Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31242 del 29/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 29/11/2019, (ud. 22/10/2019, dep. 29/11/2019), n.31242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina re – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sul ricorso iscritto al n. 4917/19 R.G. proposto da:

ADER – Agenzia Delle Entrate Riscossione, quale successore di

Equitalia Servizi di riscossione S.p.A., in persona del l.r.p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

G.S., rappresentato e difeso dall’avv. Lorenzo Bertaggia

del foro di Novara e dall’avv. Enrico dante del foro di Roma, presso

cui elettivamente domicilia, in Roma alla via Tacito n. 10;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1139/18 della Commissione Tributaria Regionale

del Piemonte, emessa in data 29 maggio 2018, depositata in data 26

giugno 2018 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 22/10/2019 dal

Consigliere Dott.ssa Giudicepietro Andreina;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale De Augustinis Umberto, che ha concluso chiedendo la

rimessione alle Sezioni Unite o il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato dello Stato Barbara Tidore per l’A.D.E.R. e l’Avv.

Enrico dante per il controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’A.D.E.R. – Agenzia Delle Entrate Riscossione (di seguito A.D.E.R.), quale successore di Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A., ricorre con tre motivi contro G.S. per la cassazione della sentenza n. 1139/18 della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, emessa in data 29 maggio 2018, depositata in data 26 giugno 2018 e non notificata, che, in controversia concernente l’impugnativa dell’intimazione di pagamento delle cartelle esattoriali, asseritamente non notificate al contribuente, con conseguente prescrizione del credito dell’Amministrazione finanziaria, ha accolto il ricorso della contribuente, ritenendo inammissibile quello dell’Agente della riscossione, non legittimato processualmente, in quanto rappresentato da un avvocato del libero foro.

2. A seguito del ricorso, il contribuente resiste con controricorso.

3. Il ricorso è stato fissato alla pubblica udienza del 22/10/2019.

4. Il controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, parte ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonchè dell’art. 1, comma 8, D.L. n. 193 del 2016, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giacchè la C.T.R. avrebbe dovuto ritenere legittima la costituzione dell’Agente della Riscossione a mezzo di avvocato del libero foro.

Con il secondo motivo, avanzato in subordine, parte ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, comma 5 e art. 182 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, perchè la C.T.R.

avrebbe dovuto concedere un termine per regolarizzare la costituzione in giudizio, e regolarizzare l’incarico al difensore.

1.2. Il primo motivo è fondato e va accolto, con conseguente assorbimento del secondo.

1.3. Deduce la ricorrente che la C.T.R. avrebbe erroneamente interpretato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, affermando che l’Agente della Riscossione, così come l’Agenzia delle Entrate, potrebbe stare in giudizio solo direttamente o mediante struttura territoriale sovraordinata, con ciò confondendo i concetti dello stare in giudizio e dell’assistenza tecnica, cui si riferisce il successivo art. 12.

Quest’ultima norma, infatti, prevede che le parti, diverse dagli enti impositori, dagli agenti della riscossione e dai soggetti iscritti all’albo di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 53, devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato.

Secondo la ricorrente, quindi, alla luce della citata normativa, non sussisterebbe un divieto delle parti pubbliche di farsi assistere da un difensore abilitato, ma solo un obbligo di difesa tecnica per le parti diverse da quelle pubbliche.

Tale assunto, in effetti, trova conferma nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 2 sexies, che prevede l’applicazione delle disposizioni sul compenso degli avvocati per la liquidazione delle spese in favore dell’ente impositore e dell’agente della riscossione, “se” assistiti da propri funzionari; la stessa Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 2302 del 4 febbraio 2005, in tema di assistenza tecnica per gli enti locali, ha affermato che il divieto di nomina di avvocati esterni abilitati, ove previsto, sarebbe stato in contrasto con l’art. 24 Cost.

