Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31243 del 04/12/2018

Cassazione civile sez. III, 04/12/2018, (ud. 25/10/2018, dep. 04/12/2018), n.31243

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3989-2017 proposto da:

B.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO 1/A,

presso lo studio dell’avvocato MARCO ANNECCHINO, che lo rappresenta

e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

TUA ASSICURAZIONI SPA in persona del Procuratore Speciale Dott.

B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. BERTOLONI,

55, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO MARIA CORBO’, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FILIPPO MARIA CORBO’

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

L.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2853/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 06/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/10/2018 dal Consigliere Dott. PASQUALE GIANNITI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. La Corte d’Appello di Milano con la sentenza impugnata accogliendo parzialmente l’appello principale proposto dalla Duomo Unione Assicurazioni s.p.a nei confronti di B.B. e L.G., e respingendo l’appello incidentale proposto da B.B. – in parziale riforma della sentenza n. 6019/13 del Tribunale di Milano: ha ridotto la personalizzazione del danno non patrimoniale nella misura indicata in motivazione; ha dichiarato che nessun danno patrimoniale spettava a B.B. in seguito all’incidente di cui era causa ed ha per l’effetto dichiarato che il danno subito da quest’ultimo era stato integralmente risarcito, condannando il B. alla restituzione in favore della compagnia assicuratrice di quanto percepito (in esecuzione della sentenza di primo grado) in eccesso.

2.Era accaduto che nel giugno 2010 B.B. aveva convenuto davanti al Tribunale di Milano L.G. e la Duomo Uni One Assicurazioni per ottenere il risarcimento di tutti i danni dallo stesso subiti a seguito dell’incidente stradale avvenuto in data (OMISSIS) allorchè lo stesso si trovava ad essere trasportato sul furgone Fiat Scudo tg. (OMISSIS) (condotto da H.S.; assicurato per la RCA con la Duomo UniOne Assicurazioni; e di proprietà di L.G.).

Si era costituita la Duomo Assicurazioni contestando la domanda attorea sia in punto di an debeatur che in punto di quantum (in particolare, per quanto riguardava la richiesta di risarcimento del danno patrimoniale); mentre il Libretti era rimasto contumace.

Il Tribunale, espletata ctu medico – legale, con la citata sentenza aveva liquidato in favore dell’attore la somma di Euro 237.194,00 a titolo di danno non patrimoniale e l’ulteriore somma di Euro 145.932,72 a titolo di danno patrimoniale con detrazione di quanto già corrisposto al danneggiato dall’Inail e dalla stessa Duomo UniOne Assicurazioni S.p.A. pari a complessivi Euro 225.000,00.

In esecuzione della sentenza di primo grado, la Duomo Assicurazioni, operata la detrazione, aveva provveduto al pagamento della complessiva somma di Euro 153.746,72 oltre interessi e spese legali.

Avverso la sentenza di primo grado avevano proposto: appello principale la Duomo Assicurazioni, deducendo che il Tribunale aveva omesso di motivare la liquidazione circa la personalizzazione del danno ed aveva liquidato il danno patrimoniale senza alcuna prova idonea a dimostrare la riduzione del reddito; e appello incidentale B.B., che aveva chiesto il rigetto dell’appello con rideterminazione del danno differenziale.

La Corte d’appello di Milano con la impugnata sentenza ha parzialmente riformato la sentenza del giudice di primo grado nei termini sopra ricordati, condannando il B.B. alla rifusione in favore della Duomo Assicurazione delle spese processuali relative ad entrambi i gradi del giudizio di merito.

3. Avverso la sentenza della Corte territoriale ricorre B.B..

Resiste con controricorso la Tua Assicurazioni s.p.a., quale società incorporante Duomo Assicurazioni.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Il ricorso è affidato a 6 motivi.

Precisamente B.B.:

– in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, con il primo motivo denuncia: travisamento della sentenza di I grado con mancata liquidazione del danno biologico temporaneo e violazione degli artt. 1226 e 2056 c.c. e art. 138 cod. ass.; il ricorrente sostiene che la Corte territoriale, travisando la sentenza di primo grado, ha ritenuto che il Tribunale aveva liquidato la somma di Euro 61.200 a titolo di personalizzazione del danno biologico, mentre detta somma era stata liquidata a titolo di risarcimento del danno biologico temporaneo (e, quindi, a titolo di invalidità temporanea); rileva che tanto si desume – oltre che dalla sintassi usata dal Tribunale (che aveva qualificato il danno biologico temporaneo come inabilità ed aveva calcolato detta inabilità secondo le quote, cioè le indicazioni, del ctu) e dal fatto che la somma dei due importi indicati dal Tribunale come risarcimento del danno per invalidità e per inabilità dava per risultato la somma di Euro 237.194 (pari per l’appunto all’importo complessivo del risarcimento del danno biologico indicato dal Tribunale) – dalla decisiva circostanza che l’importo di Euro 61.200 (liquidato dal Tribunale come inabilità) corrispondeva esattamente a quello risultante dall’applicazione delle c.d. tabelle di Milano per una inabilità temporanea di durata e di grado pari a quelle accertate dal ctu; in definitiva, secondo il ricorrente, il Tribunale non aveva accordato alla vittima alcuna personalizzazione del risarcimento del danno (o, quanto meno, non l’aveva accordata nella misura ritenuta dalla Corte d’appello);

