Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3121 del 09/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 09/02/2021, (ud. 13/10/2020, dep. 09/02/2021), n.3121

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24505/2018 proposto da:

AIR ITALY S.P.A., (già Meridiana Fly s.p.a.), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

GIULIO CESARE n. 23, presso lo studio degli avvocati CARLO BOURSIER

NIUTTA, ENRICO BOURSIER NIUTTA, ANTONIO ARMENTANO, che la

rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

C.A., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli Avvocati ANDREA BORDONE, MARZIA GIOVANNINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1344/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 12/07/2018 R.G.N. 445/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/10/2020 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato CARLO BOURSIER NIUTTA;

uditi gli Avvocati ANDREA BORDONE, MARZIA GIOVANNINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Milano, con sentenza n. 1344 depositata il 12.7.2018, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Busto Arsizio, ha ritenuto illegittimo il licenziamento per giusta causa intimato da Air Italy s.p.a. (già Meridiana Fly s.p.a.) con lettera del 21.1.2016, a C.A., istruttore di volo al simulatore, con conseguente ordine di reintegrazione nel posto di lavoro e condanna al risarcimento del danno pari a 12 mensilità della retribuzione globale di fatto;

2. La Corte di appello, ha rammentato che il lavoratore aveva ricevuto una lettera di contestazione disciplinare ove si deduceva l’omessa comunicazione tempestiva dello svolgimento di attività lavorativa regolarmente remunerata durante il periodo di fruizione dell’integrazione salariale e il cumulo di retribuzione e di somme riscosse a titolo di sostegno al reddito; ha rilevato che – essendo emerso lo svolgimento, dal febbraio 2013 all’aprile 2013 e dunque durante la cassa integrazione guadagni, di attività lavorativa remunerata (con compensi qualificabili come “allowance”, per far fronte ai costi di trasferimento in (OMISSIS)) per altra compagnia aerea (Qatar Airways) esclusivamente finalizzata al mantenimento delle licenze e abilitazioni al volo – non poteva ritenersi sorto un obbligo informativo del lavoratore nei confronti del proprio datore di lavoro, sia in quanto non era emersa la stipulazione di alcun contratto di lavoro sia in quanto – alla luce delle circolari Inps in materia (in specie n. 94 del 2011) – le fasi di addestramento strumentale su simulatore e in linea finalizzate al rinnovo delle abilitazioni in scadenza vanno ricomprese nel “periodo neutro” ai fini della interruzione della prestazione e l’eventuale mancanza della preventiva comunicazione non da luogo a decadenza dalle prestazioni; inoltre, il rapporto di lavoro, di carattere formativo, svolto con la nuova compagnia aerea era stato interrotto ad aprile 2013, non essendo stato ritenuto, il C., idoneo all’assunzione; a fronte della insussistenza di un fatto disciplinarmente rilevante, conseguiva il regime reintegratorio previsto dalla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4, apparendo sanzionabile con sanzione conservativa la residuale condotta inadempiente della mancata comunicazione a Meridiana del mutamento di status.

3. Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso affidato a tre motivi, illustrati da memoria. Il lavoratore resiste con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 2119, del D.L. n. 86 del 1988, art. 8, commi 4 e 5, convertito nella L. n. 160 del 1988 (riprodotto integralmente del D.Lgs. n. 148 del 2015, commi 2 e 3), art. 1 disp. gen., artt. 1362 e 1363 c.c., avendo, la Corte territoriale, omesso di considerare la pacifica riscossione, da parte del lavoratore, della retribuzione contemporaneamente all’indennità di sostegno al reddito, per il periodo febbraio-aprile 2013; inoltre, ha sottovalutato il comportamento del lavoratore che, posto in cassa integrazione, ha percepito – dal 1 aprile al 31 maggio 2014 – l’indennità di sostegno al reddito cumulandola con la retribuzione percepita da altro datore di lavoro, senza comunicare alcunchè, in violazione delle chiare disposizioni del D.L. n. 86, art. 8 e attribuendo valore di legge a mere circolari Inps, in spregio ai criteri dettati in materia di fonti del diritto; la Corte territoriale, fornendo una interpretazione distorta delle circolari Inps, ha ritenuto che il c.d. periodo neutro esaminato dalle suddette circolari incide sul divieto del cumulo tra integrazione salariale e altri compensi derivanti dallo svolgimento di attività remunerativa, criterio che invece è ribadito dall’Istituto previdenziale e dalle leggi in vigore. Il comportamento del lavoratore integra una grave violazione degli obblighi di legge, che ha consentito di cumulare gli interventi di sostegno al reddito con reddito percepito presso altro datore di lavoro, ed integra una giusta causa di licenziamento.

