimento che ha respinto la domanda di partecipazione al concorso -, discenderebbe il titolo per esigere un accantonamento delle relative somme, ovvero la temporanea non distribuzione di altre, conseguenti alla liquidazione dell’attivo formante oggetto di un riparto parziale destinato ai creditori ammessi.

5.5.- Nel caso esaminato, è sicuro che i ricorrenti, alla data del piano di riparto (o comunque della sua esecutività), non hanno ancora conseguito l’ammissione al passivo; essi però assumono di vantare comunque un (diverso) titolo per esigere un corrispondente accantonamento.

5.6.- La L. Fall., art. 113, come modificato a seguito della riforma del D.Lgs. n. 5 del 2006, è qui richiamato laddove stabilisce che “devono essere trattenute e depositate” da un canto le “quote assegnate” ad alcune categorie di creditori e, dall’altro, le somme necessarie per soddisfare “ogni altro debito prededucibile”. In questo caso, allora, anche la misura complessiva di distribuzione deve essere ridotta, posto che la legge stessa prevede un diritto all’accantonamento, che è insieme misura di protezione del credito titolato e limite alla discrezionalità del giudice delegato. Il conseguente provvedimento sull’accantonamento, qui in concreto negato, potrebbe esprimere un profilo decisorio e con natura definitiva e, se non impugnato, potrebbe cristallizzare, L. Fall., ex art. 114, i pagamenti nel frattempo eseguiti con il riparto esecutivo e conformare in modo irrimediabilmente limitativo la partecipazione del creditore che non abbia ottenuto l’invocato accantonamento.

5.7.- Dunque, secondo l’ordinanza interlocutoria, una prima questione di massima di particolare importanza concernerebbe la ricorribilità per cassazione del decreto del tribunale che, affermando l’esecutività del piano di riparto, abbia negato il diritto all’accantonamento del credito preteso da un creditore non ammesso allo stato passivo, ma che rivendichi, per altro titolo, la propria pretesa, da dichiarare in sede di riparto, e perciò, ove negata, da correggere con la relativa impugnazione.

6.- La seconda questione rilevante, invece, atterrebbe al problema dell’immediata esecutività del piano di riparto, che – come detto – è stata dapprima sospesa dal giudice delegato e poi ripristinata dal tribunale, sulla base di una diversa ricostruzione della relazione, dal primo ammessa e dal secondo negata, con il credito prededucibile vantato dalle amministrazioni.

6.1.- Secondo l’ordinanza in esame, sarebbe necessario chiarire i limiti della “giustiziabilità” di siffatta statuizione negativa, ponendosi il seguente problema: se il provvedimento che dispone l’esecutività del piano di riparto sia vincolante allo stato degli atti o se al contrario esso risulti direttamente condizionato all’evoluzione dei costi o delle spese in prededuzione e dunque sia potenzialmente revocabile.

6.2.- Aderendo alla prima impostazione, solo l’esaurimento dei mezzi d’impugnazione metterebbe in sicurezza l’esecuzione del piano di riparto, proposto e vagliato giudizialmente, non retrocedibile di fase nè ritirabile, se non se ed in quanto non raccordato con lo stato passivo o con le condizioni per l’accantonamento di alcune somme.

6.3.- Se si ritiene, invece, che il piano di riparto possa essere – in tutto o in parte – “ritirato”, in ogni momento divenendo oggetto di modifica o di revoca ovvero di sospensione della sua esecutività, da un canto, sul piano sostanziale, lo si renderebbe permeabile all’evoluzione dei conti della procedura, dovendosi accantonare tutte le risorse necessarie a fronteggiare spese o debiti prededucibili inizialmente non previsti (o come nella specie per debiti prededucibili di grado diverso (chirografari e privilegiati, anch’essi)). Ma, con una tale interpretazione, la modificabilità o la revocabilità del piano di riparto comporterebbe anche l’inammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., poichè il provvedimento impugnato non sarebbe mai definitivo.

7.- Le Sezioni unite della corte sono quindi chiamate a decidere la seguente questione di massima di particolare importanza, così formulata: “se sia ammissibile il ricorso per cassazione, ex art. 111 Cost., comma 7, nei confronti del decreto del tribunale fallimentare che, decidendo sul reclamo contro il provvedimento del giudice delegato, abbia ordinato l’esecuzione del piano di riparto parziale, avuto riguardo alla sua idoneità a stabilire, in maniera irreversibile o meno, da un lato, il diritto del creditore concorrente a partecipare al riparto dell’attivo fino a quel momento disponibile e, dall’altro, il diritto degli altri interessati ad ottenere gli accantonamenti nei casi previsti dalla L. Fall., art. 113”.

