Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3122 del 09/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 09/02/2021, (ud. 13/10/2020, dep. 09/02/2021), n.3122

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24512/2018 proposto da:

AIR ITALY S.P.A., (già Meridiana Fly s.p.a.), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

GIULIO CESARE n. 23, presso lo studio degli avvocati CARLO BOURSIER

NIUTTA, ENRICO BOURSIER NIUTTA, ANTONIO ARMENTANO, che la

rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

F.S., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli Avvocati ANDREA BORDONE, MARZIA GIOVANNINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1190/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 21/06/2018 R.G.N. 440/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/10/2020 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato CARLO BOURSIER NIUTTA;

uditi gli Avvocati ANDREA BORDONE, MARZIA GIOVANNINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Milano, con sentenza n. 1190 depositata il 21.6.2018, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Busto Arsizio, ha ritenuto illegittimo il licenziamento per giusta causa intimato da Air Italy s.p.a. (già Meridiana Fly s.p.a.) con lettera del 21.1.2016, a F.S., pilota primo ufficiale, con conseguente ordine di reintegrazione nel posto di lavoro e condanna al risarcimento del danno pari a 12 mensilità della retribuzione globale di fatto;

2. La Corte di appello, ha rammentato che il lavoratore aveva ricevuto una lettera di contestazione disciplinare ove si deduceva l’omessa comunicazione tempestiva, per il periodo 1 aprile – 31 maggio 2014, dello svolgimento di attività lavorativa regolarmente remunerata, durante il periodo di cassa integrazione guadagni straordinaria e il cumulo di retribuzione e di somme riscosse a titolo di sostegno al reddito; ha rilevato che – essendo emerso lo svolgimento durante la cassa integrazione guadagni, di attività lavorativa remunerata per altra compagnia aerea (Turkish Airlines) esclusivamente finalizzata al mantenimento delle licenze e abilitazioni al volo – non poteva ritenersi sorto un obbligo informativo del lavoratore nei confronti del proprio datore di lavoro, in quanto – alla luce delle circolari Inps in materia (in specie n. 94 del 2011) – le fasi di addestramento strumentale su simulatore e in linea finalizzate al rinnovo delle abilitazioni in scadenza vanno ricomprese nel “periodo neutro” ai fini della interruzione della prestazione e l’eventuale mancanza della preventiva comunicazione non da luogo a decadenza dalle prestazioni; a fronte della insussistenza di un fatto disciplinarmente rilevante, conseguiva il regime reintegratorio previsto dalla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4.

3. Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso affidato a un motivo, il lavoratore resiste con controricorso, entrambi depositano memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2119, del D.L. n. 86 del 1988, art. 8, commi 4 e 5, convertito nella L. n. 160 del 1988 (riprodotto integralmente del D.Lgs. n. 148 del 2015, commi 2 e 3), art. 1 disp. gen., artt. 1362 e 1363 c.c., avendo, la Corte territoriale, sottovalutato il comportamento del lavoratore che, posto in cassa integrazione, ha percepito – dal 1 aprile al 31 maggio 2014 l’indennità di sostegno al reddito cumulandola con la retribuzione percepita da altro datore di lavoro, senza comunicare alcunchè, in violazione delle chiare disposizioni del D.L. n. 86, art. 8, e attribuendo valore di legge a mere circolari Inps, in spregio ai criteri dettati in materia di fonti del diritto; la Corte territoriale, fornendo una interpretazione distorta delle circolari Inps, ha ritenuto che il c.d. periodo neutro esaminato dalle suddette circolari incide sul divieto del cumulo tra integrazione salariale e altri compensi derivanti dallo svolgimento di attività remunerativa, criterio che invece è ribadito dall’Istituto previdenziale e dalle leggi in vigore. Il comportamento del lavoratore integra una grave violazione degli obblighi di legge, che ha consentito di cumulare gli interventi di sostegno al reddito con reddito percepito presso altro datore di lavoro, ed integra una giusta causa di licenziamento.

2. Il motivo di ricorso merita accoglimento.

3. La comparazione tra infrazione addebitata dalla compagnia aerea e sanzione espulsiva intimata richiede la preventiva disamina della normativa vigente materia di attività svolta presso terzi durante il periodo di cassa integrazione guadagni.