2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4, avendo, la Corte territoriale, espressamente rilevato un comportamento inadempiente del lavoratore (consistito nella mancata comunicazione a Meridiana del mutamento di status, come richiesto dalla direttiva aziendale 16.4.2013) ma avendo aggiunto che poteva ritenersi destinatario di sanzione conservativa, con ciò violando il comma 4 citato che richiede – ai fini del regime reitegratorio – la previsione espressa da parte del codice disciplinare.

3. Con il terzo motivo si deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4, avendo, la Corte territoriale, trascurato di detrarre le somme, di sicura natura retributiva, percepite dal lavoratore nel periodo febbraio 2015 – febbraio 2017, durante il quale ha svolto attività lavorativa di pilota per la compagnia aerea saudita.

4. I primi due motivi di ricorso meritano accoglimento.

5. La comparazione tra infrazione addebitata dalla compagnia aerea e sanzione espulsiva intimata richiede la preventiva disamina della normativa vigente in materia di attività svolta presso terzi durante il periodo di cassa integrazione guadagni.

6. Il D.L. n. 86 del 1988, art. 8, commi 4 e 5 (convertito in L. n. 160 del 1988) recita:

“4. Il lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento, per le giornate di lavoro effettuate.

5. Il lavoratore decade dal diritto al trattamento di integrazione salariale nel caso in cui non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla sede provinciale dell’Istituto nazionale della previdenza sociale dello svolgimento della predetta attività”.

7. E’ pacifico, poi, che le circolari non possono contenere disposizioni derogative di norme di legge, nè essere considerate alla stregua di norme regolamentari vere e proprie, essendo dotate di efficacia esclusivamente interna nell’ambito della amministrazione all’interno della quale sono emesse (Cass. n. 23032 del 2007; Cass. n. 6699 del 2014).

8. Orbene, il D.L. n. 86 del 1988, art. 8, commi 4 e 5, sancisce, dunque, il principio della parziale cumulabilità tra integrazione salariale e altre attività remunerate nel senso che lo svolgimento di attività lavorativa remunerata durante il periodo di sospensione del lavoro con diritto all’integrazione salariale comporta non la perdita del diritto all’integrazione per l’intero periodo predetto ma una riduzione dell’integrazione medesima in proporzione ai proventi dell’altra attività lavorativa, sempre che l’ente previdenziale sia informato preventivamente (ovvero, entro 30 giorni dal rinnovo/mancato rinnovo delle abilitazioni, nel caso di “periodo neutro” ossia esclusivamente devoluto all’addestramento) dell’avvio dell’attività lavorativa presso altro datore di lavoro, pena la decadenza dal diritto all’integrazione salariale.

9. Le circolari dell’ente previdenziale (n. 94 del 2011 e n. 130 del 2010), poi, in coerenza con la previsione legislativa, prevedono il divieto di cumulabilità di retribuzione e integrazione salariale, divieto che, per l’appunto, non è assoluto, essendo parametrato a “giornata di lavoro effettuata” e consentendo, quindi, l’integrazione tra le due provvidenze economiche fino alla concorrenza tra le somme integrabili corrisposte dall’Inps, sussistendo una incompatibilità assoluta solamente con riguardo a nuove attività lavorative a tempo pieno e senza prefissione di termine di durata. La espressa previsione di comunicazioni preventive è indispensabile per consentire all’Inps di verificare che l’attività di lavoro svolta sia compatibile con il perdurare della riscossione dell’integrazione salariale.

