Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3126 del 08/02/2011

Cassazione civile sez. VI, 08/02/2011, (ud. 21/12/2010, dep. 08/02/2011), n.3126

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 2466/2010 proposto da:

D.G.A. (OMISSIS) titolare dell’omonima ditta,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 70, presso lo

studio dell’avvocato PANSINI GIOVANNA, rappresentato e difeso

dall’avvocato LA MANTIA Marco, giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.T.G. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’AVVOCATO ROCCELLA Michele, giusta delega in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1858/2009 della CORTE D’APPELLO di PALERMO

dell’8/10/09, depositata il 22/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLO STILE.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. UMBERTO

APICE.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

letta la relazione del Cons. Dott. Paolo Stile;

udite le richieste del P.M., Dott. Umberto Apice; esaminati gli atti, osserva:

con ricorso al Tribunale di Termini Imerese Giudice del Lavoro, C.T.G. ha esposto di aver lavorato alle dipendenze della ditta individuale di D.G.A., di essersi dimesso e di aver chiesto il pagamento delle differenze retributive e del TFR accantonato.

Il D.G. si è costituito tardivamente e si è opposto alla domanda.

Il Tribunale ha accolto la domanda. Il D.G. ha proposto appello, deducendo due motivi: 1) la mancata determinazione dell’oggetto della domanda e la mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui si fonda la domanda stessa, nonchè 2) l’inattendibilità della deposizione testimoniale di chi è dipendente del datore di lavoro.

La Corte d’Appello, disposta ed espletata una ctu, ha ritenuto che il C. non avesse diritto all’indennità sostitutiva del preavviso perchè si era dimesso volontariamente ed in parziale modifica della sentenza di primo grado, ha condannato il D.G. al pagamento in favore del C. della somma indicata dal consulente tecnico d’ufficio.

Il D.G. ha promosso il ricorso per cassazione con due motivi, ulteriormente illustrati da memoria, deducendo la nullità del ricorso introduttivo per la mancata indicazione del titolo e delle causali delle differenze retributive chieste dal C., e la violazione dell’art. 91 c.p.c., per avere il Giudice di appello “condannato l’appellante che doveva invece risultare vincitore e non soccombente”.

Il resistente contesta quanto dedotto dal ricorrente con controricorso.

Va evidenziato che la Corte d’Appello come, del resto, il primo Giudice – ha escluso la dedotta nullità, osservando che, nel rito del lavoro, per aversi nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell’oggetto della domanda o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui si fonda la domanda stessa, non è sufficiente l’omessa indicazione dei corrispondenti elementi in modo formale, ma è necessario che attraverso l’esame complessivo dell’atto – che compete al giudice del merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione – sia impossibile l’individuazione esatta della pretesa dell’attore ed il convenuto non possa apprestare una compiuta difesa.

In tal modo la Corte di merito si è adeguata al l’orientamento di questa Corte secondo cui la suddetta nullità deve essere esclusa nell’ipotesi in cui la domanda abbia per oggetto spettanze retributive, allorchè l’attore abbia indicato – come accertato nel caso di specie – il periodo di attività lavorativa, l’orario di lavoro, l’inquadramento ricevuto ed abbia altresì specificato la somma complessivamente pretesa e i titoli in base ai quali vengono richieste le spettanze, rimanendo irrilevante la mancata formulazione di conteggi analitici. (Cfr. Cass. n. 16855/03; n. 5879/05; 820/07).

Analogamente, il Giudice d’appello si è conformato alla giurisprudenza di legittimità (v. Cass. n. 16855/2003), laddove ha ritenuto che non potesse sostenersi che, nella specie, ricorreva la nullità del ricorso introduttivo ex art. 164 c.p.c. e art. 414 c.p.c., n. 3, ove, pur essendo allegati i fatti costitutivi della durata del rapporto e delle paghe corrisposte con busta paga, fosse mancata la notificazione con il ricorso del relativo conteggio prodotto dal lavoratore.

Priva di fondamento è anche la censura in ordine alla violazione dell’art. 91 c.p.c., avendo rettamente il Giudice a quo condannato il soccombente appellante, D.G., alle spese del grado.

Per le considerazioni sopra svolte il ricorso va rigettato per manifesta infondatezza.

Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 30,00, oltre Euro 2.500,00 per onorari ed oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2011

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