-in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con il secondo motivo (formulato in via subordinata rispetto al primo) denuncia: omesso esame di un fatto decisivo e controverso, costituito dalle circostanze oggettive giustificatrici di un’adeguata personalizzazione del risarcimento;

-in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con il terzo motivo denuncia: nullità processuale e violazione dell’art. 115 c.p.c., nella parte in cui la Corte territoriale ha rigettato la domanda di risarcimento del danno patrimoniale da incapacità di lavoro per difetto di prova in ordine all’effettivo svolgimento dell’attività lavorativa e in ordine all’ammontare del reddito, senza considerare che entrambi detti fatti erano stati dedotti in primo grado e non erano mai stati contestati da controparte;

– in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, con il quarto motivo denuncia: violazione degli artt. 2700,2056 e 2727 c.c., D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 1 e 116, D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13 e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, ed omesso esame di fatto decisivo e controverso nella parte in cui la Corte territoriale ha rigettato la domanda di risarcimento del danno patrimoniale da incapacità di lavoro per difetto di prova sullo svolgimento di attività lavorativa e sull’ammontare del reddito.

– in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con il quinto motivo denuncia: violazione di legge nella determinazione del danno differenziale; il ricorrente lamenta che la Corte d’Appello, confermando la sentenza di primo grado, ha scomputato dalla somma a lui riconosciuta a titolo di risarcimento del danno biologico l’intero importo delle prestazioni erogate dall’INAIL;

– con il sesto ed ultimo motivo denuncia: violazione dell’art. 91 c.p.c. nel regolamentare le spese processuali; il ricorrente censura che la Corte d’Appello lo ha condannato al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio nonostante lui fosse risultato comunque vittorioso all’esito dei due giudizi (nel senso che era risultata accertata l’esistenza del suo credito nei confronti della Duomo Assicurazioni); rileva che, poichè il principio della soccombenza va applicato tenendo conto dell’esito complessivo della lite, nella specie, tutt’al più, le spese processuali avrebbero potuto essere compensate (ma mai avrebbero dovuto essere poste a suo carico per intero).

2. Il primo motivo di ricorso non è fondato.

Invero, il giudice di primo grado – dopo aver rilevato che l’azione promossa dall’attore quale trasportato ai sensi dell’art. 141 Cod. Assicurazioni prescinde dall’accertamento delle responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti, rendendo così irrilevante l’accertamento delle responsabilità – aveva liquidato a B.B., a titolo di danno non patrimoniale, la somma di Euro 237.194,00 (Euro 175.994,00 per l’invalidità con la doverosa personalizzazione per la lunghissima e sofferta convalescenza durata oltre due anni, il resto per l’inabilità alle diverse quote).

E la Corte territoriale, scrutinando l’appello in punto di personalizzazione del danno non patrimoniale – dopo aver premesso che l’importo, riconosciuto dal giudice di primo grado per il danno non patrimoniale (per l’appunto pari ad Euro 237.194) era costituito dall’importo di Euro 175.994 per l’invalidità e dal residuo importo di Euro 61.260 quale personalizzazione per “la lunghissima e sofferta convalescenza di oltre due anni” – ha rilevato che la lunga degenza dell’infortunato aveva indubbiamente aggravato la sofferenza, comunque derivante a un soggetto inabilitato alle quotidiane attività, non essendo identica la sofferenza dell’infortunato nel caso di inabilità di poche settimane o di qualche mese rispetto al caso di inabilità di oltre due anni; di talchè nel caso di specie la lunghezza della degenza aveva correttamente indotto il giudice di primo grado ad effettuare una personalizzazione del risarcimento svincolandolo da un calcolo puramente matematico tra risarcimento per il singolo giorno di degenza e numero di giorni di degenza. Pur tuttavia la Corte, in difetto di ulteriori elementi, oltre al dato temporale, ha ritenuto di dover contenere la somma dovuta a titolo di personalizzazione del danno nella minor somma di Euro 25 mila.