8.- Il P.G., nella menzionata requisitoria memoria, ha osservato che: “Dalla complessa motivazione dell’ordinanza interlocutoria si desume che è stata tuttavia sottoposta alle S.U. un’ulteriore questione (approfondita nelle pg. 12-16), che sembrerebbe originare soprattutto dalla prospettazione (e sollecitazione) svolta dall’AS nella memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.. Procedendo dalla premessa che non è controversa nel giudizio (e non va dunque qui approfondita) la questione concernente la discrezionalità degli organi della procedura concorsuale nell’approntamento dei riparti parziali (e quindi l’interpretazione della L. Fall., art. 110, comma 1, in tema di fallimento, e D.Lgs. n. 270 del 199, art. 67, comma 1, per l’a.s.), il secondo quesito formulato con l’ordinanza interlocutoria può essere così sintetizzato: “qualora, nelle more tra il deposito del piano di riparto parziale e l’attuazione della distribuzione, sorgano crediti di rango potiore, se tale piano possa, o addirittura debba, essere modificato e/o revocato, benchè già esecutivo, ovvero se tale insorgenza ne determini di per sè l’inefficacia; in caso affermativo, resterebbe escluso il carattere della definitività del provvedimento e, quindi, la ricorribilità dello stesso ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7″”.

9.- IL P.G., come già detto, ha depositato requisitoria scritta, con la quale ha concluso per l’ammissibilità del ricorso ma anche per il suo rigetto nel merito.

9.1.- Hanno depositato memorie sia il Dr. L.C., che – del pari, sia pure con diverso percorso argomentativo – ne ha chiesto la reiezione, e l’A.S. di SNIA Spa, che ha riproposto la domanda di enunciazione del principio di diritto, con i conseguenti provvedimenti di accantonamento generico sino a 13 milioni di Euro, e in subordine la decisine della controversia secondo giustizia.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Assume rettamente il P.G. che “deve anzitutto ritenersi pacifico, almeno nella giurisprudenza di legittimità (che dunque non occorre qui approfondire), il principio secondo cui il decreto del GD che dichiara esecutivo il piano di riparto parziale è ricorribile al Tribunale ed il provvedimento da questo reso non è impugnabile dinanzi alla Corte di appello (per tutte, Cass. n. 24698 del 2017; v. anche Cass. n. 17948 del 2016; n. 19715 del 2015)” sicchè “la sola questione da affrontare è quindi (quella che può compendiarsi nel quesito:) se il decreto del Tribunale sia ricorribile in cassazione ex art. 111 Cost., comma 7”.

2.- Nonostante Egli abbia creduto di poter rispondere positivamente al primo dei due quesiti posti dall’ordinanza di rimessione a queste S.U. (alle pp. 4-10 della requisitoria scritta), tuttavia non ha potuto non convenire che il secondo quesito, in questa sede formalizzato, “viene in rilievo soltanto perchè necessariamente sotteso al primo (..), dal momento che influisce, in linea generale ed in astratto, sull’identificazione dei caratteri del provvedimento impugnato, ai fini dell’ammissibilità del ricorso straordinario”, per quanto tale questione non possa “originare dalla inammissibile domanda rivolta alla Corte dall’AS con la memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.”.

2.1.- Infatti, il P.G. ha rilevato che, per quanto il problema (della revoca e modifica del piano di riparto dichiarato esecutivo) sia stato posto esplicitamente dall’A.S. “soltanto con la memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c. (….), per la prima volta”, e che essa “non risulta infatti sollevata e trattata nelle fasi di merito” (p. 11), ha osservato che, “nondimeno, la questione assume rilevanza (….) ma soltanto all’esclusivo fine (diverso da quello prospettato dall’AS) di stabilire se il provvedimento che dichiara esecutivo il piano di riparto parziale sia connotato dal carattere della definitività, ciò che si è ritenuto di dovere affermare, anche in considerazione dell’impossibilità di una successiva modifica e/o revoca da parte del curatore (o del commissario)”.

