Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31196 del 29/12/2017


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 31196 Anno 2017
Presidente: DOGLIOTTI MASSIMO
Relatore: MARULLI MARCO

sul ricorso 9416/2013 proposto da:

e ,C

Banco Popolare Soc. Coop., in proprio e nella qualità di successore a
titolo universale di Banca Popolare di Verona San Geminiano e San
Prospero S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in Roma, Via Tommaso Salvini n.55,
presso l’avvocato D’Errico Carlo, rappresentato e difeso dall’avvocato
Mercanti Giuseppe, giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente contro

Pirola Marco, Del Fabbro Roberta, domiciliati in Roma, Piazza Cavour
presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentati e

a.

Data pubblicazione: 29/12/2017

f.

difesi dall’avvocato Marika Bagnato, giusta procura in calce al
controricorso;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 560/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
30/05/2017 dal cons. MARULLI MARCO.
FATTI DI CAUSA
1. Con il ricorso in atti il Banco Popolare soc. coop. impugna – sulla
base di nove motivi di ricorso, articolati su plurime censure l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Milano,
respingendone il gravame, ha confermato la decisione del Tribunale
di Monza che, in accoglimento della domanda di Roberta del Fabbro
e Marco Pirola, aveva dichiarato la risoluzione dei contratti di
compravendita da essi conclusi per l’acquisto di bonds argentini ed
aveva condannato la banca alla restituzione delle somme incamerate
a titolo di corrispettivo.
Nella specie il giudice d’appello, dato previamente atto della
sussistenza dell’interesse ad agire in capo agli attori e del fatto che
non si era prodotta nei loro confronti alcuna decadenza per effetto
della mancata contestazione degli estratti conto ed escluso altresì
che, nella mancata adesione degli attori all’offerta di scambio
proposta dalla Repubblica Argentina / fosse configurabile una colpa
concorrente dei medesimi, ha, tra l’altro, motivato il rigetto del
proposto atto di gravame sull’assunto che la violazione degli obblighi
informativi gravanti sull’intermediario riguarda anche le singole
operazioni di investimento – onde rettamente ne può essere
pronunciata la risoluzione – e che la restituzione dei corrispettivi di

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depositata il 14/02/2012;

vendita a cui la banca era stata condannata in primo grado era
diretta conseguenza dell’accoglimento dell’azione risolutoria.
2. Al proposto ricorso resistono gli intimati con controricorso, cui
replica il ricorrente con memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ.

RAGIONI DELLA DECISIONE

la denuncia di un errore di diritto e di un vizio motivazionale, la
banca ricorrente lamenta che erroneamente il giudice del gravame
abbia pronunciato la risoluzione degli ordini di acquisto relativi ai
titoli argentini, malgrado, trattandosi di atti di mera esecuzione del
contratto quadro, l’unilateralità degli stessi ne impedisse la
risoluzione, che in ogni caso non avrebbe potuto essere motivata con
il mero richiamo alle pronunce delle SS.UU. in materia.
3.2. Il motivo in entrambe le declinate articolazioni non ha
fondamento.
L’allegazione in diritto è per vero frutto di un’equivoca
interpretazione del deliberato d’appello – e, prim’ancora di quello di
primo grado – atteso che né il primo giudice, né il secondo hanno
infatti dichiarato, come erroneamente assunto dal deducente, la
risoluzione degli ordini di acquisto afferenti ai titoli travolti dal
default dell’emittente – che, effettivamente in quanto atti esecutivi
del contratto di intermediazione finanziaria, riconducibile allo schema
del mandato, hanno natura di atti unilaterali assimilabili alle
istruzioni che il mandante impartisce al mandatario per l’esecuzione
del mandato a mente dell’art. 1711, comma 2, cod. civ. e ricadono,
quando non siano privi di contenuto negoziale. sotto il vigore dell’art.
1324 (Cass., Sez. I, 29/02/2016, n. 3950) – ma la risoluzione delle
diverse e successive operazioni di investimento, vale a dire dei
contratti di compravendita che la banca ha stipulato per loro conto in
esecuzione degli ordini ricevuti, onde se l’inadempimento riguardo ad
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arulli