In definitiva, la Corte territoriale, al di là di quanto statuito dal giudice di primo grado e dell’espressioni in concreto utilizzate nel corpo della motivazione, ha sostanzialmente inteso rideterminare il danno non patrimoniale, riconoscendo sì il danno biologico (inteso quale inabilità assoluta permanente ed inabilità temporanea) e la personalizzazione del danno, ma svincolando detta ultima voce di danno da ogni automatismo. E’, come è noto, non è censurabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 davanti a questa Corte la liquidazione equitativa operata dalla Corte di appello in punto di personalizzazione del danno. Invero, il sistema tabellare, approvato dall’Osservatorio sulla Giustizia, è un criterio orientativo per la liquidazione del danno non patrimoniale che non determina in alcun modo un obbligo dell’organo giudicante di adottare i parametri in esso previsti.

3. Al contrarlo, fondati sono tutti gli altri motivi di ricorso.

3.1. Fondato è il secondo motivo, in quanto la Corte d’Appello, per la personalizzazione del risarcimento, ha fatto riferimento solo ed esclusivamente alla durata temporale della malattia (protrattasi per oltre due anni), omettendo quindi di considerare le seguenti ulteriori circostanze decisive ai fini della personalizzazione: il fatto che il ricorrente si era dovuto sottoporre a 4 interventi chirurgici ed aveva dovuto sopportare 5 ricoveri; il fatto che il ricorrente aveva dovuto deambulare in sedia a rotelle per un anno intero, mentre per altri due anni aveva dovuto usare i bastoni canadesi. Circostanze queste che: erano state dedotte fin dall’atto introduttivo; sono state provate mediante la documentazione medica e ctu medico legale; e sarebbero state decisive ai fini della liquidazione della personalizzazione del danno biologico temporaneo.

3.2. Fondati sono il terzo ed il quarto motivo, che, in quanto strettamente connessi, sono trattati congiuntamente.

Invero, l’attore nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado aveva dedotto di godere di un reddito annuo di Euro 17.535, 97, derivante dall’attività di carpentiere edile; e che, a causa della frattura e della gamba e dei gravi postumi residuati, aveva patito una riduzione della capacità di lavoro di un terzo circa. E la compagnia assicuratrice, nel costituirsi, aveva si preso posizione sulla domanda di risarcimento del danno da incapacità lavorativa, ma nulla aveva eccepito in merito alla misura del reddito percepito dalla vittima prima del sinistro e neppure in merito al fatto che, per effetto del sinistro, la vittima aveva subito un danno alla sua capacità di lavoro, contestando invece l’ammontare di tale danno.

Orbene, la Corte territoriale, quanto al riconoscimento del danno patrimoniale per compromissione della capacità lavorativa specifica – dopo aver rilevato che l’infortunato non aveva prodotto alcun documento indicativo dell’effettiva attività lavorativa svolta prima dell’incidente con il relativo guadagno e dell’effettiva attività lavorativa svolta successivamente all’incidente con contrazione del reddito (riferibile, anche in via presuntiva, all’accertata riduzione della capacità lavorativa specifica) – ha ritenuto non provata nè l’effettiva percezione di un qualsiasi reddito prima dell’incidente nè la successiva contrazione di esso.

Così operando, la Corte territoriale ha violato l’art. 115 c.p.c. (applicabile nella specie ratione temporis), in quanto ha ritenuto non provati fatti che non erano stati specificamente contestati.

D’altra parte, la Corte di merito è incorsa nel vizio eccepito nel quarto motivo laddove: a) nello scrutinare la rilevanza del certificato Inail 28/5/2009 (dal quale risultava che l’istituto aveva erogato al ricorrente una rendita di circa 17 mila Euro all’anno), ha omesso di considerare che: le prestazioni dell’assicuratore sociale possono essere erogate soltanto a chi lavora e che la misura della retribuzione presa in esame dall’Inps per il calcolo della rendita attribuita ai lavoratori infortunati era per legge pari alla retribuzione effettiva corrisposta all’infortunato nei 12 mesi trascorsi prima dell’infortunio; b) ha accertato che il ricorrente aveva perso l’articolazione della caviglia e del ginocchio, con conseguente impossibilità di camminare o di accasciarsi; ma, così violando per l’appunto gli artt. 2056 e 2727 c.c., non ha operato la liquidazione equitativa del danno da incapacità di lavoro (prevista per l’ipotesi in cui non sia possibile determinare l’esatto ammontare di detto pregiudizio); c) ha omesso di considerare che la condizione di lavoratore operaio dell’odierno ricorrente era risultata, oltre che dal certificato Inail, anche dalla cartella clinica dell’ospedale (OMISSIS) e dalla clinica del (OMISSIS), nonchè dalla relazione di ctu (nella quale era stato indicato come carpentiere edile); d) ha omesso di considerare che, come era risultato dall’espletata ctu, il ricorrente aveva perso il lavoro e non ne aveva trovato un altro, circostanza questa che all’evidenza rendeva impossibile dimostrare quale fosse stato il reddito post sinistro del B.B..