10. Nel caso della categoria peculiare del personale pilota, destinataria di specifici controlli concernenti la validità delle licenze e delle abilitazioni di volo che richiedono la periodica partecipazione a fasi di addestramento, la comunicazione preventiva è sostituita con l’autocertificazione, pur sempre necessaria per verificare la compatibilità con l’integrazione salariale sia sotto il punto di vista della durata (minima) dell’addestramento (che non trasmodi in rapporto di lavoro a tempo indeterminato) sia sotto quello della natura dei proventi ricossi. Invero, posto che l’attività vietata del D.L. n. 86 del 1988, art. 8, è quella che, fonte di proventi economici, effettivamente si sostituisce alla prestazione di lavoro sospesa, rendendo così ingiustificata la permanenza del trattamento, nel caso dell’attività resa ai fini del rinnovo delle abilitazioni di volo l’obbligo di inoltro dell’autocertificazione consente all’Inps di verificare se l’attività prestata sia stata esclusivamente finalizzata al mantenimento delle predette abilitazioni e se i compensi percepiti avevano natura retributiva.

11. La ratio delle disposizioni, sia di quelli di fonte normativa (D.L. n. 86 del 1988, art. 8, comma 4) che di quelli di mera attuazione interna all’ente previdenziale, è chiara: poichè la cassa integrazione guadagni costituisce una forma di assicurazione sociale a mezzo della quale il legislatore vuole garantire, in presenza di particolari vicende dell’impresa, un sostegno al reddito dei lavoratori (altrimenti irrimediabilmente compromesso), al contempo lo stesso legislatore vuole evitare indebiti arricchimenti a scapito delle,finanze dello Stato. E, infatti, la percezione della c.i.g. da parte del lavoratore che percepisca anche altro reddito può integrare gli estremi del reato di truffa aggravata (cfr. Cass. nn. 6753 e 11186 del 1987, Cass. n. 9773 del 2009).

12. L’istituto è, invero, preordinato, secondo quanto prescritto dall’art. 38 Cost., ad eliminare la situazione di bisogno, socialmente rilevante, in cui si vengano a trovare i lavoratori in ipotesi in cui essi perdano in tutto o in parte il lavoro. E’ in tale prospettiva che, in questa ed in altre discipline analoghe (come l’indennità di disoccupazione e l’indennità di mobilità), si collocano quelle specifiche disposizioni normative che sono dirette a fissare i limiti entro cui i beneficiari di tali forme assistenziali possano svolgere attività di lavoro produttive di reddito, al fine di non sottrarre all’intervento previdenziale la sua giustificazione sociale.

13. In questo contesto si inserisce, dunque, l’obbligo della comunicazione (o della c.d. autocertificazione) di cui del D.L. n. 86 del 1988, art. 8, comma 5: il legislatore ha previsto l’obbligo di comunicazione preventiva per evitare il cumulo delle provvidenze economiche. Nello stesso senso, l’autocertificazione prevista dalla circolari Inps per il personale di volo soggetto a periodici rinnovi delle abilitazioni, persegue lo scopo di consentire all’ente previdenziale la verifica del periodo di attività lavorativa e formativa svolta e la natura dei compensi.

14. La ratio della disposizione normativa è quella di consentire all’Inps la tempestiva verifica della compatibilità tra l’integrazione salariale e la prestazione lavorativa che il lavoratore si appresta a svolgere, ma non va sottaciuta anche l’ulteriore finalità di responsabilizzazione del percipiente, soprattutto nell’attuale momento storico che ha visto, come autorevole dottrina ha segnalato, un progressivo “aumento a pioggia” degli interventi di tipo assistenziale, con conseguente rilevante aggravio per la finanze pubbliche.