3.1. Con il primo motivo di ricorso, che associa nella sua illustrazione

essi degli obblighi informativi gravanti sull’intermediario risulti di
importanza tale da giustificare l’azione di risoluzione, come già
sancito dalla giurisprudenza di questa Corte a SS.UU. nelle note
sentenze nn. 26724 e 26725 del 19/12/2007, la decisione di merito
che sul punto si conformi alla domanda e spieghi le ragioni del

denunciati e si sottrae perciò all’invocata cassazione.
4.1. Con il secondo motivo del proprio ricorso, declinante anch’esso
una pluralità di doglianze, la banca lamenta che il giudice d’appello
non avrebbe pronunciato sullo specifico motivo di gravame con cui
essa aveva censurato la decisione di primo grado per averne
disposto la condanna al risarcimento del danno in favore degli attori
pur in difetto di prova del pregiudizio da loro subito, avrebbe
ritenuto, confermando il deliberato di prima istanza, il danno
sussistente malgrado la denunciata carenza probatoria ed avrebbe
omesso nella specie di motivare in maniera adeguata il mancato
riconoscimento del concorso di colpa degli attori.
4.2. Tutte le formulate doglianze sono infondate e vanno dunque
respinte.
Infondato deve, per vero, ritenersi il vizio di omessa pronuncia
poiché, premesso che il vizio di omessa pronuncia, che determina la
nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ed è
rilevante ai fini di cui all’art. 360, n. 4 stesso codice, si configura
esclusivamente con riferimento a domande, eccezioni o assunti che
richiedano una statuizione di accoglimento o di rigetto (Cass., Sez.
U, 18/12/2001, n. 15982), nella specie il giudice d’appello ha
tutt’altro che omesso di pronunciarsi riguardo al motivo sottopostogli
con l’atto di appello, ma lo ha disatteso ravvisandone l’inconferenza
rispetto a quanto deciso dal giudice di primo grado («l’impostazione
della censura svolta dall’appellante sotto il profilo qui in esame non
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proprio convincimento richiamandosi alle SS.UU. non incorre nei vizi

appare dunque conferente al deciso», pag. 16), avendo questi
respinto, «l’ulteriore domanda degli attori di risarcimento del danno
per mancato guadagno». Con il che resta assorbita la seconda
censura.
Parimenti insussistente deve giudicarsi il denunciato vizio

affetta da un insufficiente approfondimento delle ragioni della
decisione allorché dal compendio giustificativo che accompagna la
decisione sia evincibile un’obiettiva carenza nell’iter logicoargomentativo che ha condotto il giudice alla sua adozione – di cui
non è affatto indice la laconicità del corredo espositivo – nella specie
la statuizione impugnata è immeritevole del formulato rilievo,
trovando l’allegazione appellante precisa e definitiva replica nella
circostanza che l’adesione all’OPS non era obbligatoria.
5.1. Con il terzo motivo la banca censura l’impugnato deliberato per
l’errore compiuto nel ritenere provata, con motivazione peraltro pure
insufficiente, la dichiarata inosservanza da parte sua degli obblighi
informativi imposti dalla legislazione di settore a carico
dell’intermediario, e ciò malgrado l’offering circulars indicate a
conforto di ciò non si riferissero alle emissione oggetto della
contestazione attorea.
4.2. Il motivo è doppiamente inammissibile in quanto esso, da un
lato, limitandosi a reiterare gli argomenti già sviluppati nel corso del
giudizio di primo grado e nel corso del giudizio d’appello, omette di
confrontarsi con le ragioni della sentenza qui impugnata, sicché non
soddisfa quell’onere di specificità imposto ai motivi di ricorso dall’art.
366, comma 1, n. 4 cod. proc. civ.; dall’altro si risolve nel sollecitare
un rinnovato apprezzamento delle circostanze di fatto, notoriamente
estraneo ai compiti che l’ordinamento affida al giudice di legittimità.

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lli

motivazionale, poiché, una volta ricordato che la motivazione è

6.1. Il quarto motivo del ricorso impugna la statuizione con cui il
giudice territoriale ha ritenuto di confermare il deliberato del primo
giudice in ordine alla denegata ammissibilità della prova testimoniale
capitolata dalla banca.
5.2. Il motivo è anche esso affetto da una duplice ragione di

