Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31205 del 29/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 31205 Anno 2017
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: GHINOY PAOLA

ORDINANZA
sul ricorso 21390-2016 proposto da:
GOVERNATORI DARIO, elettivamente domiciliato in RONLk, VIA
COLA DI RIENZO n.52, presso lo studio dell’avvocato
EMANUELA SAVINI, rappresentato e difeso dall’avvocato CESARE
GASBARRI;

– ricorrente contro
RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., C.F.01585570581, in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROLk, L.G. FARAVELLI n.22, presso lo studio
dell’avvocato ENZO MORRICO, che lo rappresenta e difende
unitamente e disgiuntamente all’avvocato VALERIA COSENTINO;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 29/12/2017

avverso la sentenza n. 1620/2016 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositata il 17/03/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 21/11/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA GIAINOY;
rilevato che:

s.p.a. a seguito di contestazione del 1 giugno 2011 con la quale gli si
addebitava, nella qualità di capotecnico in servizio presso la stazione, di
Viterbo e quindi di pubblico ufficiale, di essersi appropriato, in
concorso con altro collega e soggetto estraneo, di traverse ferroviarie
dismesse in numerose occasioni allo scopo di venderle, realizzando la
condotta criminosa di cui agli articoli 81, 117 e 314 c.p..
2. La Corte d’appello di Roma confermava la sentenza del
Tribunale di Viterbo che aveva ritenuto la legittimità del licenziamento.
Quanto alla proposta eccezione di tardività della contestazione
disciplinare, argomentava che solo nel 2011, quando aveva ricevuto
copia del decreto di rinvio a giudizio, la società aveva potuto esaminare
gli atti del procedimento penale ed aveva potuto elevare la
contestazione. Inoltre, riteneva che non sussistesse violazione del
principio del ne bis in idem in relazione alla sanzione conservativa di
cinque giorni di sospensione inflitta nel 2007, in quanto questa aveva
avuto ad oggetto soltanto alcune irregolarità all’epoca già emerse,
mentre la prova dell’appropriazione delle traverse allo scopo di
venderle era stata conosciuta dalla società successivamente. La Corte
d’appello riteneva inoltre proporzionata la sanzione, essendo emerso
dalle intercettazioni telefoniche e dalla prova testimoniale escussa, così
come puntualmente ricostruite dal primo giudice, che l’appellante
aveva reso possibile la sottrazione di materiale, ricevendo in cambio
somme di denaro, a nulla rilevando che successivamente il reato fosse
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1. Dario Governatori veniva licenziato da Rete ferroviaria italiana

stato dichiarato estinto per prescrizione, né poteva lamentarsi la
disparità di trattamento con i colleghi correi, non sussistendo un
principio di parità di trattamento in ordine alle sanzioni da infliggere;
3. per la cassazione della sentenza Dario Governatori ha proposto
ricorso, a fondamento del quale deduce:

norme di diritto e del contratto collettivo nazionale di lavoro di
riferimento;
3.2. come secondo motivo, l’ omesso esame circa un fatto decisivo
per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti;
3.3. come terzo motivo “la violazione di norme di legge contenenti
un interesse costituzionalmente protetto”.
Sostiene che dalla corretta lettura degli atti processuali
risulterebbero: la mancanza assoluta della gravità del fatto, la mancanza
assoluta di pregiudizio per il datore di lavoro, l’assenza di qualsivoglia
valore venale delle cosiddette traverse, riconosciuta anche in sede
penale laddove il Governatori era stato assolto dal reato di peculato.
Ribadisce che la contestazione disciplinare sarebbe tardiva e sostiene
che sarebbero stati violati anche gli artt. 4 e 27 della Costituzione;
4. REI. s.p.a. ha resistito con controricorso ed ha depositato
anche memoria ex art. 380 bis comma 2 c.p.c.;
5. il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in
forma semplificata
Considerato che:
1. il ricorso è inammissibile per una serie di concorrenti ragioni.
1.1. Occorre in primo luogo rilevare che la fottnulazione dei
motivi impone di escludere che possa ritenersi soddisfatta la
prescrizione dell’art. 366, n. 4, cod.proc.civ. Questa norma, secondo la
costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte, stabilisce che i
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3.1. come primo motivo, la violazione e falsa applicazione di

motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza non possono
èssere affidati a deduzioni generali, poiché il giudizio di cassazione è a
critica vincolata, sicché la tassatività e specificità dei motivi di ricorso
esige la formulazione del vizio in modo che esso possa rientrare nelle
categorie logiche di censura enucleate dal codice di rito (per tutte, Cass.

quindi consentita l’esposizione diretta e cumulativa delle critiche che si
muovono alla sentenza, quando la sua formulazione non permetta di
cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se
necessario, l’esame separato, così rimettendo al giudice di legittimità il
compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde
ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360
cod. proc. civ., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero
utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice
di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle
lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse
(v. Cass. n. 19443 del 23/09/2011, n. 15242 del 12/09/2012, n. 9793″
del 23/04/2013, S.U, n. 9100 del 06/05/2015).
1.2. Questa è appunto la formulazione che caratterizza i motivi in
esame, considerato che, pur avendo il ricorrente indicato in epigrafe
tre separati motivi di censura, nel corpo dell’atto non chiarisce a quali
censure si riferiscano le argomentazioni cumulativamente esposte.
1.3. Inoltre, in relazione al vizio ex art. 360 n. 5 c.p.c., non si
comprende quali sarebbero i fatti storici, il cui esame sarebbe stato
omesso dalla Corte territoriale al fine di giungere alle proprie
conclusioni, né tantomeno si riporta il dato, testuale o extratestuale, da
cui essi risulterebbero esistenti, in violazione dei principi affermati da
Cass. S.0 07/04/2014, n. 8053 e 8054 nell’esegesi dell’art. 360 c.p.c., n.
5. In sostanza, il ricorrente accorpa una serie di critiche alla
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n. 10420 del 18/05/2005, Cass. S.U, n. 17931 del 24/07/2013). Non è

valutazione di merito, non ancorata ai requisiti logici e formali
prescritti dalla legge, chiedendo in sostanza una rivalutazione del
complessivo materiale probatorio.
1.4. Infine, pur lamentando l’asserita – violazione di norme di
diritto e del contratto collettivo, omette di indicare quali norme di

contratto collettivo che intende valorizzare, né le allega agli atti;
1.5. richiama poi gli artt. 4 e 27 della Costituzione, ma, piuttosto
che chiarire quale sarebbe l’errore di diritto compiuto dalla Corte,
sostiene che solo la propria lettura delle risultanze di causa sarebbe
aderente ai precetti costituzionali, sicché ripropone in sostanza un
vizio logico della motivazione (v. in tal senso Cass. n. 8315 del
04/04/2013);
2. pertanto il Collegio, condividendo la proposta del relatore,
notificata alle parti ex art. 380 bis comma 2 c.p.c., all’esito della quale la
difesa della parte ricorrente non ha formulato memorie critiche, ritiene
che il ricorso risulti inammissibile ex art. 375 comma i n. 1 c.p.c., e
debba in tal senso essere deciso con ordinanza in camera di consiglio;
3.

la regolamentazione delle spese processuali segue la

soccombenza;
4. sussistono i presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n.
115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n.
228.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in C

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legge siano state violate , né riporta o allega le disposizioni del

3.000,00 per compensi, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso spese
generali nella.misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a

13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21.11.2017
Adriana Doronzo, Presidente

quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.

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