15. La suddetta interpretazione trova conferma negli orientamenti giurisprudenziali.

15.1. Il giudice delle leggi, invero – verificando la questione di legittimità costituzionale della L. 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 118, in relazione al parametro costituzionale di cui all’art. 3 Cost., sollevata per aver trascurato, il legislatore, l’identità di condizioni tra il lavoratore disoccupato e il lavoratore in cassa integrazione guadagni straordinaria – ha precisato (Corte Cost 5.12.2019 n. 256, che richiama, altresì, Corte Cost. 184 del 2000) che anche in caso di fruizione di trattamento straordinario di integrazione salariale “a zero ore”, il rapporto di lavoro, ancorchè sospeso nei suoi principali obblighi sinallagmatici, concernenti la prestazione lavorativa e la retribuzione, sostituita dalla prescritta indennità a carico dell’INPS, continua a produrre altri effetti ed obblighi, quali: la computabilità, ai sensi dell’art. 2120 c.c., comma 3, nella retribuzione utile ai fini della determinazione del trattamento di fine rapporto dell’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro; il riconoscimento della valenza previdenziale del periodo di sospensione dal lavoro tramite l’istituto della contribuzione figurativa, calcolata sulla base della retribuzione globale cui è riferita l’integrazione salariale; il mantenimento degli obblighi di fedeltà, correttezza e buona fede (ex plurimis, Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenze 5 marzo 2008, n. 5929 e 5 agosto 2004, n. 15129). La Corte Costituzionale ha, inoltre, evidenziato la funzione svolta dalla c.i.g.s., che presuppone la prospettiva della ripresa dell’attività lavorativa, e il mantenimento a questo fine del rapporto di lavoro.

15.2. Questa Corte (Cass. n. 6712 del 1995) ha affermato che del D.L. n. 86 del 1988, art. 8, comma 4 – letto in combinato disposto con il D.Lgs. n. 788 del 1945, art. 3, comma 2, in virtù del quale la c.i.g. non può essere ” corrisposta a quei lavoratori che durante le giornate di riduzione del lavoro si dedichino ad altre attività remunerate” – consente di affermare che il divieto di cumulo tra il beneficio della integrazione salariale e emolumenti retributivi seppur non forma oggetto di espressa statuizione, è desumibile dalla “ratio” della vigente normativa. Tale ratio tale ratio è stata più volte ribadita da pronunce di questa Corte Suprema (ex multis Cass. n. 4419 del 1993; Cass. n. 12487 del 1992; Cass. n. 3901 del 1991) nel senso del divieto di cumulo fino alla concorrenza tra le somme integrabili corrisposte dall’INPS e proventi di altre attività, in concreto espletate e remunerate, sia subordinate che autonome (con conseguente compatibilità di un rapporto di lavoro a tempo parziale con altri rapporti di lavoro parimenti a tempo parziale; cfr. altresì sul punto Cass. n. 11150 del 1992, dovendosi far riferimento alla “giornata di lavoro effettivo”).

15.3. Nello stesso senso, Cass. n. 10755 del 1990, ha precisato che dette norme debbono essere interpretate in conformità ai principi dettati dagli artt. 36 e 38 Cost. ” nel senso che lo svolgimento di attività lavorativa remunerata, sia essa subordinata od autonoma, durante il periodo di sospensione del lavoro con diritto all’integrazione salariale comporta non la perdita del diritto all’integrazione per l’intero periodo predetto ma solo una riduzione dell’integrazione medesima in proporzione ai proventi di quell’altra attività lavorativa”.

15.4. Più recentemente, Cass. n. 26520 del 2013 (nonchè Cass., n. 13577 del 2011; Cass. n. 14196 de 2010; Cass. n. 5720 del 2009; Cass. n. 4004 del 2007; Cass. n. 173 del 2006; Cass. n. 11679 del 2005; Cass. nn. 15890 e 5019 del 2004) ha ribadito l’orientamento in materia di decadenza del lavoratore dal trattamento di cassa integrazione, nel caso in cui si ometta di comunicare preventivamente all’Inps lo svolgimento di attività lavorativa, rilevando che il D.L. n. 86 del 1988, art. 8, ammette la possibilità per il lavoratore in cassa integrazione di svolgere attività di lavoro autonomo o subordinato, senza però mantenere per le giornate remunerate il diritto a tale trattamento, ma lo obbliga a comunicare preventivamente all’INPS lo svolgimento di tali attività, pena, appunto, la decadenza dal trattamento stesso.

