Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31194 del 28/11/2019

Cassazione civile sez. II, 28/11/2019, (ud. 20/09/2019, dep. 28/11/2019), n.31194

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26344/2015 proposto da:

SAPORI DI NORCIA SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VITTORIO

VENETO 108, presso lo studio dell’avvocato SERGIO COCCIA, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FINAF SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA GIULIANA n.

44, presso lo studio dell’avvocato PIERFRANCESCO TORRE, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RAFFAELLO GIOIOSO;

– controricorrente –

e contro

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO SPA, elettivamente domiciliata in PERUGIA,

PIAZZA IV NOVEMBRE N. 36, presso lo studio dell’avvocato GRAZIELLA

TOSSI BRUTTI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 460/2015 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 31/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/09/2019 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi gli avvocati SERGIO COCCIA, LO BIANCO MICHELE E PIERFRANCESCO

TORRE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Spoleto accoglieva l’opposizione a decreto ingiuntivo con il quale B.N.L. e Affin S.p.A. erano state condannate al pagamento del prezzo di una fornitura di lenticchie e funghi secchi effettuata da Natura Distribuzione Srl in favore di una ditta terza.

La vicenda traeva origine da una comunicazione che nel corso dell’anno 2002 Natura Distribuzione aveva ricevuto dalla Bnl con l’invito a presentare un preventivo per la fornitura di lenticchie da utilizzare per la confezione di pacchi dono in occasione del Natale, a imprese diverse dalla Bnl che avrebbero provveduto all’acquisto sotto la “formale garanzia” della banca.

Successivamente la Affin S.p.A. comunicava di aver conferito formale incarico ad una ditta terza per la confezione di 8500 pacchi dono nei quali andavano inclusi prodotti della Natura Distribuzione ai prezzi trattati con la direzione acquisti del gruppo Bnl. Natura distribuzione effettuava la fornitura richiesta in favore della ditta terza che provvedeva al pagamento di soli Euro 20.000 a fronte di un credito di oltre Euro 60.000.

1.2 Il Tribunale accoglieva le opposizioni, rilevando, quanto alla posizione della Bnl, la genericità dell’oggetto della garanzia e, quanto alla posizione della società Affin, che la sua missiva era di conferma al mandato conferito alla ditta terza a formalizzare la proposta d’acquisto e a provvedere al pagamento.

2. Natura distribuzione proponeva appello avverso la suddetta sentenza, si costituivano Bnl e Affin.

3. La Corte d’Appello rigettava il gravame.

3.1 In particolare, in merito alla posizione della Bnl, rilevava che la fideiussione per un debito futuro richiede, ai fini della propria validità ex art. 1938 c.c., l’indicazione dell’importo massimo garantito e, tale indicazione nella missiva della Bnl mancava del tutto. Inoltre, le successive comunicazioni di natura distribuzione non supplivano a tale carenza, posto che la fideiussione richiede una dichiarazione di volontà espressa ex art. 1937 c.c., di talchè il silenzio seguito alle suddette comunicazioni inviate da natura distribuzione con l’indicazione del costo dei prodotti non poteva valere a configurare alcun assenso della Bnl.

3.2 Con riferimento alla posizione della società Affin, la Corte d’Appello, rilevava che la mandataria senza rappresentanza assume i diritti e gli obblighi che scaturiscono dall’esecuzione del mandato, anche se i terzi sono a conoscenza dell’esistenza del mandato, quanto alla spendita del nome e alla configurabilità dell’esercizio di un potere di rappresentanza era evidente che il riferimento al gruppo A. contenuto nella missiva del 2 settembre 2002, non equivaleva alla spendita del nome della Affin S.p.A., e ciò indipendentemente dal contesto della missiva o dal significato della frase in cui il gruppo A. era citato.

3.3 Infine la Corte d’Appello disponeva la restituzione delle somme pagate in esecuzione del decreto ingiuntivo in accoglimento delle richieste avanzate dalla Bnl e dalla Affin.

4. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società Sapori di Norcia già Natura Distribuzione Srl sulla base di sei motivi di ricorso.

5. Hanno resistito con controricorso la Finaf s.p.a. incorporante la Affin S.p.A. e la Banca Nazionale del Lavoro S.p.A..

6. Con memoria depositata in prossimità dell’udienza la ricorrente ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione ed errata applicazione dell’art. 343 c.p.c., nonchè dell’art. 324 c.p.c..

La Corte d’Appello ha condannato l’appellante a restituire quanto versato in esecuzione del decreto ingiuntivo ad entrambe le società appellate, tuttavia, solo la Banca Nazionale del Lavoro aveva proposto appello incidentale sul punto.