La questione della difesa in giudizio del nuovo ente è stata affrontata di recente dalle Sezioni Unite di questa Corte, che hanno enunciato, nell’interesse della legge e per risolvere la devoluta questione di massima di particolare importanza, i seguenti principi di diritto: “(a) impregiudicata la generale facoltà di avvalersi di propri dipendenti delegati davanti al tribunale e al giudice di pace, per la rappresentanza e la difesa in giudizio, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione si avvale: 1) dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come ad essa riservati dalla Convenzione con questa intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43, comma 4, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici; 2) ovvero, in alternativa e senza bisogno di formalità, nè della delibera prevista dal richiamato R.D. n. 1933, del 1933, art. 43, comma 4, di avvocati del libero foro – nel rispetto del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, artt. 4 e 17 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi del medesimo D.L. n. 193 del 2016, art. 1, comma 5 – in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio; (b) quando la scelta tra il patrocinio dell’Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’Agenzia e l’Avvocatura o di indisponibilità di questa di assumere il patrocinio, la costituzione dell’Agenzia a mezzo dell’una o dell’altro postula necessariamente e implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità”(Cass. S.U., sent. n. 30008, Ud. 22.10.2019 – P.U. -Pubbl. 19/11/2019 – Racc. Gen. 30008/2019).

Quanto alla difesa in giudizio, il D.L. n. 193 del 2016, art. 1, comma 8, conv. dalla L. n. 225 del 2016, dispone: “L’ente è autorizzato ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato ai sensi dell’art. 43 del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato, di cui al R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, fatte salve le ipotesi di conflitto e comunque su base convenzionale. Lo stesso ente può altresì avvalersi, sulla base di specifici criteri definiti negli atti di carattere generale deliberati ai sensi del presente articolo, comma 5, di avvocati del libero foro, nel rispetto delle previsioni di cui al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, artt. 4 e 17, ovvero può avvalersi ed essere rappresentato, davanti al tribunale e al giudice di pace, da propri dipendenti delegati, che possono stare in giudizio personalmente; in ogni caso, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, l’Avvocatura dello Stato, sentito l’ente, può assumere direttamente la trattazione della causa. Per il patrocinio davanti alle commissioni tributarie continua ad applicarsi il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 11, comma 2”.

Deve, inoltre, rilevarsi che la norma di interpretazione autentica del D.L. n. 30 aprile 2019, n. 34, art. 4-nonies, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 giugno 2019, n. 58, prevede che “il comma 8 citato si interpreta nel senso che la disposizione del testo unico di cui al R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43, comma 4, si applica esclusivamente nei casi in cui l’Agenzia delle entrate-Riscossione, per la propria rappresentanza e difesa in giudizio, intende non avvalersi dell’Avvocatura dello Stato nei giudizi a quest’ultima riservati su base convenzionale; la medesima disposizione non si applica nei casi di indisponibilità della stessa Avvocatura dello Stato ad assumere il patrocinio”.

Tale ultimo articolo, quindi, chiarisce, con validità ex tunc, che la delibera motivata è necessaria esclusivamente nei casi in cui le controversie vertano su tematiche riservate all’Avvocatura di Stato su base convenzionale ed essa sia disponibile ad assumerle.

Il legislatore ha voluto affermare che la fonte primaria della difesa erariale, in forza dell’art. 1, comma 8, è la convenzione, cui occorre in primo luogo fare riferimento onde verificare la validità del mandato difensivo. Il R.D. n. 1611 del 1933, art. 43, comma 4 – con la necessità di adottare apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza – opera dunque solo nel caso in cui A.d.E.R., nonostante la specifica controversia rientri, in forza della convenzione, tra quelle di competenza dell’Avvocatura dello Stato, non intenda di essa avvalersi.

In sostanza, non è più sostenibile che la regola generale sia l’avvalimento dell’avvocatura erariale e che quello di avvocati del libero foro sia un’eccezione, perchè il tenore testuale della norma – a differenza di quanto solo in apparenza risulta dalle previsioni regolamentari e che oltretutto, per principio generale, non sono in grado di interferire sulle norme di rango primario – esclude con chiarezza sia l’organicità che la stessa esclusività del patrocinio erariale, per quanto “autorizzato”, per la chiara alternatività (con l’utilizzo dell’avverbio “altresì”) tra le due facoltà radicate in capo all’A.d.E.R.

