Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 312 del 13/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 13/01/2021, (ud. 25/11/2020, dep. 13/01/2021), n.312

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5602-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 6582/26/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 05/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

 

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con avviso di accertamento n. (OMISSIS), l’Agenzia delle entrate accertò per l’anno di imposta 2008 a carico della società P. & Figli s.r.l. in liquidazione un maggior reddito di impresa di Euro 73.000,00, determinando una maggiore imposta IRES di Euro 20.075,00 ed una maggiore IRAP per Euro 3.519,00 oltre interessi e sanzioni.

P.G. impugnò detto avviso di accertamento, in proprio e quale ex socio della cessata società davanti alla CTP di Napoli. A sostegno del ricorso il contribuente dedusse il difetto di motivazione dell’avviso, l’omesso invito al contraddittorio, l’illegittimità della notifica al socio dell’estinta società, la violazione dell’art. 2495 c.c. e, infine, la nullità dell’accertamento per prescrizione della pretesa erariale.

La CTP dichiarò il ricorso inammissibile per tardività sul presupposto che lo stesso fosse stato notificato oltre il termine di 60 giorni dall’avviso di accertamento impugnato.

Il P. impugnò la sentenza di primo grado davanti alla CTR Campania, deducendo l’erroneità del calcolo del termine per la proposizione del ricorso operato dalla CTP di Napoli e riproponendo i motivi di ricorso sollevati in primo grado.

La CTR Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, innanzitutto, censurò la sentenza di primo grado in quanto la CTP aveva errato nel calcolare il termine per la proposizione del ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento, essendo stato questo proposto entro il termine di 60 giorni dalla notifica dell’avviso da parte dell’Agenzia delle entrate.

Nel merito poi la CTR, accolse l’appello del contribuente dichiarando l’illegittimità dell’avviso di accertamento, ritenendo che l’Agenzia dell’entrate non aveva provato l’effettiva percezione delle somme da parte del socio in base al bilancio finale di liquidazione della società.

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso in cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe, affidato a tre motivi. La parte intimata non si è costituita.

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2495 e 2697 c.c. e D.P.R. n. 602 del 1972, art. 36. La CTR avrebbe errato nel ritenere necessaria la prova dell’effettiva percezione delle somme da parte dei soci in base al bilancio finale di liquidazione della società.

Con il secondo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2495 e 2697 c.c. e D.P.R. n. 602 del 1972, art. 36. La CTR avrebbe errato nel ritenere che sull’Agenzia delle entrate gravasse l’onere di provare l’effettiva percezione delle somme da parte dei soci in base al bilancio finale di liquidazione della società.

Con il terzo motivo il ricorrente si duole dell’omesso esame di fatti esposti nel processo dai quali emergerebbe l’attribuzione all’odierno resistente della responsabilità per l’omesso versamento delle imposte gravanti sulla società.

I primi due motivi, che meritano un esame congiunto, sono entrambi fondati, mentre il terzo motivo è assorbito.

Giova considerare che questa Corte ha già avuto modo di affermare che in tema di contenzioso tributario, qualora l’estinzione della società di capitali, all’esito della cancellazione dal registro delle imprese, intervenga in pendenza del giudizio di cui la stessa sia parte, l’impugnazione della sentenza resa nei riguardi della società deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci succeduti alla società estinta in quanto il limite di responsabilità degli stessi di cui all’art. 2495 c.c. non incide sulla loro legittimazione processuale ma, al più, sull’interesse ad agire dei creditori sociali, interesse che, tuttavia, non è di per sè escluso dalla circostanza che i soci non abbiano partecipato utilmente alla ripartizione finale, potendo, ad esempio, sussistere beni e diritti che, sebbene non ricompresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, si sono trasferiti ai soci. (cfr. Cass. n. 9094 del 2017, Cass. 15035 del 16/06/2017, Cass.n. 897/2019).

Tale indirizzo deve ritenersi ormai ben consolidato rispetto a quanto diversamente espresso da questa Corte (Cass., ord. 23 novembre 2016, n. 23916 e, in precedenza, Cass. 26 giugno 2015, n. 13259; Cass. 31 gennaio 2017, n. 2444).

Orbene, la sentenza impugnata non ha fatto corretto uso dei principi giurisprudenziali espressi da questa Corte, laddove ha sostenuto che “non risultando nella specie provato da parte dell’A. F. secondo il normale riparto dell’onere della prova l’effettiva percezione delle somme da parte dei soci in base al bilancio finale di liquidazione della società, l’accertamento oggetto del contendere è illegittimo”.

Siffatte conclusioni, infatti, tralasciano di considerare che l’effettiva ripartizione ai soci delle somme in base al bilancio finale di liquidazione della società non incide sulla loro legittimazione, giacchè non configura una condizione da cui dipende la possibilità di proseguire nei loro confronti l’azione, nè ha valore ai fini dell’interesse ad agire del Fisco creditore.

Pertanto, in accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR Campania anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Campania anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021

 

 

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