4. Il D.L. n. 86 del 1988, art. 8, commi 4 e 5 (convertito in L. n. 160 del 1988) recita:

“4. Il lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate.

5. Il lavoratore decade dal diritto al trattamento di integrazione salariale nel caso in cui non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla sede provinciale dell’Istituto nazionale della previdenza sociale dello svolgimento della predetta attività”.

5. E’ pacifico, poi, che le circolari non possono contenere disposizioni derogative di norme di legge, nè essere considerate alla stregua di norme regolamentari vere e proprie, essendo dotate di efficacia esclusivamente interna nell’ambito della amministrazione all’interno della quale sono emesse (Cass. n. 23032 del 2007; Cass. n. 6699 del 2014).

6. Orbene, il D.L. n. 86 del 1988, art. 8, commi 4 e 5, sancisce, dunque, il principio della parziale cumulabilità tra integrazione salariale e altre attività remunerate nel senso che lo svolgimento di attività lavorativa remunerata durante il periodo di sospensione del lavoro con diritto all’integrazione salariale comporta non la perdita del diritto all’integrazione per l’intero periodo predetto ma una riduzione dell’integrazione medesima in proporzione ai proventi dell’altra attività lavorativa, sempre che l’ente previdenziale sia informato preventivamente (ovvero, entro 30 giorni dal rinnovo/mancato rinnovo delle abilitazioni, nel caso di “periodo neutro” ossia esclusivamente devoluto all’addestramento) dell’avvio dell’attività lavorativa presso altro datore di lavoro, pena la decadenza dal diritto all’integrazione salariale.

7. Le circolari dell’ente previdenziale (n. 94 del 2011 e n. 130 del 2010), poi, in coerenza con la previsione legislativa, prevedono il divieto di cumulabilità di retribuzione e integrazione salariale, divieto che, per l’appunto, non è assoluto, essendo parametrato a “giornata di lavoro effettuata” e consentendo, quindi, l’integrazione tra le due provvidenze economiche fino alla concorrenza tra le somme integrabili corrisposte dall’Inps. La espressa previsione di comunicazioni preventive è indispensabile per consentire all’Inps di verificare che l’attività di lavoro svolta sia compatibile con il perdurare della riscossione dell’integrazione salariale.

8. Nel caso della categoria peculiare del personale pilota, destinataria di specifici controlli concernenti la validità delle licenze e delle abilitazioni di volo che richiedono la periodica partecipazione a fasi di addestramento (di diversa tipologia, ossia con simulatore e in volo), la comunicazione preventiva è sostituita con l’autocertificazione, pur sempre necessaria per verificare la compatibilità con l’integrazione salariale sia sotto il punto di vista della durata (minima) dell’addestramento sia sotto quello della natura dei proventi ricossi. Invero, posto che l’attività vietata dal D.L. n. 86 del 1988, art. 8, è quella che, fonte di proventi economici, effettivamente si sostituisce alla prestazione di lavoro sospesa, rendendo così ingiustificata la permanenza del trattamento, nel caso dell’attività resa ai fini del rinnovo delle abilitazioni di volo l’obbligo di inoltro dell’autocertificazione consente all’Inps di verificare se l’attività prestata sia stata esclusivamente finalizzata al mantenimento delle predette abilitazioni e se i compensi percepiti avevano natura retributiva.

9. La ratio delle disposizioni, sia di quelli di fonte normativa (D.L. n. 86 del 1988, art. 8, comma 4) che di quelli di mera attuazione interna all’ente previdenziale, è chiara: poichè la cassa integrazione guadagni costituisce una forma di assicurazione sociale a mezzo della quale il legislatore vuole garantire, in presenza di particolari vicende dell’impresa, un sostegno al reddito dei lavoratori (altrimenti irrimediabilmente compromesso), al contempo lo stesso legislatore vuole evitare indebiti arricchimenti a scapito delle finanze dello stato. E, infatti, la percezione della c.i.g. da parte del lavoratore che percepisca anche altro reddito può integrare gli estremi del reato di truffa aggravata (cfr. Cass. nn. 6753 e 11186 del 1987, Cass. n. 9773 del 2009).