Pertanto, il richiamo, operato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 8, art. 11, comma 2, secondo cui l’ufficio dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di cui al D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 nonchè dell’agente della riscossione, nei cui confronti è proposto il ricorso, sta in giudizio direttamente o mediante la struttura territoriale sovraordinata, non esclude che si applichino le nuove disposizioni sulla difesa tecnica (nella dicotomia “pubblica-del libero foro”) dettate dalla prima parte dello stesso comma 8.

Detta soluzione interpretativa pare conforme al Protocollo d’intesa del 22.6.2017, stipulato tra l’Avvocatura dello Stato e AdER proprio in forza del disposto dell’art. 1, comma 8 citato, secondo cui, in subiecta materia, “3.4.2 L’Ente sta in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti o di avvocati del libero foro, iscritti nel proprio Elenco avvocati, nelle controversie relative a: – liti innanzi al Giudice di Pace (compresa la fase di appello); – liti innanzi alle Sezioni Lavoro di Tribunale e Corte d’Appello; – liti innanzi alle Commissioni Tributarie”.

Sul punto, le Sezioni Unite, con la sentenza sopra citata hanno chiarito che “a) se la convenzione riserva all’Avvocatura di Stato la difesa e rappresentanza in giudizio, l’Agenzia può evitarla solo in caso di conflitto, oppure alle condizioni del R.D. n. 1611 del 1933, art. 43, comma 4 (cioè adottando la delibera motivata e specifica e sottoposta agli organi di vigilanza), oppure ancora ove l’Avvocatura erariale si renda indisponibile; b) se, invece, la convenzione non riserva all’Avvocatura erariale la difesa e rappresentanza in giudizio, non è richiesta l’adozione di apposita delibera od alcuna altra formalità per ricorrere al patrocinio a mezzo di avvocati del libero foro (da scegliere in applicazione dei criteri generali di cui agli atti di carattere generale di cui al comma 5 e nel rispetto dei principi del codice dei contratti pubblici); c) in tutti i casi è in facoltà dell’Agenzia di avvalersi e farsi rappresentare anche da propri dipendenti delegati pure davanti ai giudici di pace e ai tribunali, per di più nulla essendo innovato quanto alle già raggiunte conclusioni per ogni altro tipo di contenzioso” (Cass. S.U. sent. n. 30008/2019, in motivazione, par. 26).

In conclusione, nel caso in esame, anche alla luce dello ius superveniens, l’A.d.E.R. in appello ben poteva costituirsi con avvocato del libero foro, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito.

2.1. Con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la violazione dell’art. 2946 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giacchè la C.T.R. avrebbe dovuto riconoscere la prescrizione decennale dei tributi erariali, anche in seguito alla notifica di un atto di riscossione.

2.2. Il motivo è fondato e va accolto.

2.3. Come chiarito dalla sentenza n. 23397 del 17/11/2016 delle Sezioni unite di questa Corte, la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c.; tale principio si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributari.

“Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo” (Sez. U, Sentenza n. 23397 del 17/11/2016).

E’ stato anche osservato che “il diritto alla riscossione di un’imposta si prescrive nel termine ordinario decennale di cui all’art. 2946 c.c., ove la legge non disponga diversamente, salvi, in quest’ultima ipotesi, gli effetti del giudicato sui termini cd. brevi di prescrizione” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10547 del 15/04/2019).

Il giudice, quindi, avrebbe dovuto verificare il termine prescrizionale previsto per ciascun tributo e non ritenere, come ha fatto, che nella fattispecie in esame, trattandosi di atti di riscossione coattiva di crediti statali, di natura tributaria e non, essi si prescrivessero tutti in cinque anni, non essendo stati accertati con sentenza passata in giudicato.

La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei principi, sopra menzionati e va cassata, con rinvio alla C.T.R. del Piemonte, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. del Piemonte, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 29 novembre 2019

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