Il Tribunale, infatti, aveva rigettato ogni altra domanda compresa quella di restituzione delle somme avanzata dalla Affin che, essendo soccombente sul punto, avrebbe dovuto proporre appello incidentale, a pena di decadenza, con la comparsa di risposta da depositare almeno 20 giorni prima dell’udienza di comparizione ex art. 166 c.p.c., secondo quanto previsto dall’art. 343 c.p.c..

La Affin invece si era costituita con comparsa alla prima udienza del 15 novembre 2012 anzichè nei 20 giorni prima previsti a pena di decadenza e, dunque, la sua istanza di restituzione di quanto pagato, era inammissibile in quanto tardiva. Tale inammissibilità doveva essere rilevata d’ufficio dalla Corte d’Appello anche perchè la questione era coperta dal giudicato, venendosi altrimenti a ledere il principio del ne bis in idem.

1.2 Il motivo è infondato.

La richiesta di restituzione delle somme corrisposte in virtù della provvisoria esecuzione concessa ad un decreto ingiuntivo opposto ovvero in esecuzione della sentenza di primo grado fatta oggetto di appello (e provvisoriamente esecutiva “ex lege”), essendo conseguente alla richiesta di modifica della decisione impugnata, oltre che conforme al principio di economia dei giudizi, non altera i termini della controversia e, perciò, è ammissibile in appello, non costituendo domanda nuova (Sez. 2, Sent. n. 12622 del 2010).

In proposito è sufficiente richiamare il seguente principio di diritto cui il collegio intende dare continuità: “Nel giudizio di appello, non soltanto la richiesta di restituzione delle somme pagate alla controparte in esecuzione della sentenza di primo grado non configura una domanda nuova – essendo conseguente alla richiesta di modifica della decisione impugnata – e può dunque essere proposta per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni, ma detta restituzione può, altresì, essere disposta di ufficio dal giudice, atteso che l’art. 336 c.p.c. (nel testo novellato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 38), secondo cui la riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti ed agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata, comporta che a seguito della sentenza di riforma vengono meno immediatamente – al fine di scoraggiare successive impugnazioni proposte a scopo dilatorio – sia l’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, sia l’efficacia degli atti o provvedimenti di esecuzione spontanea o coattiva della stessa, conseguentemente rimasti privi di qualsiasi giustificazione, con la ulteriore conseguenza che il giudice di appello ha il potere di adottare direttamente i provvedimenti capaci di ripristinare la situazione precedente, non diversamente da quanto accade nella situazione disciplinata dall’art. 669 novies c.p.c., in cui il giudice, nel dichiarare l’inefficacia del provvedimento cautelare, deve dare direttamente le disposizioni necessarie a ripristinare la situazione precedente (Sez. 3, Sent. n. 16170 del 2001).

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: omesso esame circa un punto decisivo della controversia.

La censura attiene anche in questo caso alla posizione della società Affin che, al contrario di quanto affermato dalla Corte d’Appello, aveva dato mandato con rappresentanza alla società Tradizioni Italiane, come risulterebbe chiaramente dalla lettera del 18 settembre 2002 con la quale la Affin aveva conferito formale incarico alla società Tradizioni Italiane di curare il confezionamento dei pacchi dono del gruppo A.. Anche il teste G. aveva confermato il contenuto e il tenore della suddetta lettera.

La missiva del 2 settembre 2002 richiamata dalla Corte d’Appello proveniente da tradizioni italiane era stata erroneamente interpretata dal giudice di secondo grado che comunque aveva omesso di considerare la successiva lettera del 18 settembre 2002.

Peraltro, non era in discussione che la Affin avesse beneficiato della fornitura effettuata dalla Natura Distribuzione, e il potere di rappresentanza non deve necessariamente scaturire dall’impiego di formule solenni e può risultare dalla natura del rapporto intercorrente tra rappresentante e rappresentato. In conclusione, in applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 1704 e 1337 c.c., tradizioni italiane era mandataria con rappresentanza della Affin in relazione al contratto in oggetto.

2.1 Il secondo motivo è infondato.

La Corte d’Appello ha ritenuto che la società Affin non avesse conferito alcun potere di rappresentanza alla società Tradizioni Italiane che, dunque, aveva assunto in proprio i diritti e gli obblighi relativi al contratto di fornitura di lenticchie intercorso con la ricorrente.

Secondo l’indirizzo consolidato di questa Corte: “L’accertamento del giudice del merito che reputi inesistente il conferimento del potere di rappresentanza e della spendita del nome del rappresentato involge un apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità” (Sez. 3, Sent. n. 6334 del 1985).

In proposito il collegio intende dare continuità al seguente principio di diritto: l’accertare se un soggetto, nello stipulare un negozio per conto del mandante, ne abbia speso anche il nome, cioè se vi sia stata contemplatio domini, condizione indeclinabile perchè gli effetti dell’atto risalgano direttamente al rappresentato, è compito istituzionalmente devoluto al giudice del merito, il cui apprezzamento al riguardo è incensurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua che abbia tenuto conto di tutti i fatti decisivi ai fini del giudizio (Sez. 2, Sentenza n. 1183 del 1987).

