Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3124 del 11/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 11/02/2010, (ud. 10/12/2009, dep. 11/02/2010), n.3124

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo

studio dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FIORILLO LUIGI, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

T.N., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

TARQUINIA 5/D (C/O STUDIO AVV. FALLA TRELLA), presso lo studio

dell’avvocato RIOMMI MAURIZIO e MICHELI CARLO che la rappresentano e

difendono, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 426/2005 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 15/11/2005 r.g.n. 535/04;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

10/12/2009 dal Consigliere Dott. MAMMONE Giovanni;

udito l’Avvocato MARIO MICELI per delega ROBERTO PESSI;

udito l’Avvocato RIOMMI MAURIZIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito di ricorso di T.N. il Tribunale di Terni dichiarava la nullita’ del termine apposto al contratto di assunzione della predetta alle dipendenze di Poste Italiane s.p.a., con dichiarazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e conseguente condanna del datore al pagamento delle retribuzioni a titolo di risarcimento.

Proposto appello da Poste Italiane, la Corte d’appello di Perugia con sentenza 6.10 – 15.11.05 rigettava l’impugnazione. Era stato, infatti, stipulato un contratto per il periodo 1.6 – 30.10.99 per soddisfare “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, quale condizione per la trasformazione della natura giuridica dell’Ente ed in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”. Essendo tale tipologia di assunzioni ammesse solo fino alla data del 30.4.98, per quelle successive il termine era illegittimamente apposto, di modo che il termine apposto al contratto decorrente dall’1.6.99 era da considerare nullo.

Avverso questa sentenza Poste Italiane proponeva ricorso per Cassazione. Si difendeva con controricorso la T..

Ha depositato memoria la ricorrente Poste Italiane s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso non e’ fondato.

Con unico articolato motivo Poste Italiane deduce violazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 e dell’art. 1362 c.c. e segg., nonche’ carenza di motivazione, sostenendosi che la sentenza si fonderebbe sull’erronea convinzione che detto art. 23 non consentirebbe all’autonomia collettiva di costruire fattispecie legittimanti le assunzioni a termine collegate a situazioni tipicamente aziendali, non direttamente collegate ad occasioni precarie di lavoro e non sottoposte a limitazioni temporali.

Al riguardo e’ necessario premettere un richiamo alla giurisprudenza di questa Corte in punto di rapporti tra la L. n. 56 del 1987, art. 23 e la contrattazione collettiva regolatrice del rapporto di lavoro dei dipendenti postali.

La costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., in particolare, Cass. 26.7.04 n. 14011, 7.3.05 n. 4862), specificamente riferita ad assunzioni a termine di dipendenti postali previste dall’accordo integrativo 25 settembre 1997, ritiene che l’attribuzione alla contrattazione collettiva, L. n. 56 del 1987, ex art. 56 del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962 discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessita’ del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessita’ di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato.

Questa Corte (v., ex plurimis, Cass. 23.8.06 n. 18378), ha confermato le sentenze dei giudici di merito che hanno dichiarato illegittimo il termine apposto dopo il 30 aprile 1998 a contratti stipulati in base alla previsione dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997, che ha consentito l’apposizione del termine, oltre che alle fattispecie gia’ previste dall’art. 8 del ccnl 26.11.94, anche nella evenienza di esigenze eccezionali, conseguenti alla fase di ristrutturazione ecc…. Si e’ ritenuto, infatti, che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilita’ di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230 nonche’ dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis conv. dalla L. 15 marzo 1983, n. 79 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge (v.

S.u. 2.3.06 n. 4588).

Dato che in forza di tale delega le parti sindacali hanno individuato, quale nuova ipotesi di contratto a termine, quella di cui al citato accordo integrativo del 25.9.97, la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto corretta l’interpretazione dei giudici di merito che, con riferimento al distinto accordo attuativo sottoscritto in pari data ed al successivo accordo attuativo sottoscritto in data (OMISSIS), ha ritenuto che con tali accordi le parti abbiano convenuto di riconoscere la sussistenza fino al 31.1.98 (e poi in base al secondo accordo attuativo, fino al 30.4.98), della situazione di cui al citato accordo integrativo, con la conseguenza che per far fronte alle esigenze derivanti da tale situazione l’impresa poteva procedere (nei suddetti limiti temporali) ad assunzione di personale straordinario con contratto tempo determinato. Da cio’ deriva che deve escludersi la legittimita’ dei contratti a termine stipulati per il soddisfacimento di esigenze eccezionali ecc. dopo il 30 aprile 1998, in quanto privi di presupposto normativo.

La giurisprudenza ha, altresi’, ritenuto corretta, nella ricostruzione della volonta’ delle parti come operata dai giudici di merito, l’irrilevanza attribuita all’accordo 18.1.01 in quanto stipulato dopo oltre due anni dalla scadenza dell’ultima proroga, e cioe’ quando il diritto del soggetto si era gia’ perfezionato.

Ammesso che le parti avessero espresso l’intento di interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti comunque di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25.9.97 (scaduto in forza degli accordi attuativi), la suddetta conclusione e’ comunque conforme alla regula iuris dell’indisponibilita’ dei diritti dei lavoratori gia’ perfezionatisi, dovendosi escludere che le parti stipulanti avessero il potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica (previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la disciplina nel D.Lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non piu’ legittimi per effetto della durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12.3.04 n. 5141).

Il giudice di merito ha fatto applicazione dei suddetti principi e, considerato che il contratto in considerazione era motivato dal soddisfacimento di esigenze eccezionali ecc. ed era riferito a periodo successivo al 30.4.98 ha ritenuto nullo il termine ad esso apposto ed ha dichiarato che dall’inizio dello stesso decorre il rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Essendo tale pronunzia conforme alla giurisprudenza di questa Corte, il ricorso e’ infondato e deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese che liquida in Euro 30,00 per esborsi ed in Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa.

Cosi’ deciso in Roma, il 10 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2010

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