15.5. In particolare, questa Corte – ponendo attenzione alla finalità della decadenza, ossia di consentire all’INPS la corretta gestione dell’integrazione salariale prevenendone l’indebita erogazione e favorendo i necessari controlli per ridurre l’area del lavoro nero – ha precisato: che l’obbligo di comunicazione preventiva a carico del lavoratore interessato sussiste anche se la nuova occupazione dia luogo ad un reddito compatibile con il godimento del trattamento di integrazione salariale (Cass. n. 5019, del 2004), che essa riguarda ogni attività di lavoro autonomo (oltre che subordinato), anche non riconducibile allo schema contrattuale di cui agli art. 2222 c.c. e segg. e artt. 2230 c.c. e segg. (Cass. n. 11679 del 2005) e anche se svolta nell’ambito della partecipazione ad un’impresa, e ancora, più in generale, qualunque attività potenzialmente remunerativa, pur se in concreto non abbia prodotto alcun reddito e pur se l’ente previdenziale ne abbia avuto comunque tempestiva notizia da parte del nuovo datore di lavoro, o aliunde (Cass. n. 2788 del 2001).

15.6. L’ulteriore attività svolta non deve avere il carattere della “prevalenza”, in quanto tale requisito non è previsto dalla norma, con la conseguenza che va esclusa la necessità di ogni indagine giudiziale in ordine all’impegno temporale del lavoratore nell’attività svolta nei periodi di cassa integrazione, ovvero all’apporto economico di tale attività rispetto al totale dei redditi percepiti nel periodo (Cass. n. 8490 del 2003; Cass. n. 15890 del 2004), e neppure rileva che essa non sia soggetta a contribuzione (Cass. n. 2788 del 2001).

15.7. Insomma, l’ambito delle attività soggette alla comunicazione preventiva è individuato da questa Corte nel suo significato più ampio: l’attività lavorativa è intesa come insieme di condotte umane caratterizzate dall’utilizzo di cognizioni tecniche (anche se del genere più vario e della più diversa complessità), che siano obiettivamente idonee a produrre reddito. Vi rientrano, pertanto, tutte le attività qualificabili come lavorative nel senso sopra precisato (implicanti l’impiego di una professionalità, per quanto minima, e potenzialmente redditizie), senza che assuma rilievo la forma negoziale nella quale esse siano svolte (Cass. n. 2788 del 2001, che richiama il generico riferimento della legge all’attività lavorativa, come dato sostanziale, piuttosto che al dato formale del contratto di lavoro) o la loro effettiva rennunerazione, rilevandone la sola potenziale “redditività”.

16. Ebbene, così inquadrato il contesto normativo e giurisprudenziale di riferimento, nel caso di specie la Corte territoriale ha rilevato che il lavoratore non aveva inoltrato, a datore di lavoro e Inps, alcuna comunicazione preventiva nè alcuna autocertificazione. Ha esaminato l’offerta di lavoro ricevuta dal C. e funzionale ad un periodo di addestramento ai fini del conseguimento di una diversa abilitazione di volo (licenzia di volo araba Qatar CAA) rispetto a quella posseduta; la Corte ha sottolineato che il pilota aveva ricevuto dei compensi in denaro, da qualificarsi come “allowance”, ossia somme corrisposte per consentire di affrontare i costi sopportati per il trasferimento in (OMISSIS); ha infine aggiunto che il C. è stato allontanato prima di aver effettuato alcuna attività di volo, non avendo superato la sessione finale al simulatore; ha concluso per l’insussistenza di un comportamento antigiuridico ed illecito in quanto, in assenza di attività lavorativa, nessuna comunicazione preventiva all’Inps era dovuta; ha aggiunto che, anche considerando “periodo neutro” l’attività espletata a favore della diversa compagnia aerea, del pari nessuna comunicazione preventiva era dovuta a Inps e a datore di lavoro, pur residuando una condotta inadempiente consistita nella mancata comunicazione al proprio datore di lavoro del mutamento di status così come richiesto dalla direttiva aziendale del 16.4.2013.

