Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31256 del 04/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 04/12/2018, (ud. 19/07/2018, dep. 04/12/2018), n.31256

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2147-2017 proposto da:

P.A., domiciliata in ROMA presso la Cancelleria della Corte di

Cassazione e rappresentata e difesa dall’avvocato CLAUDIO DEFILIPPI

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ABACO SPA, domiciliata in ROMA presso la Cancelleria della Corte di

Cassazione e rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO ZAMPESE

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

COMUNE VILLAFRANCA IN LUNIGIANA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 551/2016 del TRIBUNALE di MASSA, depositata il

31/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/07/2018 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO MAURO.

Fatto

IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

P.A. chiedeva al Giudice di Pace di Pontremoli l’annullamento della comunicazione di inizio della procedura esecutiva di cui all’ingiunzione di pagamento n. (OMISSIS), scaturente dal verbale del 18/10/1980 per la violazione dell’art. 126 C.d.S..

Il Giudice adito dichiarò l’impugnazione inammissibile ritenendo che l’atto oggetto di causa non rientrava tra quelli suscettibili di impugnativa.

Avverso tale decisione propose appello la ricorrente ed il Tribunale di Massa con la sentenza n. 551/2016 del 31/5/2016ha rigettato l’appello, con condanna dell’appellante al rimborso delle spese.

A tal fine riteneva che la sentenza gravata fosse meritevole di correzione quanto alla motivazione, ma che comunque andava rilevata l’inammissibilità della censura della P. con la quale si intendeva far valere l’invalidità riflessa dell’ingiunzione di pagamento quale conseguenza dell’omessa notifica dei verbali di accertamento dell’infrazione commessa.

Rilevava, infatti, che nel giudizio de quo, l’opponente riveste la qualità di attore anche in senso sostanziale e deve quindi indicare le ragioni delle proprie doglianze sin dall’atto introduttivo, non potendosi procedere a correzioni o aggiunte delle ragioni giustificative della dedotta invalidità dell’atto, se non nei limiti posti dalla legge processuale.

Pertanto, poichè il vizio derivante dall’omessa notifica del verbale era stato dedotto solo in sede di appello, non ne era consentita la disamina.

Compiuta tale precisazione, la sentenza, rilevava l’erroneità della declaratoria di inammissibilità dell’opposizione, dovendosi a tal fine osservare che, avendo la ricorrente dedotto che non le era stata notificata l’ingiunzione, sulla scorta della quale era stata poi minacciata l’esecuzione, aggiungendosi che tale omissione le aveva impedito di avere conoscenza della stessa ingiunzione, in realtà la domanda aveva ad oggetto un ordinario giudizio di opposizione ad ingiunzione di pagamento ai sensi del R.D. n. 639 del 1910, art. 3 per il quale deve però escludersi la sussistenza di un termine perentorio per la sua proposizione, traendosi a tal fine argomenti anche dalla novella di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, il cui art. 32, destinato a regolamentare le opposizioni in oggetto, a differenza del passato, non reca alcuna previsione in tema di termini perentori per l’opposizione.

Tuttavia, pur ritenuta l’ammissibilità della domanda, era infondato il quarto motivo di appello, dovendosi reputare legittima l’attivazione della procedura di riscossione coattiva della somma dovuta a titolo di sanzione amministrativa per la violazione del codice della strada, ad opera della società concessionaria, ed anche nelle forme di cui al R.D. n. 639 del 1910, e ciò alla luce della previsione di cui al D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 2, lett. a), conv. in L. n. 31 del 2008.

Era, infine, disatteso anche l’ultimo motivo di appello con il quale la P. si doleva dell’applicazione delle maggiorazioni di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 27, da reputarsi compatibili con la disciplina prevista per le infrazioni al codice della strada. Ed, invero, la diversa previsione di cui all’art. 203 del detto codice, secondo cui, qualora nei termini previsti non sia stato proposto ricorso e non sia avvenuto il pagamento in misura ridotta, il verbale, in deroga a quanto previsto dalla L. n. 689 del 1981, art. 17, costituisce titolo esecutivo per una somma pari alla metà del massimo della sanzione amministrativa edittale e per le spese di procedimento, non esclude anche la maggiorazione di un decimo per ogni semestre di ritardo di cui alla L. n. 689 del 1981, richiamato art. 27.

Infatti, il Tribunale riteneva di dover aderire al più recente orientamento di legittimità che ha optato per la compatibilità tra le due previsioni, in quanto l’elevazione al rango di titolo esecutivo del verbale di accertamento non opposto costituisce una sanzione afflittiva estranea alla detta maggiorazione, che invece mira a compensare il ritardo nel pagamento della somma dovuta sino alla data di trasmissione del ruolo all’esattore.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso P.A. sulla base di due motivi.

La Abaco S.p.A. resiste con controricorso.

Il Comune di Villafranca in Lunigiana non ha svolto difese in questa fase.

Il primo motivo di ricorso denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’errata valutazione d’inammissibilità del motivo di appello concernente la mancata notifica dei verbali di infrazione al codice della strada, alla luce della previsione di cui all’art. 345 c.p.c., nonchè la violazione della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 544, L. n. 689 del 1981, art. 22 e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, comma 6.

