Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31202 del 28/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 28/11/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 28/11/2019), n.31202

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15425-2018 proposto da:

A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MAIORANA, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS) COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ROMA, in persona

del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 24/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 08/10/2019 dal Presidente Relatore Dott. DI VIRGILIO

ROSA MARIA.

La Corte:

Fatto

RILEVATO

che:

Con decreto del 24/4/2018, il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso proposto da A.F., cittadino della Nigeria, avverso il rigetto, da parte della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma, delle forme di protezione richieste.

Il Tribunale ha ritenuto che le ragioni addotte dal ricorrente (la parte aveva dichiarato di essere originario della zona del Delta State, di essere orfano dei genitori, di avere lavorato come contadino; di essere fuggito dal proprio paese a gennaio 2016, dato che, giocando a pallone, aveva involontariamente colpito un altro ragazzo, che era morto a seguito di questo incidente, ed i parenti di questi erano venuti a cercare l’ A. armati di bastoni; di essere andato in Libia per cercare lavoro e, dopo essere stato rilasciato dagli Asma Boys che lo avevano sequestrato, aveva lavorato per un libico, sino a quando non si era imbarcato per l’Italia) non presentano alcuna connessione con il rischio effettivo di persecuzione per ragioni politiche, religiose, razziali o di appartenenza ad un determinato gruppo sociale, da cui la reiezione della domanda di protezione internazionale, anche nella forma della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 14, secondo le lett. a), b), e c), viste le informazioni più recenti sulla Nigeria, che danno conto di una situazione molto grave nel Nord-est, con l’epicentro delle violenze di Boko Haram nello stato del Borno, ma non in tutto il Paese, nonchè la reiezione della domanda di protezione umanitaria, non essendo state fatte valere ragioni di particolare vulnerabilità nè dedotta alcuna integrazione specifica in Italia.

Ricorre A.F. sulla base di due motivi.

Si difende il Ministero con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Col primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14; sostiene che il Tribunale, pur riconoscendo i rischi attuali in Nigeria, ha respinto la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria, da riconoscersi in relazione al cd. rischio paese, le cui condizioni devono essere analizzate secondo quanto riportato dal sito di Amnesty International.

Col secondo mezzo, il ricorrente si duole del mancato riconoscimento della protezione umanitaria; fa valere la Convenzione di Ginevra del 1951, la CEDU, le Convenzioni internazionali che vincolano lo Stato italiano, la Carta costituzionale, da cui l’ampia interpretazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Il primo motivo presenta profili di inammissibilità.

Il Tribunale ha respinto la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria, considerata la narrazione del ricorrente e quindi i motivi che lo avevano indotto a lasciare la Nigeria, motivi che inducono ad escludere che col ritorno nello Stato di provenienza la parte possa subire torture o danni gravi ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); il Giudice del merito ha altresì valutato il rischio-paese, evidenziando come dalle fonti più recenti, puntualmente citate, risulti una grave situazione di violenza dovuta a Boko Haram nello Stato del Borno, ma non anche nelle altre zone del Paese e quindi, nello Stato di provenienza dell’ A..

Di contro a detta argomentata conclusione, il ricorrente contrappone un estratto del sito di Amnesty International, di cui non indica neppure la data di riferimento nè la specifica zona della Nigeria di interesse (ed in cui si fa riferimento al gruppo Boko Haram, che, come sopra detto, secondo le fonti ufficiali indicate dal Tribunale è attivo nella zona nord-est della Nigeria, e non nelle altre), sostanzialmente intendendo del tutto genericamente contestare la valutazione di merito condotta dal Tribunale, senza invero neppure confrontarsi con la specifica valutazione della zona di provenienza.

Il secondo motivo è inammissibile, dato che è articolato in modo del tutto astratto, limitandosi a ribadire il supposto livello di insicurezza generale nella Nigeria e la scarsità di terra da coltivare ed acqua.

Conclusivamente, va dichiarato inammissibile il ricorso; le spese del grado seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2100,00 per compenso, oltre le spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2019

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