Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3125 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3125 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DE GRAZIA PASQUALE,

rappresentato e difeso per procura

a margine del ricorso dall’Avv.Fabrizio Mobilia presso
il

cui studio in Messina, via Pippo Romeo è

elettivamente domiciliato.
-ricorrentecontro
AGENZIA DELLE ENTRATE,

in persona del Direttore pro

tempore.
-intimata-

avverso la sentenza n.120/2/08 della Commissione
Tributaria Regionale della Sicilia-sezione staccata di
Messina, depositata il 30.9.2008;

Data pubblicazione: 12/02/2014

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13.11.2013 dal Consigliere Roberta
Crucitti;
udito per i ricorrenti l’Avv.Fabrizio Mobilia;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Pasquale De Grazia ricorre, affidandosi a due
motivi, per la cassazione della sentenza, indicata in
epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria
Regionale della Sicilia-Sezione staccata di Messina,
rigettandone il motivo di appello, ha dichiarato non
spettare la rivalutazione monetaria sul rimborso della
maggiore imposta, rispetto a quella dovuta, liquidata
in sede di ritenuta alla fonte sull’indennità di fine
rapporto lavorativo.
Il Giudice di appello ha motivato la decisione
rilevando che, se gli interessi sui crediti tributari
sono regolati da norme speciali, nulla è previsto in
ordine alla rivalutazione monetaria. Ha rilevato,
inoltre, in punto di applicabilità dell’art.1224 c.c.,
che il creditore che chiede la rivalutazione monetaria
ha l’onere di allegare e comprovare l’esistenza di un
maggior danno di quello risarcito mediante la

Generale Dott.Vincenzo Gambardella che ha concluso per

corresponsione di interessi e che, nella specie, tale
onere non era stato adempiuto.
L’Agenzia delle Entrate non ha svolto attività
difensiva.

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1.Con il primo motivo,

articolato ai sensi

violazione, ad opera della Commissione tributaria
regionale siciliana, dell’art.1224 c.c.
Secondo la prospettazione difensiva la normativa
invocata, contrariamente a quanto ritenuto dai Giudici
di appello, era stata ritenuta applicabile anche alle
pretese restitutorie vantate dal contribuente in sede
di contenzioso tributario da questa Corte; mentre
d’altro canto, in linea generale, le Sezioni Unite di
questa Corte, con sentenza n.19499/2009, avevano
affermato il principio secondo cui in caso di ritardato
pagamento di un’obbligazione di valuta il maggior danno
di cui all’art.1224, II comma, c.c. può ritenersi
esistente in via presuntiva per qualunque creditore.
1.1. Il motivo è infondato. In materia tributaria
questa Corte (sentenza n.26403 del 30/12/2010,
id.n.26910/2011) ha, già, avuto modo di affermare il
principio, cui il Collegio ritiene di dare continuità,
secondo cui “In tema di obbligazioni pecuniarie
costituite dai crediti di imposta, cui non sono

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dell’art.360 n.3 c.p.c., il ricorrente ha dedotto la

applicabili gli artt.1224, primo comma, e 1284 cod.
civ., stante la speciale disciplina dell’art.44 del
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 -relativa a tutti gli
interessi dovuti dall’amministrazione finanziaria in
dipendenza di un rapporto giuridico tributario- la
della

fattispecie

tributaria

impone

un’interpretazione restrittiva dell’art. 1224, secondo
comma, cod. civ.; pertanto, il creditore non può
limitarsi ad allegare la sua qualità di imprenditore e
a dedurre il fenomeno inflattivo come fatto notorio, ma
deve, alla stregua dei principi generali dell’art. 2697
cod. civ., fornire indicazioni in ordine al danno
subito per l’indisponibilità del denaro, a cagione
dell’inadempimento, ed ad offrirne prova rigorosa”.
1.2. Nella specie, per come è incontestato, nessuna
allegazione in ordine alla sussistenza di un maggior
danno risarcibile rispetto a quello già ristorato con
il riconoscimento degli interessi,

è stata effettuata

dal contribuente onde la sentenza impugnata, su tale
capo, va immune da censura.
2. Con il secondo motivo si deduce la violazione, ai
sensi dei nn.3 e 4 dell’art.360 c.p.c., del principio
generale di corrispondenza tra chiesto e pronunciato
per effetto dell’omessa pronuncia sul terzo motivo di
appello con il quale si era censurata la pronuncia di

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specialità

integrale compensazione delle spese processuali del
giudizio di primo grado.
Il motivo è fondato. Nella sentenza impugnata
manca infatti ogni riferimento al motivo di appello
proposto (riportato in ossequio al principio di

distrazione, per come è formulata non consente di
evidenziare alcuna pronuncia implicita, atteso peraltro
che la CTR erra persino nell’affermare in narrativa che
la commissione di primo grado “..condannava alle spese
di giudizio”. Si tratta di vizio di omessa pronuncia
riparabile soltanto con ricorso per cassazione (cfr.
Cass.n.11596/10).
Ne deriva che l’impugnata decisione va cassata
solo in relazione al secondo motivo con rinvio alla CTR
competente in diversa compensazione per emendare
l’omessa pronuncia.
P.Q.M.

La Corte,

rigettato il primo motivo di ricorso ed in

accoglimento del secondo, cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche per il regolamento delle spese
processuali, alla Commissione Tributaria Regionale
della Sicilia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del
13.11.2013.

specificità in seno al ricorso) mentre la disposta

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