10. L’istituto è, invero, preordinato, secondo quanto prescritto dall’art. 38 Cost., ad eliminare la situazione di bisogno, socialmente rilevante, in cui si vengano a trovare i lavoratori in ipotesi in cui essi perdano in tutto o in parte il lavoro. E’ in tale prospettiva che, in questa ed in altre discipline analoghe (come l’indennità di disoccupazione e l’indennità di mobilità), si collocano quelle specifiche disposizioni normative che sono dirette a fissare i limiti entro cui i beneficiari di tali forme assistenziali possano svolgere attività di lavoro produttive di reddito, al fine di non sottrarre all’intervento previdenziale la sua giustificazione sociale.

11. In questo contesto si inserisce, dunque, l’obbligo della comunicazione (o della c.d. autocertificazione) di cui del D.L. n. 86 del 1988, art. 8, comma 5: il legislatore ha previsto l’obbligo di comunicazione preventiva per evitare il cumulo delle provvidenze economiche. Nello stesso senso, l’autocertificazione prevista dalla circolari Inps per il personale di volo soggetto a periodici rinnovi delle abilitazioni, persegue lo scopo di consentire all’ente previdenziale la verifica del periodo di attività lavorativa e formativa svolta e la natura dei compensi.

12. La ratio della disposizione normativa è quella di consentire all’Inps la tempestiva verifica della compatibilità tra l’integrazione salariale e la prestazione lavorativa che il lavoratore si appresta a svolgere, ma non va sottaciuta anche l’ulteriore finalità di responsabilizzazione del percipiente, soprattutto nell’attuale momento storico che ha visto, come autorevole dottrina ha segnalato, un progressivo “aumento a pioggia” degli interventi di tipo assistenziale, con conseguente rilevante aggravio per la, finanze pubbliche.

13. La suddetta interpretazione trova conferma negli orientamenti giurisprudenziali.

13.1. Il giudice delle leggi, invero – verificando la questione di legittimità costituzionale della L. 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 118, in relazione al parametro costituzionale di cui all’art. 3 Cost., sollevata per aver trascurato, il legislatore, l’identità di condizioni tra il lavoratore disoccupato e il lavoratore in cassa integrazione guadagni straordinaria – ha precisato (Corte Cost. 5.12.2019 n. 256, che richiama, altresì, Corte Cost. 184 del 2000) che anche in caso di fruizione di trattamento straordinario di integrazione salariale “a zero ore”, il rapporto di lavoro, ancorchè sospeso nei suoi principali obblighi sinallagmatici, concernenti la prestazione lavorativa e la retribuzione, sostituita dalla prescritta indennità a carico dell’INPS, continua a produrre altri effetti ed obblighi, quali: la computabilità, ai sensi dell’art. 2120 c.c., comma 3, nella retribuzione utile ai fini della determinazione del trattamento di fine rapporto dell’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro; il riconoscimento della valenza previdenziale del periodo di sospensione dal lavoro tramite l’istituto della contribuzione figurativa, calcolata sulla base della retribuzione globale cui è riferita l’integrazione salariale; il mantenimento degli obblighi di fedeltà, correttezza e buona fede (ex plurimis, Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenze 5 marzo 2008, n. 5929 e 5 agosto 2004, n. 15129). La Corte Costituzionale ha, inoltre, evidenziato la funzione svolta dalla c.i.g.s., che presuppone la prospettiva della ripresa dell’attività lavorativa, e il mantenimento a questo fine del rapporto di lavoro.

13.2. Questa Corte (Cass. n. 6712 del 1995) ha affermato che del D.L. n. 86 del 1988, art. 8, comma 4 – letto in combinato disposto con il D.Lgs. n. 788 del 1945, art. 3, comma 2, in virtù del quale la c.i.g. non può essere ” corrisposta a quei lavoratori che durante le giornate di riduzione del lavoro si dedichino ad altre attività remunerate” – consente di affermare che il divieto di cumulo tra il beneficio della integrazione salariale e emolumenti retributivi seppur non forma oggetto di espressa statuizione, è desumibile dalla “ratio” della vigente normativa. Tale ratio tale ratio è stata più volte ribadita da pronunce di questa Corte Suprema (ex multis Cass. n. 4419 del 1993; Cass. n. 12487 del 1992; Cass. n. 3901 del 1991) nel senso del divieto di cumulo fino alla concorrenza tra le somme integrabili corrisposte dall’INPS e proventi di altre attività, in concreto espletate e remunerate, sia subordinate che autonome (con conseguente compatibilità di un rapporto di lavoro a tempo parziale con altri rapporti di lavoro parimenti a tempo parziale; cfr. altresì sul punto Cass. n. 11150 del 1992, dovendosi far riferimento alla “giornata di lavoro effettivo”).