2.2.- Ma, se il problema della definitività del provvedimento che dichiara esecutivo il piano di cui alla L: Fall., artt. 110 e 113, è prioritario, sul piano logico-giuridico ai fini della stessa ammissibilità del ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, nei confronti del decreto del tribunale fallimentare che, decidendo sul reclamo contro il provvedimento del giudice delegato, abbia ordinato l’esecuzione del piano di riparto parziale, avuto riguardo alla sua idoneità a stabilire, in maniera irreversibile o meno, il diritto del creditore concorrente a partecipare al riparto dell’attivo fino a quel momento disponibile, la prima questione non può essere anteposta all’esame della seconda

2.3.- Dunque, queste S.U. sono chiamate, anzitutto, ad esaminare il problema (oltre che della decisorietà) della definitività dei piani di riparto parziale e, poi, solo allora, sulla base di tali risultanze, scrutinare la ricorribilità in Cassazione del decreto del tribunale fallimentare che, decidendo sul reclamo contro il provvedimento del giudice delegato, abbia ordinato l’esecuzione.

2.4.- A tale proposito, la difesa dell’A.S. ha richiamato un precedente di questa Corte (la Sentenza n. 12532 del 2014), che sebbene non risulti essere stato massimato, ha affermato che il ricorso straordinario ex art. 111 Cost., proposto in quella sede, era inammissibile, “vertendo su un provvedimento privo del carattere di decisorietà con attitudine al giudicato”.

2.4.1.- Secondo tale pronuncia, infatti, il riparto parziale costituirebbe “solo una fase intermedia della procedura fallimentare, suscettibile di emendamento, senza preclusione da acquiescenza, in sede di approvazione del progetto definitivo di distribuzione”, sicchè, “in applicazione del principio, le somme temporaneamente non assegnate al creditore in precedenza ammesso al passivo non sono definitivamente negate, o attribuite ad altri; ma sono unicamente oggetto di accantonamento, in attesa del riparto finale, in virtù di un provvedimento del giudice delegato di mero carattere ordinatorio (Cass., sez. 1, 11 agosto 2010 n. 18618; Cass., sez. 1, 2 febbraio 2006 n. 2329)”, con assorbimento degli altri motivi di censura in quella sede proposti.

2.5.- Tale precedente, per quanto non particolarmente motivato, merita un approfondimento sul piano giurisprudenziale e dottrinale, sia in ordine alla affermata suscettibilità di emendamenti al piano già formalmente approvato, e rispetto al quale si siano consumati i termini di cui alla L. Fall., art. 110, commi 3 e 4, sia con riguardo al novero dei soggetti attivamente legittimati all’impugnativa di un piano per il quale, rinviando la L. Fall., art. 110, comma 3, all’art. 36 della stessa legge, si prevede (al comma 2) che siano sentiti soltanto “il curatore e il reclamante”.

2.5.1.- Se con riferimento al primo aspetto non è chiaro come un sistema disegnato sulla regola del riparto a periodicità quadrimestrale (L. Fall., art. 110, comma 1), destinato a completarsi con l’approvazione del piano di riparto finale (L. Fall., art. 117), ben formalizzato e cadenzato nel rispetto del principio della pluralità successiva delle distribuzioni, ciascuna soggetta a regole formali di approvazione, possa tollerare continue modificazioni per il tramite di emendamenti, “senza preclusione da acquiescenza”; con riferimento al secondo non è dato comprendere come lo schema processuale della L. Fall., art. 36, possa dar conto della complessità soggettiva delle contestazioni, in ipotesi molteplici e di diverso contenuto.

3.- Poichè sulle questioni indicate ai punti che precedono, involgenti profili di massima di particolare importanza, mancano approfondimenti specifici di questa Corte regolatrice, il Collegio, preliminarmente, reputa opportuno richiedere una relazione di studio all’Ufficio del Massimario, per acquisire un quadro sistematico dei contributi offerti al riguardo dalla giurisprudenza di merito e dalla dottrina.

4.- Nel frattempo, la decisione sulla questione sollevata dalla Prima

Sezione civile è rinviata a nuovo ruolo.

PQM

La Corte, non definitivamente decidendo, così provvede:

– richiede all’Ufficio del Massimario una relazione di approfondimento sulle questioni indicate ai punti 2.5. – 2.5.1. delle “Ragioni della decisione”;

– rinvia a nuovo ruolo il ricorso per la decisione.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2018

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