Va invero rammentato, da un lato, che il giudizio circa l’ammissibilita
e la rilevanza della prova testimoniale nei suoi elementi costitutivi,
legittimanti l’idoneità probatoria di particolari fatti e circostanze in
relazione alla specificità ed influenza dei capitoli articolati, costituisce
apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito e sottratto al
controllo di legittimità, quando sia sorretto da motivazione immune
da vizi logici e giuridici (Cass., Sez. H, 16/10/1974, n. 2879);
dall’altro che la denuncia in sede di legittimità della mancata
ammissione di una prova testimoniale da parte del giudice di merito
onera il ricorrente di indicare specificamente le circostanze che
formavano oggetto della prova, al fine di consentire al giudice di
legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi,
delle prove stesse che, per il principio di autosufficienza del ricorso,
la Corte di cassazione dev’essere in grado di compiere solo sulla
base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è
consentito sopperire con indagini integrative (Cass., Sez. U,
22/12/2011, n. 28336).
7.1. Con il quinto motivo di ricorso la banca si duole del fatto che il
giudice d’appello, peraltro incorrendo pure in un vizio di omessa
motivazione, abbia ritenuto di affermarne l’inadempimento riguardo
agli obblighi informativi su di essa gravanti, malgrado non fosse
configurabile a suo carico nessun obbligo di prendere conoscenza dei
contenuti dell’offering circulars relative alle emissioni oggetto di
investimento.
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inammissibilità.

7.2. Il motivo è infondato sotto entrambi i profili allegati.
Premesso, invero, che secondo l’orientamento di questa Corte nei
contratti d’intermediazione finanziaria, l’assolvimento degli obblighi
informativi posto a carico dell’intermediario non può esaurirsi nella
indicazione contrattuale del massimo rischio contrattualmente

l’investitore non professionale, di assumere autonomamente ed
aliunde tali informazioni, avendo invece ad oggetto una condotta
positiva, diretta specificamente a fornire le informazioni idonee a
descrivere la natura, la quantità e la qualità dei prodotti finanziari ed
a rappresentarne la rischiosità (Cass., Sez. I, 21/04/2016, n. 8089),
va qui ribadito, nell’ovvia prospettiva di dare forza e contenuto alle
ragioni che l’ordinamento pone a tutela della figura di un investitore
mediamente avveduto, il principio che l’assolvimento degli obblighi
di diligenza, correttezza e trasparenza nella negoziazione di titoli ex
art. 21, comma I, lett. a) e b), del d.lgs. n. 58 del 1998, così come
puntualizzati negli artt. 26 e 28 del Regolamento Consob n. 11522
del 1998, «impone all’intermediario sia di attivarsi per ottenere una
conoscenza preventiva adeguata del prodotto finanziario alla luce di
tutti i dati disponibili che ne possano influenzare la valutazione
effettiva della rischiosità (quali la solvibilità dell’emittente, il
contenuto del prospetto informativo specifico destinato agli
investitori istituzionali, le caratteristiche del mercato ove il prodotto
è collocato), senza che si possa giustificare il

deficit

delle

informazioni da lui assunte sulla base della dimensione locale di esso
e della non partecipazione diretta alla vendita dei titoli, sia di fornire
un’informazione sulle caratteristiche del prodotto concreta e
specifica» (Cass., Sez. I, 3/04/2017, n. 8619). Onde non sussiste
l’allegata violazione di legge né tantomeno il denunciato vizio
motivazionale.

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previsto, né fondarsi sull’astratta valutazione della possibilità, per

8.1. Il sesto motivo di ricorso allega un vizio omessa e/o insufficiente
motivazione «su tutta una serie di fatti controversi e decisivi per il
giudizio», mentre il settimo motivo deduce parimenti l’analogo vizio
con riferimento all’affermata violazione degli obblighi in materia di
adeguatezza delle operazioni, affermazione che risulterebbe

argomentativamente desunto al riguardo dalla presenza nel
portafoglio degli attori di obbligazioni Medcenter e Bayer-Hip, di cui
si sarebbe divisata l’affidabilità senza alcun riscontro documentale.
7.2. Entrambi i motivi, laddove attingono ai profili motivazionali della
decisione – in quanto la censura in diritto non è sindacabile
appuntandosi su un profilo argomentativo privo di valenza decisoria sono inammissibili in quanto intesi a censurare il giudizio di fatto
esperito dal giudice di merito e a sollecitarne una rivisitazione da
parte di questa Corte forzando i limiti che l’ordinamento fissa al
giudizio di legittimità.
La loro introduzione muove in ogni caso da una premessa errata in
quanto mostra di trascurare che spetta in via esclusiva al giudice di
merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di
assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la
concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo,
quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei
fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei
mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche
attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova. E nel
declinare il catalogo delle risultanze istruttorie che il giudice di
merito non avrebbe adeguatamente compulsato urta contro il
fondamentale postulato che, non introducendo il ricorso per
cassazione un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la
mera ingiustizia della sentenza impugnata (Cass., Sez. U,
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censurabile in diritto anche in relazione a quanto

