Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31240 del 29/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 29/11/2019, (ud. 22/10/2019, dep. 29/11/2019), n.31240

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina re – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 18580/2018 R.G. proposto da:

A.D.E.R. – Agenzia Delle Entrate Riscossione, quale successore di

Equitalia Servizi di riscossione S.p.A., in persona del l.r.p.t.,

rappresentata e difesa dall’avv. Tiziana Pane, che chiede di

ricevere le comunicazioni al fax n. 0817321684 oppure alla P.e.c.

avv.tizianapane.pec.giuffre.it;

– ricorrente –

contro

F.G., rappresentata e difesa dall’avv. Angelo Pisani, che

chiede di ricevere le comunicazioni al fax n. 0287152806 oppure

all’indirizzo P.e.c. angelopisani.avvocatinapoli.legalmail.it;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5533/2017 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, emessa in data 6/12/2017, depositata il

20/12/2017 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 22/10/2019 dal

Consigliere Dott.ssa Giudicepietro Andreina;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale De Augustinis Umberto, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. Tiziana Pane per l’A.d.E.R.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1 L’A.D.E.R. – Agenzia Delle Entrate Riscossione (di seguito A.D.E.R.), quale successore di Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A., ricorre con quattro motivi contro F.G. per la cassazione della sentenza n. 5533/2017 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (di seguito C.T.R.), emessa in data 6/12/2017, depositata il 20/12/2017 e non notificata, che, in controversia concernente l’impugnativa delle cartelle di pagamento, asseritamente conosciute dal contribuente solo a seguito della richiesta dell’estratto di ruolo, ha accolto il ricorso della contribuente, ritenendo che l’agente della riscossione non avesse provato l’avvenuta notifica delle cartelle di pagamento.

2. A seguito del ricorso, la contribuente resiste con controricorso.

3. Il ricorso è stato fissato alla pubblica udienza del 22/10/2019.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Preliminarmente deve esaminarsi l’eccezione di parte controricorrente, relativa alla nullità della costituzione e prosecuzione del giudizio da parte di A.d.E.R., che si è costituita a mezzo di difensore esterno abilitato.

Sul punto, le Sezioni unite di questa Corte, con recentissima sentenza, hanno dichiarato estinto per rinuncia il giudizio e, ai sensi dell’art. 363 c.p.c., comma 3, hanno enunciato, nell’interesse della legge e per risolvere la devoluta questione di massima di particolare importanza, i seguenti principi di diritto: “(a) impregiudicata la generale facoltà di avvalersi di propri dipendenti delegati davanti al tribunale e al giudice di pace, per la rappresentanza e la difesa in giudizio, l’Agenzia delle Entrate Riscossione si avvale: 1) dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come ad essa riservati dalla Convenzione con questa intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43, comma 4, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici; 2) ovvero, in alternativa e senza bisogno di formalità, nè della delibera prevista dal richiamato R.D. n. 1611 del 1933, art. 43, comma 4, di avvocati del libero foro – nel rispetto del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, artt. 4 e 17 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi del medesimo D.L. n. 193 del 2016, art. 1, comma 5 – in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio; (b) quando la scelta tra il patrocinio dell’Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’Agenzia e l’Avvocatura o di indisponibilità di questa di assumere il patrocinio, la costituzione dell’Agenzia a mezzo dell’una o dell’altro postula necessariamente e implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità”(Cass. S.U., sent. n. 30008, Ud. 22.10.2019 – P.U. -Pubbl. 19/11/2019 – Racc. Gen. 30008/2019).

Invero, il D.L. n. 193 del 2016, art. 1, comma 8, conv. dalla L. n. 225 del 2016, dispone: “L’ente è autorizzato ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato ai sensi dell’art. 43 del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato, di cui al R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, fatte salve le ipotesi di conflitto e comunque su base convenzionale. Lo stesso ente può altresì avvalersi, sulla base di specifici criteri definiti negli atti di carattere generale deliberati ai sensi del presente articolo, comma 5, di avvocati del libero foro, nel rispetto delle previsioni di cui al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, artt. 4 e 17, ovvero può avvalersi ed essere rappresentato, davanti al tribunale e al giudice di pace, da propri dipendenti delegati, che possono stare in giudizio personalmente; in ogni caso, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, l’Avvocatura dello Stato, sentito l’ente, può assumere direttamente la trattazione della causa. Per il patrocinio davanti alle commissioni tributarie continua ad applicarsi il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 11, comma 2”.