Si sostiene che la lettura corretta dell’art. 345 c.p.c. deve esser nel senso che sia possibile avanzare nuove deduzioni in grado di appello che lascino però immutato il petitum della domanda, avendo la sola funzione di assicurare un adeguamento diretto ad una maggiore idoneità della domanda proposta.

Nel caso di specie il petitum della domanda originaria era rimasto immutato anche a seguito della deduzione di invalidità dell’ingiunzione di pagamento per la mancata notifica del verbale di accertamento dell’infrazione al codice della strada, trovando quindi giustificazione la contestazione sollevata nelle novellate previsioni di cui alla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 544.

Il motivo è evidentemente destituito di fondamento.

E’ invero riconosciuto da parte della stessa ricorrente che, mentre con il ricorso introduttivo del giudizio si era dedotta la mancata notifica dell’ingiunzione di pagamento al fine di giustificare la successiva impugnazione della comunicazione dell’avvio di procedura esecutiva (avendo il Tribunale correttamente rilevato che si trattava di allegazione che consentiva in ogni caso di ritenere riferita l’opposizione all’ingiunzione), solo in appello si è allegato che l’ingiunzione sarebbe illegittima, in quanto non preceduta da una rituale notifica del verbale di accertamento dell’infrazione al codice della strada, sulla scorta della quale era stata emessa.

Alla luce di tale precisazione, il motivo deve essere disatteso, atteso che la sentenza impugnata ha deciso la questione conformemente alla costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. S.U. n. 1949/1996) a mente della quale l’opposizione all’ingiunzione fiscale integra una domanda diretta all’accertamento dell’illegittimità della pretesa fatta valere con l’ingiunzione stessa, rispetto alla quale l’opponente assume la veste di attore; con la conseguenza che il mutamento, in grado di appello, della ragione addotta a sostegno dell’indicata illegittimità configura, non un’eccezione nuova – proponibile a norma dell’art. 345 c.p.c., comma 2, -, bensì una modificazione della “causa petendi” e, quindi, della originaria domanda, soggetta alla preclusione di cui al citato art. 345 c.p.c., comma 1 (conf. Cass. n. 5846/1996; Cass. n. 8230/1996).

Non rileva appunto che sia rimasto immutato il petitum iniziale, ma l’indicazione di una diversa giustificazione per l’illegittimità dell’ingiunzione implica evidentemente l’individuazione di una diversa causa petendi, che proprio alla luce della previsione di cui all’art. 345 c.p.c. non può essere dedotta in grado di appello.

La ribadita inammissibilità della doglianza de qua rende altresì evidente l’irrilevanza del richiamo alla previsione di cui alla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 544, che presupporrebbe a monte l’ammissibilità della deduzione di una diversa causa di invalidità dell’ingiunzione, rispetto a quanto dedotto nell’atto introduttivo (e ciò anche a tacere del fatto che la norma appare riferita alla diversa disciplina della riscossione coattiva, e non anche all’assenza di termini per proporre opposizione avverso i provvedimenti irrogativi di sanzioni per violazioni al codice della strada).

Il secondo motivo denunzia la violazione dell’art. 203 C.d.S. e della L. n. 689 del 1981, artt. 9 e 27, nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto compatibili le diverse previsioni. Infatti, anche alla luce del principio di specialità posto dalla L. n. 689 del 1981, art. 9, deve reputarsi che la disposizione del Codice della Strada in tema di elevazione al rango di titolo esecutivo del verbale non opposto, costituisca una norma speciale destinata a prevalere su diverse previsioni, quale quella di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 27.

Il motivo deve del pari essere disatteso, ritenendo il Collegio di dover assicurare continuità alla più recente giurisprudenza di questa Corte la quale, pur consapevole delle opinioni in passato sostenute, ha affermato che anche in materia di sanzioni amministrative per violazioni stradali, la maggiorazione del dieci per cento semestrale, L. n. 689 del 1981, ex art. 27, per il caso di ritardo nel pagamento della somma dovuta, ha natura di sanzione aggiuntiva, che sorge dal momento in cui diviene esigibile la sanzione principale, sicchè è legittima l’iscrizione a ruolo, e l’emissione della relativa cartella esattoriale, per un importo che includa, oltre a quanto dovuto per la sanzione principale, anche l’aumento derivante dalla sanzione aggiuntiva (Cass. n. 16767/2018; Cass. n. 1884/2016; Cass. n. 21259/2016, che nel dare atto del precedente contrario rappresentato da Cass. n. 3701/2007, ha ricordato come lo stesso venne dopo poco sconfessato da Cass. n. 22100/2007, esponendo a favore della tesi della compatibilità, il rinvio integrale che l’art. 206 C.d.S. compie alle previsioni di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 27, essendo quindi arbitrario limitarne la portata, nonchè la funzione che riveste la maggiorazione degli interessi, mancando una specifica norma nel codice della strada che regoli la riscossione delle sanzioni in maniera difforme da quanto previsto dalla L. n. 689 del 1981).

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Nulla per le spese per l’intimato che non ha svolto attività difensiva.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 600,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi, ed accessori come per legge;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2018

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