17. La sentenza impugnata, innanzitutto, contiene una evidente contraddizione logico-giuridica ove, da una parte, afferma di non ravvisare alcuna condotta antigiuridica (non sussistendo alcun obbligo di comunicazione nei confronti del datore di lavoro e dell’ente previdenziale) ma, dall’altra, aggiunge la sussistenza di una violazione degli obblighi di fedeltà ed obbedienza, concretatisi nella omessa comunicazione “di mutamento di status” richiesta dal regolamento aziendale. La conclusione, inoltre, non si confronta con il, tenore della contestazione disciplinare che ha incentrato l’addebito diciplinare (anche) sulla omessa comunicazione tempestiva dello svolgimento di attività lavorativa regolarmente remunerata.

18. La sentenza impugnata non si è conformata ai principi espressi da questa Corte, che – come ampiamente riassunto – interpreta in maniera rigorosa gli obblighi informativi previsti dal D.L. n. 86 del 1988, art. 8, comma 5 e individua l’ambito delle attività soggette alla comunicazione preventiva nel suo significato più ampio quale attività lavorativa intesa come insieme di condotte umane caratterizzate dall’utilizzo di cognizioni tecniche (anche se del genere più vario e della più diversa complessità) che siano obiettivamente idonee a produrre reddito.

19. Sotto tale profilo, la Corte territoriale, ha dato atto: a) della esecuzione, da parte del lavoratore, della proposta contrattuale di lavoro ricevuta dalla compagnia aerea del (OMISSIS) (offerta di lavoro che prevedeva un primo periodo di esclusivo addestramento, per il raggiungimento degli “standard di compagnia”, e un secondo periodo di attività lavorativa); b) della riscossione di emolumenti retributivi (di cui non ha approfondito le relative componenti, nonostante questa Corte abbia elaborato precisi criteri di distinzione tra retribuzione e rimborsi spese, cfr. Cass. n. 12138 del 2011 e Cass. n. 15360 del 2002, ove si precisa che quando l’erogazione di denaro è connessa all’espletamento di attività funzionale alla vera e propria prestazione essa ha natura retributiva), senza la sospensione degli strumenti di sostegno al reddito erogati dallo Stato italiano; c) della previsione della necessità di una comunicazione a datore di lavoro ed ente previdenziale (quantomeno in forma di autocertificazione, a sua volta sottoposta ad un preciso termine di inoltro, anche in caso di esito negativo dell’addestramento); d) della espressa previsione, nella disposizione aziendale 16.4.2013, dell’obbligo di comunicazione di cambiamenti di status. Ha, poi, però, in sostanza, ritenuto insussistente (nell’accezione di giuridicamente irrilevante) la condotta omissiva tenuta dal lavoratore, con ciò non conformandosi all’orientamento di questa Corte che rinviene la “insussistenza del fatto contestato” solamente ove lo stesso (pur materialmente sussistente) sia privo del carattere di illiceità (cfr. Cass. n. 3655 del 2019, Cass. n. 13383 del 2017, Cass. n. 20540 del 2015), restando estranea alla fattispecie la diversa questione della proporzione tra fatto sussistente e di illiceità modesta, come nel caso di specie, ove – ferma la sussistenza del fatto contestato – è stata ravvisata, per concedere la tutela reintegratoria di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4, una errata interpretazione delle circolari INPS, in ordine alla eventuale indebita percezione dell’indennità di integrazione salariale in presenza di altri redditi e ove è stato ritenuto assente l’obbligo informativo, nei confronti del datore di lavoro, sulla base di una errata nozione di attività lavorativa, quando, invece, era necessario operare, in ogni caso, anche in assenza di giusta causa, una valutazione di proporzionalità tra la sanzione ed il comportamento tenuto: accertamento che, in caso negativo, avrebbe dovuto indurre a ravvisare se del caso – le “altre ipotesi” di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 5, come modificato dalla L. n. 92 de 2012, per le quali è prevista la tutela indennitaria forte (Cass. n. 31529 del 2019).

20. Alla stregua di quanto esposto, vanno accolti i primi due motivi di ricorso, in relazione alla denunciata violazione del D.L. n. 86 del 1988, art. 8, commi 4 e 5, assorbito il terzo, in quanto concernente la materia, di eventuale approccio successivo, della quantificazione del risarcimento del danno; la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà altresì alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Milano, in diversa composizione, che provvederà altresì alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2021

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