A tal proposito il ricorrente lamenta l’omesso esame della missiva del 18 settembre, con la quale la Affin afferma di aver conferito incarico di curare il confezionamento dei pacchi dono del gruppo A. alla Tradizioni Italiane. Dal tenore letterale di tale missiva emerge che non vi era stato alcun conferimento del potere di rappresentanza da parte della Affin alla Tradizioni Italiane. Inoltre, risulta evidente che quest’ultima non aveva speso il nome della Affin, avendo, invece, correttamente concluso il contratto in nome proprio, in virtù del fatto che non le era stato conferito alcun potere rappresentativo. Questa Corte ha già affermato che nel caso in cui sia mancata una espressa spendita del nome, gli effetti del negozio si consolidano direttamente in capo al mandatario anche se l’altro contraente abbia avuto comunque conoscenza del mandato o dell’interesse del mandante nella conclusione dell’affare: in quest’ultimo caso, infatti, una eventuale contemplatio domini tacita non può essere desunta da elementi presuntivi (Sez. 2, Sent. n. 433 del 2007).

In conclusione deve ribadirsi che “in tema di mandato con rappresentanza, la contemplatio domini – che assolve alla duplice funzione di esteriorizzare il rapporto di gestione rappresentativa esistente tra il rappresentante ed il rappresentato, e di rendere conseguentemente possibile l’imputazione al secondo degli effetti del contratto concluso in suo nome dal primo – deve risultare da una dichiarazione espressa ed univoca, anche se non esige l’impiego di formule solenni o l’osservanza di un preciso rituale, e può essere manifestata attraverso un comportamento del rappresentante che, per univocità e concludenza, sia idoneo a portare a conoscenza dell’altro contraente che egli agisce per un soggetto diverso, nella cui sfera giuridica gli effetti del contratto concluso sono destinati a prodursi direttamente. Pertanto, se il mandatario, nel concludere il contratto per conto del mandante, non dichiara di agire in nome di costui, si esula dalla fattispecie del mandato con rappresentanza, per effetto del quale il mandante è direttamente obbligato nei confronti dell’altro contraente, come se l’affare gestito fosse suo proprio, e nessun rapporto si costituisce tra il mandante ed il terzo, anche se il contratto involga interessi esclusivamente propri del mandante, e l’altro contraente non ignori l’esistenza di quest’ultimo. L’accertare poi, in concreto, se vi sia stata o meno la contemplatio domini, involgendo la necessità di indagini su elementi di fatto, è compito istituzionalmente devoluto al giudice di merito, il cui apprezzamento è incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici o errori di diritto” (Sez. 3, Sent. n. 18441 del 2005).

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione delle regole di interpretazione negoziale di cui agli art. 1362 e 1366 c.c., rispetto all’art. 1179 c.c..

Con riferimento alla posizione della Bnl la Corte d’appello di Perugia aveva escluso che la banca si fosse obbligata come fideiussore, in particolare perchè nella lettera del 21 maggio 2002, nella quale era scritto che forniva formale garanzia, non era indicato l’importo garantito, elemento necessario della fideiussione. In modo contraddittorio, la Corte d’Appello, al fine di compensare le spese del giudizio, affermava che il comportamento della Bnl aveva comunque tratto in inganno l’attrice sull’esistenza di un’effettiva garanzia.

Secondo la ricorrente, in tal modo sarebbero state violate le regole di interpretazione negoziale di cui agli artt. 1362 e 1366 c.c. e di tutela dell’affidamento che la dichiarazione della Bnl aveva generato.

La Natura Distribuzione aveva accettato di gestire una fornitura di valore così alto solo grazie all’affidamento sulla formale garanzia di una banca del peso della Bnl. Sicchè, in base al principio dell’interpretazione secondo buona fede Bnl aveva generato un legittimo affidamento sull’obbligazione di garanzia.

3.1 Il terzo motivo è fondato.

La Corte d’Appello non ha fatto corretta applicazione dell’art. 1938 c.c., che prevede la necessità di indicare l’importo massimo garantito nel caso in cui il fideiussore garantisca l’adempimento di obbligazioni future.

Il collegio intende dare continuità al seguente principio di diritto: ” L’art. 1938 c.c., prevede la necessità di indicare l’importo massimo garantito solo nel caso in cui il fideiussore garantisca l’adempimento di obbligazioni future, non anche di quelle condizionali, come si evince dal chiaro riferimento letterale contenuto nella citata disposizione, come modificata dalla L. n. 154 del 1992, art. 10. Tale interpretazione trova conforto nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale sulla legittimità, o meno, della fideiussione cd. “omnibus”, estesa, cioè, a tutte le obbligazioni del debitore garantito derivanti da future operazioni, della cui legittimità si dubitava con riguardo all’indeterminabilità dell’oggetto della fideiussione, cui si è posto un contemperamento con l’obbligo, previsto a pena di nullità, della precisazione dell’importo massimo garantito” Sez. 1, Sent. n. 2492 del 2017).

