Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31248 del 04/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 04/12/2018, (ud. 26/06/2018, dep. 04/12/2018), n.31248

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17781-2017 proposto da:

V.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE

CLODIO 13, presso lo studio dell’avvocato STEFANO LENZI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

EDILIR SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4716/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/06/2018 dal Consigliere Dott. GRASSO GIUSEPPE.

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che con la sentenza di cui in epigrafe la Corte d’appello di Roma, accolta l’impugnazione della s.r.l. Edilir, in riforma della sentenza di primo grado, rigettò la domanda con la quale V.G. aveva chiesto la declaratoria d’acquisto per usucapione d’un appartamento, nel quale era stato immesso, quale promissario acquirente dalla controparte;

che avverso la statuizione d’appello il V. avanza ricorso basato su unitaria censura, ulteriormente illustrata da memoria;

che la Edilir non ha svolto difese;

considerato che il ricorso deve essere rigettato sulla scorta delle considerazioni di cui appresso:

il motivo, con il quale si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1158 e 1164 c.c., nonchè “illogicità decisionale relativo alla omessa valutazione dei fatti emersi dalla fase istruttoria e omesso esame di documenti e prove”, lamentando che la sentenza gravata aveva erroneamente ricostruito la vicenda, senza tenere adeguatamente conto dei documenti prodotti (bollette di pagamento utenze e oneri condominiali, delibere condominiali) e della escussione dei testi, giungendo a concludere per l’assenza del possesso ad usucapionem, contrasta con l’interpretazione consolidata di legittimità in quanto:

a) costituisce oramai ius receptum il condiviso approdo secondo il quale nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si realizza un’anticipazione degli effetti traslativi, fondandosi la disponibilità conseguita dal promissario acquirente sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori, sicchè la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile “ad usucapionem” ove non sia dimostrata una “interversio possessionis” nei modi previsti dall’art. 1141 c.c. (cfr., ex plurimis, S.U. n. 7930, 27/3/2008, Rv. 602819, Sez. 2, n. 5211, 16/3/2016, Rv. 639209);

b) una tale interversione, che implica, è utile ricordare, salvo il caso che la stessa sia da attribuire ad un terzo, una opposizione del detentore rivolta nei confronti del possessore (art. 1141 c.c., comma 2), e da quella, il susseguito decorso del ventennio di legge, è stata negata dalla sentenza impugnata, la quale, sul punto specifico non risulta attinta da precipua doglianza, diretta cioè a infirmarne il presupposto giuridico;

c) peraltro, correttamente la sentenza esclude che nei pagamenti delle utenze e di oneri condominiali, nonchè nella partecipazione a riunioni dell’assemblea condominiale possano rinvenirsi elementi sintomatici di un’utile interversione, trattandosi, nel primo caso, di versamenti che il detentore qualificato abitualmente effettua, e, nel secondo e nel terzo, a tutto concedere, non essendo decorsi venti anni (affermazione quest’ultima rimasta non contestata);

d) a correzione ed integrazione della motivazione della sentenza impugnata occorre precisare che da nessuna delle circostanze rappresentate documentalmente può dedursi l’interversione, nel senso sopra chiarito, cioè di manifestata opposizione al titolare del diritto reale, trattandosi di condotte che, nel più significativo dei casi (partecipazione alle assemblee condominiali), al più, sono dirette a terzi e giammai assumono senso e contenuto di opposizione diretta espressamente nei confronti della promittente alienante;

e) l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); conseguendone che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (S.U. n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629831); il ricorso, invece, lungi dal delineare una omissione di tal fatta, s’impegna in una critica disamina delle risultanze probatorie, con la pretesa di ottenere in questa sede un nuovo ed inammissibile vaglio di merito, omettendo, peraltro, di mettere a disposizione del giudizio di legittimità le predette risultanze; senza contare che la decisività della pretesa omissione (sulla necessità del requisito cfr, ex multis, Sez. 1, n. 5133, 5/3/2014, Rv. 629647; Sez. 1, n. 7983, 4/4/2014, Rv. 630720; Sez. 3, n. 23940, 12/10/2017, Rv. 645828; Sez. 6-5, n. 23238, 4/10/2017, Rv. 646308) neppure viene postulata;

considerato che nulla va disposto per il capo delle spese di causa, non avendo la controparte svolto difese in questa sede;

considerato che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1,comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2018

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