13.3. Nello stesso senso, Cass. n. 10755 del 1990, ha precisato che dette norme debbono essere interpretate in conformità ai principi dettati dagli artt. 36 e 38 Cost. ” nel senso che lo svolgimento di attività lavorativa remunerata, sia essa subordinata od autonoma, durante il periodo di sospensione del lavoro con diritto all’integrazione salariale comporta non la perdita del diritto all’integrazione per l’intero periodo predetto ma solo una riduzione dell’integrazione medesima in proporzione ai proventi di quell’altra attività lavorativa”.

13.4. Più recentemente, Cass. n. 26520 del 2013 (nonchè Cass., n. 13577 del 2011; Cass. n. 14196 de 2010; Cass. n. 5720 del 2009; Cass. n. 4004 del 2007; Cass. n. 173 del 2006; Cass. n. 11679 del 2005; Cass. nn. 15890 e 5019 del 2004) ha ribadito l’orientamento in materia di decadenza del lavoratore dal trattamento di cassa integrazione, nel caso in cui si ometta di comunicare preventivamente all’Inps lo svolgimento di attività lavorativa, rilevando che il D.L. n. 86 del 1988, art. 8, ammette la possibilità per il lavoratore in cassa integrazione di svolgere attività di lavoro autonomo o subordinato, senza però mantenere per le giornate remunerate il diritto a tale trattamento, ma lo obbliga a comunicare preventivamente all’INPS lo svolgimento di tali attività, pena, appunto, la decadenza dal trattamento stesso.

13.5. In particolare, questa Corte – ponendo attenzione alla finalità della decadenza, ossia di consentire all’INPS la corretta gestione dell’integrazione salariale prevenendone l’indebita erogazione e favorendo i necessari controlli per ridurre l’area del lavoro nero – ha precisato: che l’obbligo di comunicazione preventiva a carico del lavoratore interessato sussiste anche se la nuova occupazione dia luogo ad un reddito compatibile con il godimento del trattamento di integrazione salariale (Cass. n. 5019, del 2004), che essa riguarda ogni attività di lavoro autonomo (oltre che subordinato), anche non riconducibile allo schema contrattuale di cui agli art. 2222 c.c. e segg. e art. 2230 c.c. e segg. (Cass. n. 11679 del 2005) e anche se svolta nell’ambito della partecipazione ad un’impresa, e ancora, più in generale, qualunque attività potenzialmente remunerativa, pur se in concreto non abbia prodotto alcun reddito e pur se l’ente previdenziale ne abbia avuto comunque tempestiva notizia da parte del nuovo datore di lavoro, o aliunde (Cass. n. 2788 del 2001).

13.6. L’ulteriore attività svolta non deve avere il carattere della “prevalenza”, in quanto tale requisito non è previsto dalla norma, con la conseguenza che va esclusa la necessità di ogni indagine giudiziale in ordine all’impegno temporale del lavoratore nell’attività svolta nei periodi di cassa integrazione, ovvero all’apporto economico di tale attività rispetto al totale dei redditi percepiti nel periodo (Cass. n. 8490 del 2003; Cass. n. 15890 del 2004), e neppure rileva che essa non sia soggetta a contribuzione (Cass. n. 2788 del 2001).

13.7. Insomma, l’ambito delle attività soggette alla comunicazione preventiva è individuato da questa Corte nel suo significato più ampio: l’attività lavorativa è intesa come insieme di condotte umane caratterizzate dall’utilizzo di cognizioni tecniche (anche se del genere più vario e della più diversa complessità), che siano obiettivamente idonee a produrre reddito. Vi rientrano, pertanto, tutte le, attività qualificabili come lavorative nel senso sopra precisato (implicanti l’impiego di una professionalità, per quanto minima, e potenzialmente redditizie), senza che assuma rilievo la forma negoziale nella quale esse siano svolte (Cass. n. 2788 del 2001, che richiama il generico riferimento della legge all’attività lavorativa, come dato sostanziale, piuttosto che al dato formale del contratto di lavoro) o la loro effettiva remunerazione, rilevandone la sola potenziale “redditività”.

