Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3124 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3124 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PANDOLFINO ANGELO,

rappresentato e difeso per procura a

margine del ricorso dall’Avv.Fabrizio Mobilia presso il
cui studio in Messina, via Pippo Romeo è elettivamente
domiciliato.
-ricorrentecontro
AGENZIA DELLE ENTRATE,

in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
Generale dello Stato presso i cui Uffici in Roma, via
dei

pucthi 11,12

ulul_tivamontg domicilintn_
-penwìgs~itatt –

avverso la

sentenza n.104/2/08

della Commissione

Data pubblicazione: 12/02/2014

Tributaria Regionale della Sicilia-sezione staccata di
Messina, depositata il 15.9.2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13.11.2013 dal Consigliere Roberta
Crucitti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott.Vincenzo Gambardella che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Pandolfino Angelo ricorre, affidandosi a due
motivi, per la cassazione della sentenza, indicata in
epigrafe, con la quale la CTR della Sicilia-Sezione
staccata di Messina, in parziale accoglimento
dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate,
aveva dichiarato la non spettanza della rivalutazione
monetaria sulla somma dovuta al contribuente a titolo
di rimborso della maggiore imposta applicata
sull’indennità di fine rapporto di lavoro subordinato.
La Commissione Tributaria siciliana ha motivato la
decisione rilevando che la normativa in materia di
rimborsi di imposta non prevedeva l’istituto della
rivalutazione monetaria e che, nella specie, non poteva
trovare applicazione l’art.1224, comma 2, c.c. essendo
la disciplina degli interessi sui crediti tributari

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udito per i ricorrenti l’Avv.Fabrizio Mobilia;

regolata da norme speciali.
Inoltre, secondo i Giudici di appello, il creditore che
chiede la rivalutazione monetaria aveva l’onere di
allegare e comprovare l’esistenza di un maggior danno
rispetto a quello risarcito mediante la corresponsione

adempiuto.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Il

ricorrente

ha

depositato memoria

ai

sensi

dell’art.378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE.

1.Con il primo motivo, articolato ai sensi
dell’art.360 n.3 c.p.c., il ricorrente deduce la
violazione da parte della Commissione tributaria
regionale dell’art.1224 c.c.
Secondo la prospettazione difensiva la normativa
invocata, contrariamente a quanto ritenuto dai Giudici
di appello, era stata ritenuta applicabile, dalla
giurisprudenza di questa Corte, anche alle pretese
restitutorie vantate dal contribuente in sede di
contenzioso tributario; mentre, da altro canto, le
SS.UU. n.19499/2009 avevano affermato il principio (dal
quale si era discostata la Commissione Tributaria
Regionale) secondo cui, in caso di ritardato pagamento
di un’obbligazione di valuta, il maggior danno di cui

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di interessi; e, nella specie, tale onere non era stato

all’art.1224, II coma, c.c. può ritenersi esistente in
via presuntiva per qualunque creditore.
1.1. Il motivo è infondato. In materia tributaria
questa Corte (sentenza n.26403 del 30/12/2010)
ha, già, avuto modo di affermare il principio,

secondo cui “In tema di obbligazioni pecuniarie
costituite dai crediti di imposta, cui non sono
applicabili gli artt.1224, primo comma, e 1284
cod. civ., stante la speciale disciplina
dell’art.44 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602
-relativa a tutti gli interessi dovuti
dall’amministrazione finanziaria in dipendenza di
un rapporto giuridico tributario- la specialità
della fattispecie tributaria impone
un’interpretazione restrittiva dell’art. 1224,
secondo comma, cod. civ.; pertanto, il creditore
non può limitarsi ad allegare la sua qualità di
imprenditore e a dedurre il fenomeno inflattivo
come fatto notorio, ma deve, alla stregua dei
principi generali dell’art. 2697 cod. civ.,
fornire indicazioni in ordine al danno subito per
l’indisponibilità del denaro, a cagione
dell’inadempimento,

ed

rigorosa”.

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ad

offrirne

prova

cui il Collegio ritiene di dare continuità

1.2. Nella specie, per come è incontestato, nessuna
allegazione in ordine alla sussistenza di un
maggior danno risarcibile rispetto a quello già
ristorato con il riconoscimento degli interessi,
stata effettuata dal contribuente onde la

censura.
2. E’, invece, fondato il secondo motivo. Con tale
mezzo il ricorrente ha dedotto, ai sensi del n.3
dell’art.360 c.p.c., la violazione del principio
generale di soccombenzai nel regolamento delle spese
processuali per avere la Commissione Tributaria
/
siciliana condannato esso ricorrente al pagamento di
metà delle spese processuali in favore dell’Agenzia.
2.1.Questa Corte (cfr. tra le altre da recente
Sentenza n.17523 del 23/08/2011) ha avuto modo di
ribadire il principio per cui “In materia di
liquidazione delle spese giudiziali nel giudizio di
appello, il criterio di individuazione della
soccombenza, sulla base del quale va effettuata la
statuizione delle spese, deve essere unitario e
globale, anche qualora il giudice ritenga di giungere
alla compensazione parziale delle spese di lite,
condannando poi per il residuo una delle due parti; in
tal caso, l’unitarietà e la globalità del suddetto

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sentenza impugnata, su tale capo, va immune da

criterio comporta che, in relazione all’esito finale
della lite, il giudice deve individuare la parte
parzialmente soccombente e quella, per converso,
parzialmente vincitrice, in favore della quale il
giudice del gravame è tenuto a provvedere sulle spese

all’esito globale del giudizio, piuttosto che ai
diversi gradi del giudizio ed al loro risultato”.
2.2.La sentenza impugnata, che -a fronte di una
condanna dell’Amministrazione Finanziaria alla
refusione delle spese processuali in primo grado
mantenuta ferma anche con la sentenza di secondo gradoha compensato parzialmente le spese del grado di
appello ponendo la restante metà a carico del
contribuente non ha fatto corretta applicazione di tali
principi onde va, sul punto, cassata con rinvio a
diversa Sezione della Commissione Tributaria della
Sicilia che provvederà anche al regolamento delle spese
di questo grado.
P.Q.M.

La Corte, rigettato il primo motivo di ricorso ed in
accoglimento del secondo, cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche per il regolamento delle spese
processuali, alla Commissione Tributaria Regionale
della Sicilia in diversa composizione.

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secondo il principio della soccombenza applicato

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del

13.11.2013.

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