Deve, inoltre, rilevarsi che la norma di interpretazione autentica del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, art. 4-nonies, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 giugno 2019, n. 58, prevede che “il comma 8 citato si interpreta nel senso che la disposizione del testo unico di cui al R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43, comma 4, si applica esclusivamente nei casi in cui l’Agenzia delle entrate-Riscossione, per la propria rappresentanza e difesa in giudizio, intende non avvalersi dell’Avvocatura dello Stato nei giudizi a quest’ultima riservati su base convenzionale; la medesima disposizione non si applica nei casi di indisponibilità della stessa Avvocatura dello Stato ad assumere il patrocinio”.

Tale ultimo articolo, quindi, chiarisce, con validità ex tunc, che la delibera motivata è necessaria esclusivamente nei casi in cui le controversie vertano su tematiche riservate all’Avvocatura di Stato su base convenzionale ed essa sia disponibile ad assumerle.

Secondo le Sezioni Unite, la lettera della norma, già nel suo tenore originario, era chiara ed univoca, sia nel prevedere l’avvalimento del patrocinio c.d. autorizzato espressamente ed esclusivamente su base convenzionale, con la consueta eccezione dei casi di conflitto, sia nell’impiego dell’avverbio “altresì” per fondare la facoltà di avvalimento degli avvocati del libero foro sullo stesso piano della difesa a mezzo dell’Avvocatura dello Stato.

Il legislatore ha voluto affermare che la fonte primaria della difesa erariale, in forza dell’art. 1, comma 8, è la convenzione, cui occorre in primo luogo fare riferimento onde verificare la validità del mandato difensivo. Il R.D. n. 1611 del 1933, art. 43, comma 4 – con la necessità di adottare apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza – opera dunque solo nel caso in cui A.d.E.R., nonostante la specifica controversia rientri, in forza della convenzione, tra quelle di competenza dell’Avvocatura dello Stato, non intenda di essa avvalersi.

Pertanto, se la convenzione riserva all’Avvocatura di Stato la difesa e rappresentanza in giudizio, l’Agenzia può evitarla solo in caso di conflitto, oppure alle condizioni del R.D. n. 1611 del 1933, art. 43, comma 4 (cioè adottando la delibera motivata e specifica e sottoposta agli organi di vigilanza), oppure ancora ove l’Avvocatura erariale si renda indisponibile; se, invece, la convenzione non riserva all’Avvocatura erariale la difesa e rappresentanza in giudizio, non è richiesta l’adozione di apposita delibera od alcuna altra formalità per ricorrere al patrocinio a mezzo di avvocati del libero foro (da scegliere in applicazione dei criteri generali di cui agli atti di carattere generale di cui al comma 5 e nel rispetto dei principi del codice dei contratti pubblici).

Secondo le Sezioni Unite, “un simile evidente automatismo della sussunzione entro l’una o l’altra categoria esclude poi in radice la necessità di ogni formalità, tra cui l’adozione di delibere o determinazioni e le relative produzioni documentali, ivi compresa quella della convenzione o dei regolamenti interni, siccome tutti adeguatamente pubblicizzati e reperibili senza difficoltà dal pubblico indifferenziato delle potenziali controparti: in sostanza, risulta postulata (cioè anche solo implicitamente allegata) la sussistenza dei relativi presupposti con la semplice diretta formazione dell’atto da parte dell’Avvocatura o, nell’alternativa evenienza, nel conferimento della procura ad avvocato del libero foro, in dipendenza di un atto meramente interno dell’Agenzia che si è determinata ad agire o a resistere in giudizio, del quale non vi è necessità di alcuna specifica o separata documentazione od allegazione, nemmeno nel giudizio di legittimità” (S.U. sent. citata in motivazione, par.27).

