Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31228 del 29/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 29/11/2019, (ud. 20/06/2019, dep. 29/11/2019), n.31228

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17149-2018 proposto da:

A.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO

BAIAMONTI, 10, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO CASADEI;

– ricorrente –

contro

T.L., T.L., A.A., elettivamente

domiciliate in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE,

rappresentate e difese dagli avvocati GIAMPAOLO ANTONELLI, MARIO

CHIARINI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1898/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 19/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ENZO

VINCENTI.

Fatto

RITENUTO

Che:

con ricorso affidato ad un unico articolato motivo, A.C., avvocato, ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Ancona, resa pubblica in data 19 dicembre 2017, che ne respingeva il gravame avverso la decisione del Tribunale di Fermo, la quale, a sua volta, lo condannava, in adempimento dell’accordo intercorso in data 25 febbraio 2010 con T.L., A.A. e T.L., a rinunciare alle azioni civili e penali promosse in relazione o comunque scaturenti o conseguenti dai titoli di credito costituiti da vari provvedimenti giurisdizionali, con rigetto della domanda riconvenzionale di risarcimento danni proposta dal medesimo A.;

che la Corte di appello di Ancona, per quanto rileva in questa sede, riteneva che l’eccezione di inadempimento delle controparti all’accordo del febbraio 2010 era tardiva, in quanto proposta solo in sede di conclusionale;

che resistono con controricorso T.L., T.L. e A.A.;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

a) con il primo ed unico mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione o falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 100 c.p.c., in relazione agli artt. 1965 e 1460 c.c., ed anche in relazione all’art. 2909 c.c., per aver erroneamente la Corte territoriale dichiarato la tardività dell’eccezione di inadempimento anzichè dichiarare l’inammissibilità/improponibilità della domanda degli odierni resistenti, omettendo di rilevare d’ufficio la carenza di legittimazione ad agire per la coattiva esecuzione del contratto transattivo in virtù dell’avvenuta allegazione della sentenza n. 331/2014 passata in giudicato del Tribunale di Fermo, ove veniva accertato l’inadempimento del contratto transattivo da parte delle odierni resistenti;

a.1) il ricorso è inammissibile.

Nel ricorso per cassazione è essenziale il requisito, prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 3, dell’esposizione sommaria dei fatti sostanziali e processuali della vicenda, da effettuarsi necessariamente in modo sintetico con il ricorso stesso (e non già ricavarsi da altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso), con la conseguenza che la relativa mancanza determina l’inammissibilità del ricorso, essendo la suddetta esposizione funzionale alla comprensione dei motivi nonchè alla verifica dell’ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte (tra le altre, Cass. n. 10072/2018, Cass. n. 29093/2018).

Nella specie, il ricorso è privo di una sufficiente e intelligibile esposizione sommaria richiesta, a pena di inammissibilità, dalla citata norma processuale, non potendosi, peraltro, attingere contezza di detti fatti e di detta vicenda, in modo intelligibile, neppure dalle censure svolte, dalle quali rimane oscuro anche il contenuto stesso del provvedimento impugnato, nonchè quello degli atti e documenti processuali che lo stesso ricorrente assume rilevanti.

In ogni caso, l’inammissibilità del ricorso deriva anche dalla mancata indicazione del contenuto dell’accordo (transattivo) del 25 febbraio 2010 e della sua localizzazione processuale (ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), che costituisce il perno dell’azione intentata dalle originarie attrici e in difetto del quale non potrebbe in nessun caso verificarsi l’efficacia dell’asserito giudicato esterno che (secondo la prospettazione del ricorrente) sarebbe costituito dalle sentenza del Tribunale di Fermo del 2014.

Peraltro, rispetto a siffatto asserito giudicato esterno, di cui viene invocata l’efficacia preclusiva, giova rammentare (tra le molte, Cass. n. 2617/2015, Cass. n. 15737/2017, Cass. n. 13988/2018) che il principio della sua rilevabilità d’ufficio deve essere coordinato con l’onere di autosufficienza del ricorso, per cui la parte ricorrente deve, a pena dell’inammissibilità del ricorso, riprodurre in quest’ultimo il testo della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tale fine sufficiente il richiamo a stralci della motivazione. Nella specie, il ricorrente si è limitato a riportare uno stralcio decontestualizzato della sentenza del Tribunale di Fermo, senza neppure fornirne idonea, e necessaria, localizzazione ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6; peraltro, detto stralcio non dà intelligibile contezza della regula iuris espressa e soprattutto di un accertamento circa l’inadempimento delle originarie attrici, da cui il giudice d’appello avrebbe dovuto, poi, desumere la carenza della legittimazione attiva;

che la memoria di parte ricorrente (che, peraltro, si sofferma ampiamente sulla portata del precedente di cui a Cass., S.U., n. 17931/2013, il quale, tuttavia, non risulta pertinente rispetto al thema decidendum) non fornisce argomenti idonei a scalfire le considerazioni che precedono;

che il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-3 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 20 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2019

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