29/03/2013, n. 7931), il controllo che la Corte è chiamata ad
esercitare in veste di giudice di legittimità non consente alla parte di
censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali
contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo – come
appunto qui – a quella ivi compiuta dal giudice di merito una propria

revisione nell’auspicio che la “rilettura” di esse possa comportarne
una definizione di maggior soddisfazione per il ricorrente.
9.1. L’ottavo motivo di ricorso fa leva sul vizio motivazionale che
inficerebbe a giudizio del deducente la statuizione in ordine
all’esperibilità della dispiegata tutela giudiziaria a fronte di un
pregiudizio che, per l’attivazione di rimedi alternativi (OPS della
Repubblica Argentina, ICSID e T.A.F.), non poteva ancora
considerarsi certo all’atto della sua introduzione, con conseguente
difetto in capo agli attori dell’interesse ad agire.
9.2. Il motivo è infondato.
Non ricorre per vero nella specie il vizio in questione, giacché la
motivazione con la quale la Corte d’Appello ha ritenuto che la
domanda non fosse soggetta a preclusioni di principio soddisfa
compiutamente, in piena ed adesiva coerenza con gli elementi
istruttori assunti, il relativo ufficio, né rileva in contrario la specifica
lagnanza qui rappresentata avendo il giudicante ravvisato la
sussistenza dell’interesse ad agire degli attori in ragione del fatto che
il rimedio in questione «non possa costituire ostacolo all’accesso
dell’investitore alla tutela primaria in sede giudiziale, né ritenersi
possa in alcun modo condizionarlo».
10.1. Con il nono motivo di ricorso la banca lamenta un vizio di
omessa motivazione circa la denegata decadenza degli attori dal
diritto previsto dall’art. 1832, comma 1, cod. civ., posto che il ,
giudice d’appello, nel pronunciarsi nei riferiti termini e nel ritenete
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diversa interpretazione dei fatti di causa al fine di ottenerne la

perciò procedibile la domanda attorea, si sarebbe erroneamente
richiamato al consolidato principio dell’oppugnabilità incondizionata
delle annotazioni iscritte nell’estratto conto in relazione ai vizi
genetici delle sottostanti operazioni, sebbene nella specie non ne
sussistessero i presupposti.

all’impugnante.
Quantunque esso si radichi sull’affermazione che il giudice d’appello,
mutuando il deliberato di prima istanza, abbia inteso reiterare in
ordine alla limitazione della decadenza prevista dall’art. 1832 cod.
civ. riguardo al solo profilo contabile delle registrazioni, la
contestazione sollevata con il motivo investe il piano della validità e
dell’efficacia dei rapporti, sicché, quand’anche fosse sostenibile che,
non afferendo le doglianze attoree a detto piano, gli attori sarebbero
decaduti dal diritto di impugnazione, la decadenza produrrebbe i suoi
effetti nei limiti del solo profilo contabile delle annotazioni, ma non
sarebbe possibile estenderne l’efficacia oltre questo ambito, non
sarebbe in particolare possibile invocarne l’efficacia con riguardo al
diverso piano su cui gli attori fanno valere le loro lagnanze,
escludendo cioè che essi possano far valerpin relazione a rapporti
indubbiamente validi ed efficaci ragioni che attengono alla violazione
degli obblighi comportamentali gravanti sugli intermediari. E,
dunque, la banca non ha alcun interesse sostanziale che possa
legittimare la proposizione di una censura che, in disparte dalla sua
condivisibilità, non determinerebbe comunque l’esclusione della sua
responsabilità per la loro violazione e l’esposizione alla conseguente
azione risolutoria promossa dagli investitori.
11. Conclusivamente il ricorso va, dunque, respinto.
12. Segue a ciò la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
del presente giudizio che si liquidano come da dispositivo.
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10.2. Il motivo è inammissibile per difetto di interesse in capo

Ricorrono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13, comma 1quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio che liquida in euro 7200,00, di cui euro

legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1 quater d.P.R. 30 maggio 2002, n.

115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte
della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso.
Il Presidente
Il Funzionario GiudizIi
Dott.ssa Fabrizio BAR

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Dott ,f Massimo Ealiotti

200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di

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