Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31223 del 29/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 29/11/2019, (ud. 13/06/2019, dep. 29/11/2019), n.31223

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23135-2018 proposto da:

P.F., nella qualità di erede di T.M.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMILIO DE’ CAVALIERI 11,

presso lo studio dell’avvocato ANTON GIULIO LANA, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati FRANCESCA ARMENTANO, MARIO

METALLO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE 80242250589, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO), che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1503/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 03/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LINA

RUBINO.

Fatto

RILEVATO

che:

– P.F. propone ricorso per cassazione articolato in due motivi ed illustrato da memoria nei confronti del Ministero della Salute, per la cassazione della sentenza n. 1503/2017, depositata il 3.8.2017 dalla Corte d’Appello di Catanzaro, con la quale, a parziale riforma della sentenza di primo grado, veniva rigettata la sua domanda proposta iure hereditario e tesa al risarcimento del danno conseguente all’infezione da epatite C riportata dalla madre, T., a seguito delle trasfusioni di sangue cui si era sottoposta nel 1986 presso il presidio ospedaliero di Cosenza per curare una anemia ipocromica iposideremica;

-il Ministero resiste con controricorso;

-essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di manifesta fondatezza dello stesso. Il decreto di fissazione dell’udienza camerale e la proposta sono stati comunicati.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il collegio, tenuto conto anche delle osservazioni contenute nella memoria, ritiene di condividere le valutazioni del relatore in ordine all’esito del giudizio.

Il diritto al risarcimento dei danni da emotrasfusioni è stato ritenuto prescritto, in quanto si è fatto decorrere il termine di prescrizione dal 1992, ovvero dalla data di approvazione della L. n. 210 del 1992, che ha introdotto l’indennizzo per i pregiudizi derivanti da emotrasfusioni di sangue infetto, e non dalla data della presentazione della domanda di indennizzo, risalente al 2003.

La ricorrente lamenta con il primo motivo la violazione degli artt. 2935 e 2947 c.c., con il secondo la violazione degli artt. 2935 e 2697 c.c., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c.

Deve ritenersi che il ricorso possa essere accolto, valutando congiuntamente i due motivi e dando continuità al principio di diritto espresso, da ultimo, da Cass. n. 18521 del 2018, secondo il quale: “Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto per contagio da emotrasfusioni una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo decorre dal giorno in cui tale malattia venga percepita – o possa essere percepita usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche – quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la dichiarazione anamnestica della paziente, resa in occasione della diagnosi di epatite C, di essersi sottoposta a trasfusione durante il parto e di non aver mai fatto uso di alcool e di stupefacenti, fosse idonea ad attestare la conoscenza o, comunque, la conoscibilità, secondo l’ordinaria diligenza, della riconducibilità causale della patologia alla trasfusione).”.

o Così ricostruito il principio di base, deve puntualizzarsi che il giorno della proposizione della domanda amministrativa di liquidazione dell’indennizzo/ di cui alla legge del 1992, deve intendersi come termine ultimo di possibile inizio del decorso della prescrizione, cui far riferimento qualora non emerga la prova che, a causa della precisione della diagnosi anche sotto il profilo della riconduzione causale dell’infezione, o delle conoscenze scientifiche accessibili all’utente, o per altro elemento processualmente emergente, il danneggiato abbia avuto già da prima della presentazione della domanda amministrativa volta alla liquidazione dell’indennizzo, o avrebbe potuto avere usando la ordinaria diligenza, cognizione della riconducibilità causale del fatto lesivo (v. Cass. n. 27757 del 2017: “In tema di responsabilità per i danni conseguenti ad infezioni da virus HBV, HIV e HCV contratte da pazienti emotrasfusi, la presentazione della domanda di indennizzo, di cui alla L. n. 210 del 1992, attesta l’esistenza, in capo al malato e ai familiari, della consapevolezza che queste siano da collegare causalmente con le trasfusioni e, pertanto, segna il limite ultimo di decorrenza del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, a norma degli artt. 2935 e 2947 c.c., comma 1, ma ciò non esclude che il giudice di merito individui in un momento precedente l’avvenuta consapevolezza del suddetto collegamento sulla base di un accertamento in fatto adeguatamente motivato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, nel dichiarare prescritto il diritto al risarcimento, aveva fatto risalire l’avvenuta conoscenza del collegamento causale alla data della diagnosi dell’infezione e ciò tenuto conto delle conoscenze esistenti all’epoca in materia e del più generale principio dell’ordinaria diligenza)”; v. anche Cass. n. 15733 del 2018, Cass. n. 13745 del 2018).

Nel caso di specie, l’aggancio dell’exordium praescriptionis alla data di entrata in vigore della L. n. 210 del 1992, svincolato dalla storia personale della vittima e dalla valutazione della idoneità di tale elemento a far acquisire consapevolezza alla danneggiata della riconducibilità causale del danno riportato alle trasfusioni un tempo subite, è del tutto privo di giustificazione.

La sentenza deve essere quindi cassata e la causa rinviata alla Corte di Appello di Catanzaro, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 13 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2019

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