In tale occasione si è precisato che il testo dell’art. 1938 c.c., non consente altra interpretazione, in quanto una volta affermata la possibilità di garantire con la fideiussione anche – obbligazioni condizionali o future”, fa seguire la precisazione (aggiunta dalla L. n. 154 del 1992, art. 10) “con la previsione, in questo ultimo caso, dell’importo massimo garantito”: ove “quest’ultimo caso” non può che corrispondere alla seconda delle due ipotesi considerate, quella per l’appunto di garanzia per obbligazioni future.

Ciò del resto trova apprezzabile spiegazione considerando la genesi della L. n. 154, citato art. 10, che scaturisce dal dibattito dottrinale e giurisprudenziale in ordine alla legittimità, o non, della fideiussione c.d. omnibus, cioè estesa a tutte le obbligazioni del debitore garantito derivanti da future operazioni bancarie (cfr. ad es. Cass. n. 1101/95), della cui legittimità si dubitava con riguardo alla indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto della garanzia fideiussoria. Indeterminatezza alla quale con la norma stessa si è inteso porre un contemperamento con l’obbligo, a pena di nullità della fideiussione, della precisazione dell’importo massimo garantito.

Nel caso di specie, l’obbligazione principale relativa al pagamento della fornitura di lenticchie non poteva considerarsi, al momento della fideiussione, obbligazione futura ma solo condizionata al perfezionarsi del contratto di fornitura che la ricorrente doveva stipulare con una ditta terza per conto della Affin, al fine di formare i “pacchi dono” natalizi.

La BNL, infatti, nella missiva precisa che la fatturazione del pagamento della fornitura deve avvenire alla ditta terza e che la banca ne è garante. Ne consegue che l’obbligazione assunta dalla BNL nei confronti della Sapori di Norcia non era indeterminata quanto al suo oggetto, ma solo condizionata alla stipula del contratto cui la garanzia era preordinata.

Merita censura pertanto l’aver ritenuto nulla la fideiussione per mancanza dell’indicazione dell’importo massimo garantito, come imposto dall’art. 1938, che, come si è detto, trova la sua ratio nella esigenza di porre rimedio alla indeterminatezza della garanzia che il fideiussore va ad assumere a suo carico in caso di fideiussione c.d. omnibus, laddove, nel diverso caso in esame, la garanzia fideiussoria non faceva riferimento a indeterminate obbligazioni future ma ad una ben precisa e determinata operazione commerciale per la fornitura di lenticchie.

4. Il quarto motivo è così rubricato: con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione delle regole di interpretazione negoziale di cui agli artt. 1362 e 1366 c.c., rispetto all’art. 1381 c.c..

Nel corso del giudizio di primo grado Natura Distribuzione aveva ritenuto applicabile al caso di specie anche le previsioni di cui all’art. 1381 c.c., sulla promessa dell’obbligazione del fatto del terzo, con conseguente obbligo, in caso di mancato pagamento della fattura da parte del terzo, di corrispondere un indennizzo, avendo la banca promesso che altri adempisse.

5. Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c..

In primo grado, sempre con riferimento alla posizione della Bnl, Natura Distribuzione, nella comparsa conclusionale, aveva anche evidenziato come il comportamento della banca costituisse fonte di responsabilità extra contrattuale, avendo tratto in inganno l’attrice sull’esistenza di un’effettiva garanzia.

6. Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione delle regole di interpretazione negoziale di cui agli artt. 1362 e 1366 c.c., rispetto all’istituto della presupposizione ex art. 1467 c.c..

La sentenza d’appello contrasterebbe anche con l’istituto della presupposizione ex art. 1467 c.c., in quanto, senza la garanzia della Bnl, Natura Distribuzione non avrebbe mai accettato di assicurare la fornitura dei pacchi di lenticchie a Tradizioni Italiane.

7. L’accoglimento del terzo motivo di ricorso è idoneo ad assorbire i restanti quarto quinto e sesto motivo, aventi tutti ad oggetto la responsabilità della BNL nei confronti della ricorrente per l’inadempimento del pagamento della fornitura a Tradizioni Italiane cui si è ripetutamente fatto cenno.

8. La Corte, accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta i primi due, dichiara assorbiti i restanti, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Perugia in diversa compensazione che provvederà anche alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta i primi due, dichiara assorbiti i restanti, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione che provvederà anche alle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 20 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2019

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