14. Ebbene, così inquadrato il contesto normativo e giurisprudenziale di riferimento, nel caso di specie la Corte territoriale ha rilevato che il lavoratore ha inoltrato, a datore di lavoro e Inps, una comunicazione di attività lavorativa dopo due mesi dall’inizio dell’addestramento presso altra compagnia aerea. Ha esaminato il “contratto di addestramento e lavoro” ricevuta dal F. e consistente in un primo periodo di addestramento (al simulatore e poi in volo) ai fini del conseguimento delle abilitazioni di volo e in un successivo periodo di effettiva attività lavorativa con le funzioni di primo ufficiale; ha concluso per l’insussistenza di un comportamento antigiuridico ed illecito in quanto, in assenza di attività lavorativa, nessuna comunicazione preventiva all’Inps era dovuta; ha aggiunto che, anche considerando “periodo neutro” l’attività espletata a favore della diversa compagnia aerea, del pari nessuna comunicazione preventiva era dovuta a Inps e a datore di lavoro, pur a fronte della disposizione aziendale 16.4.2013 di comunicazione, da parte del lavoratore, di mutamento di status.

15. La sentenza impugnata non si è conformata ai principi espressi da questa Corte, che – come ampiamente riassunto – interpreta in maniera rigorosa gli obblighi informativi previsti dal D.L. n. 86 del 1988, art. 8, comma 5 e individua l’ambito delle attività soggette alla comunicazione preventiva nel suo significato più ampio quale attività lavorativa intesa come insieme di condotte umane caratterizzate dall’utilizzo di cognizioni tecniche (anche se del genere più vario e della più diversa complessità) che siano obiettivamente idonee a produrre reddito.

16. Sotto tale profilo, la Corte territoriale, ha dato atto: a) della esecuzione, da parte del lavoratore, del contratto di addestramento e lavoro sin dall’1 aprile 2014 (e non da giugno 2014); b) della riscossione di emolumenti di natura retributiva (di cui non ha approfondito le relative componenti, nonostante questa Corte abbia elaborato precisi criteri di distinzione tra retribuzione e rimborsi spese, cfr. Cass. n. 12138 del 2011 e Cass. n. 15360 del 2002, ove si precisa che quando l’erogazione di denaro è connessa all’espletamento di attività funzionale alla vera e propria prestazione essa ha natura retributiva), senza sospensione del trattamento di sostegno del reddito erogato dallo Stato italiano; c) della previsione della necessità di una comunicazione a datore di lavoro ed ente previdenziale (quantomeno in forma di autocertificazione, a sua volta sottoposta ad un preciso termine di inoltro, anche in caso di esito negativo dell’addestramento); d) della espressa previsione, nella disposizione aziendale 16.4.2013, dell’obbligo di comunicazione di cambiamenti di status. Ha, poi, però, in sostanza, ritenuto insussistente (nell’accezione di giuridicamente irrilevante) la condotta omissiva tenuta dal lavoratore, con ciò non conformandosi all’orientamento di questa Corte che rinviene la “insussistenza del fatto contestato” solamente ove lo stesso (pur materialmente sussistente) sia privo del carattere di illiceità (cfr. Cass. n. 3655 del 2019, Cass. n. 13383 del 2017, Cass. n. 20540 del 2015), restando estranea alla fattispecie la diversa questione della proporzione tra fatto sussistente e di illiceità modesta, come nel caso di specie, ove – ferma la sussistenza del fatto contestato – è stata ravvisata, per concedere la tutela reintegratoria di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4, una errata interpretazione delle circolari INPS, in ordine alla eventuale indebita percezione dell’indennità di integrazione salariale in presenza di altri redditi e ove è stato ritenuto assente l’obbligo informativo, nei confronti del datore di lavoro, sulla base di una errata nozione di attività lavorativa, quando, invece, era necessario operare, in ogni caso, anche in assenza di giusta causa, una valutazione di proporzionalità tra la sanzione ed il comportamento tenuto: accertamento che, in caso negativo, avrebbe dovuto indurre a ravvisare – se del caso – le “altre ipotesi” di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 5, come modificato dalla L. n. 92 del 2012, per le quali è prevista la tutela indennitaria forte (Cass. n. 31529 del 2019).

17. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà altresì alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà altresì alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2021

 

 

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