In conclusione, alla luce dei principi sopra esposti, l’eccezione della controricorrente è infondata e va rigettata.

1.2. Con il primo motivo, l’Agenzia ricorrente denunzia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, e art. 21, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e l’illegittimità della sentenza impugnata, che ha ritenuto ammissibile il ricorso originario della contribuente, sebbene proposto oltre il termine decadenziale di 60 giorni.

In particolare, la ricorrente deduce che, anche ritenendo che non fosse stata provata la regolare notifica delle cartelle di pagamento, il ricorso era stato proposto solo in data 27/5/2016, oltre i 60 giorni dall’intimazione di pagamento relativa alle cartelle de quibus, notificata alla contribuente in data 21/10/2015.

Con il secondo motivo, l’Agenzia ricorrente denunzia la violazione del D.P.R. n. 445 del 2000, art. 18, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e l’illegittimità della sentenza impugnata, che ha ritenuto che le copie delle relate prodotte dall’Agente della riscossione (all’epoca Equitalia Nord S.p.A.) non fossero adeguatamente autenticate, nonostante il timbro con la dicitura “copia conforme Equitalia Nord S.p.A.”.

Con il terzo motivo, l’Agenzia ricorrente denunzia la violazione degli artt. 2712,2719 c.c. e art. 215 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e l’illegittimità della sentenza impugnata, che ha ritenuto che la contribuente avesse ritualmente disconosciuto la documentazione prodotta dall’Agente della riscossione.

Secondo la ricorrente, se anche si volesse ritenere non valida l’attestazione di conformità all’originale apposta sulla copia delle relate prodotte in giudizio, comunque la contestazione di tale conformità sarebbe rimasta a livello generico, senza evidenziare alcun elemento specifico di non corrispondenza.

Con il quarto motivo, l’Agenzia ricorrente denunzia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e l’illegittimità della sentenza impugnata, che, pur avendo ritenuto rilevante la visione degli originali, non ne ha ordinato il deposito.

1.3. Il primo motivo è fondato e va accolto, con conseguente assorbimento dei successivi.

1.4. Invero, come riportato in ricorso dall’Agente della riscossione, la contribuente, con il ricorso originario, aveva dedotto di aver ricevuto, il 21/10/2015, la notifica dell’intimazione di pagamento, riferita a cartelle mai notificate in precedenza, e di aver poi richiesto un estratto del ruolo, emesso in data 25/5/2016.

L’estratto di ruolo non è un atto autonomamente impugnabile, non contenendo qualsivoglia (autonoma e/o nuova) pretesa impositiva, diretta o indiretta, per cui l’impugnazione, nella sostanza deve intendersi rivolta a far valere l’invalidità dell’intimazione per l’omessa notifica delle prodromiche cartelle di pagamento.

In ragione del disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, la mancata notifica degli atti autonomamente impugnabili adottati precedentemente all’atto notificato “ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo”.

Nel caso di specie, la contribuente aveva l’onere di impugnare nei termini l’intimazione di pagamento, con cui veniva resa edotta delle cartelle di pagamento, di cui sostiene non aver ricevuto alcuna notifica precedentemente.

La contribuente, quindi, non ha tempestivamente impugnato, nel termine decadenziale di 60 giorni, l’intimazione di pagamento, che pure ammette di aver ricevuto il 21/10/2015, e non può impugnare tardivamente, con ricorso notificato il 27 maggio 2016, l’estratto di ruolo, emesso su sua richiesta il 25/5/2016.

La sentenza impugnata, quindi, va cassata senza rinvio, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, ed il ricorso originario va dichiarato inammissibile.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese dell’intero giudizio, attesa la complessità delle questioni relative alla difesa dell’A.d.E.R. con avvocato del libero foro, definitivamente risolte con la citata sentenza delle Sezioni Unite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, e cassa la sentenza impugnata;

compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 29 novembre 2019

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