3.3. Fondato è il quinto motivo.

La Corte territoriale – quanto alla detrazione (operata dal giudice di primo grado) dal risarcimento dovuto per danno biologico, dell’intero importo di Euro 29.146,57 corrisposto dall’inail ha ritenuto corretta tale detrazione, in quanto trattavasi di “importo che, essendo stato corrisposto all’infortunato a causa e in conseguenza dell’incidente, contribuiva al risarcimento del danno dallo stesso subito”.

Senonchè, la Corte, tanto affermando, è incorsa nel vizio denunciato, in quanto:

– da un lato, ha violato il principio (affermato ad es di recente dall’ordinanza n. 17407 emessa da questa Corte in data 30/8/2016) per cui “l’indennizzo pagato dall’Inali a titolo di inabilità temporanea non può essere defalcato dal credito risarcitorio aquiliano spettante alla vittima per voci di danno diverse”; ciò in quanto le somme pagate dall’istituto a titolo di inabilità temporanea ristorano il lavoratore infortunato della perdita di retribuzione durante il periodo della malattia, ragion per cui il risarcimento del danno biologico, per essere integrale, non può che comprendere anche dette somme;

– e, dall’altro, ha violato l’art. 2059 c.c. e D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13 in quanto la rendita pagata dall’Inail per invalidità superiori al 16% indennizza: in parte, il danno biologico, e, per la residua parte, il danno patrimoniale da incapacità di lavoro e di guadagno, con la conseguenza che, per calcolare il danno biologico differenziale, come già precisato da questa Corte (cfr. sent. n. 13222 del 26/6/2015), occorre detrarre dall’ammontare complessivo del danno biologico (non il valore capitale dell’intera rendita costituita dall’Inail, ma) il valore capitale della relativa quota, destinata a ristorare il danno biologico.

3.4. Infine, fondato è il sesto motivo di ricorso, concernente le spese processuali.

Invero, la Corte territoriale, accogliendo parzialmente i motivi di appello della Duomo Assicurazioni, ha rideterminato il risarcimento complessivo nella misura di Euro 200.994 (Euro 175.994 + Euro 25.000); e, dato atto che l’infortunato aveva già ricevuto gli importi di Euro 155.000 e Euro 74.380 per complessivi Euro 229.380, ha condannato il B. a restituire alla Duomo Assicurazioni quanto da quest’ultima versato, in esecuzione della sentenza di primo grado, in eccesso rispetto alla rideterminazione complessiva del danno effettuata nel giudizio di appello. E, in punto di regolamentazione delle spese processuali, ha posto le stesse, in relazione ad entrambi i gradi di giudizio, a carico di B.B., liquidandole nella misura indicata in dispositivo “in considerazione del valore della causa, della natura delle questioni trattate e della complessiva attività professionale svolta dal difensore come da dispositivo”.

Senonchè, così operando, la Corte territoriale ha violato l’art. 91 c.p.c., in quanto, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. ad es. ord. N. 19122 del 28/9/2015), in caso di accoglimento parziale del gravame (come per l’appunto è avvenuto nella specie), il giudice di appello ha sì facoltà di compensare, in tutto o in parte, le spese processuali, ma non ha anche facoltà di porle, men che meno per l’intero, a carico della parte risultata comunque vittoriosa, sebbene in misura inferiore a quella stabilita in primo grado – come per l’appunto è avvenuto nella specie, nel quale comunque la Corte ha ritenuto accertato il credito azionato dal B. – posto che il principio di soccombenza va applicato, tenendo conto dell’esito complessivo della lite.

4. In definitiva, respinto il primo motivo, tutti gli altri devono essere accolti e, per l’effetto, la sentenza impugnata deve essere cassata ed il procedimento rinviato alla Corte di appello di Milano affinchè, in diversa composizione, proceda a nuovo esame tenendo conto di quanto sopra affermato da questa Corte. La Corte di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, respinto il primo motivo, accoglie gli altri e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Milano perchè, in diversa composizione, proceda a nuovo esame alla luce dei principi sopra richiamati.

Demanda alla Corte territoriale la regolamentazione delle spese processuali tra le parti anche in relazione al presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2018

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