Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31190 del 28/11/2019

Cassazione civile sez. II, 28/11/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 28/11/2019), n.31190

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

(art. 380-bis.1 c.p.c.)

sul ricorso (iscritto al N. R.G. 14685/15) proposto da:

AVV. F.A., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso

da se stesso ai sensi dell’art. 86 c.p.c., ed elettivamente

domiciliato presso lo studio dell’Avv. Antonella Valeri, in Roma,

piazza delle Province, n. 8;

– ricorrente –

contro

L.A., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa, in virtù di

procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. Salvatore

Pagano e domiciliata “ex lege” presso la Cancelleria della Corte di

Cassazione, in Roma, p.zza Cavour;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Catania n. 1504/2014,

depositata il 12 novembre 2014 (notificata il 16 marzo 2015).

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Con atto di citazione notificato il 3 marzo 2001, l’avv. F.A. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Catania, la sig.ra L.A., chiedendo la condanna della stessa al pagamento della somma di Lire 18.865.000, oltre accessori, a titolo di compensi professionali per quattro attività svolte nel suo interesse in sede giudiziale e stragiudiziale, attinenti: – la prima alla richiesta di un indennizzo assicurativo; – la seconda alla difesa svolta nell’ambito di un processo penale; – la terza volta al recupero di un credito nei confronti di un terzo; – la quarta riguardante l’assistenza prestata per la redazione di un atto pubblico di compravendita.

Si costituiva la convenuta, la quale deduceva la prescrizione dell’azione e, in ogni caso, nel merito, dichiarava di aver estinto il credito vantato dall’attore per l’espletamento delle prime tre pratiche.

Il Tribunale adito, con sentenza n. 294/2007, previo rigetto dell’eccezione preliminare di prescrizione, riteneva invece provata l’eccezione di adempimento della convenuta relativa al pagamento dei compensi dovuti all’attore con riguardo alle prime tre anzidette prestazioni professionali; condannava, tuttavia, la L. alla corresponsione del compenso riguardante la quarta prestazione, riconoscendo, a tale titolo, in favore dell’avv. F. l’importo di Euro 4.399,14, oltre interessi legali dalla messa in mora al soddisfo.

Decidendo sull’appello interposto dalla convenuta e nella costituzione dell’appellato professionista (che formulava, a sua volta, appello incidentale circa la ritenuta operatività, con la decisione di primo grado, dell’avversa eccezione di adempimento parziale), la Corte di appello di Catania, con sentenza n. 1504/2014, accoglieva il gravame principale e respingeva quello incidentale.

A sostegno dell’adottata pronuncia, la Corte etnea rilevava la fondatezza dell’appello principale con riferimento all’operatività della prescrizione del credito vantato dall’appellato con riferimento allo svolgimento della quarta prestazione professionale come in precedenza individuata e riteneva, invece, infondato il gravame incidentale.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, l’avv. F.A., al quale ha resistito con controricorso l’intimata L.A..

Entrambe le difese delle parti hanno anche depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

1.1. Con la prima censura il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – la violazione e falsa applicazione degli artt. 2956 e 2959 c.c., nonchè il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il fatto controverso e decisivo relativo alla ritenuta operatività della prescrizione estintiva riguardante il credito inerente alla quarta prestazione professionale.

1.2. Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – la violazione e falsa applicazione degli artt. 246 c.p.c. e segg., nonchè il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio riferito alla (asserita) incapacità a testimoniare del marito della L., convivente in regime di comunione patrimoniale e contitolare dell’impresa, perciò – ad avviso dello stesso ricorrente – interessato in nome proprio e con la evidente possibilità di essere convenuto o di intervenire del giudizio in questione.

1.3. Con la terza doglianza il ricorrente ha prospettato – ancora ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – la violazione e falsa applicazione degli artt. 116,252 e 246 c.p.c., congiuntamente al vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

1.4. Con il quarto motivo il ricorrente ha denunciato l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio con riguardo alla valutazione di credibilità della deposizione del teste F.R..

1.5. Con la quinta ed ultima censura il ricorrente ha dedotto – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., avuto riguardo alla ravvisata erroneità dell’impugnata sentenza in ordine alla sua condanna al pagamento delle spese di entrambi i gradi di merito.

2. Osserva, in primo luogo, il collegio che i formulati motivi, laddove si riferiscono al vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, sono inammissibili ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (“ratione temporis” applicabile nel caso di specie), poichè la sentenza impugnata risulta pubblicata successivamente all’11 settembre 2012.

Occorre, infatti, evidenziare che, intorno alla portata del nuovo n. 5 dell’art. 360 c.p.c., la giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidata (v. Cass. S.U. nn. 8053-8054/2014 e, da ultimo, Cass. n. 23940/2017) nell’affermare che, in seguito alla riformulazione di detta disposizione normativa, come intervenuta per effetto del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia.

Essendo, nel caso di specie, rimasta esclusa una delle richiamate evenienze, le censure attinenti ad assunti vizi motivazionali sono da qualificarsi inammissibili.

3. Ciò premesso, va rilevato che il primo motivo è infondato per quanto concerne la prospettata violazione di legge dal momento che il giudice di appello ha interpretato correttamente il contenuto difensivo della comparsa di risposta in primo grado della L., con la quale ella aveva eccepito la prescrizione del diritto di credito relativo alla quarta prestazione professionale e, in ogni caso, l’avvenuto adempimento della corresponsione del compenso (mediante la dichiarazione che le spese relative a siffatta prestazione “erano state integralmente pagate nella misura e nei termini richiesti a suo tempo dallo stesso attore”), così desumendone che la convenuta non aveva inteso affatto affermare di essere ancora debitrice dell’odierno ricorrente.

Sulla scorta di tale esatta ricostruzione della volontà esternata dalla L. nel primo atto difensivo successivo all’instaurazione del giudizio su iniziativa dell’avv. F., la Corte territoriale ha ritenuto che fosse stata idoneamente eccepita l’operatività della prescrizione presuntiva triennale, dovendo, al riguardo, trovare applicazione il principio di diritto (su cui v., ad es., Cass. n. 7800/2010 e Cass. n. 23751/2018) secondo cui le deduzioni con le quali il debitore assume che il debito sia stato pagato, o sia comunque estinto, non rendono inopponibile l’eccezione di prescrizione presuntiva, giacchè, lungi dall’essere incompatibili con la presunta estinzione del debito per decorso del termine, sono, invero, adesive e confermative del contenuto sostanziale dell’eccezione stessa.

Pertanto, avuto riguardo al tempo trascorso tra l’ultimazione della prestazione professionale (nel 1991) e il primo atto di messa in mora (nel 2001), la Corte catanese ha ritenuto legittimamente estinto il diritto di credito del ricorrente per la maturata prescrizione presuntiva di cui all’art. 2956 c.c..

4. Il secondo motivo è anch’esso infondato e va respinto avendo la Corte catanese ritenuto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte che la questione circa l’eventuale incapacità a testimoniare del teste F.R. fosse da considerarsi ormai preclusa poichè la stessa – come accertato dallo stesso giudice di appello – non era stata eccepita (come è pacifico tra le parti) subito dopo l’assunzione di detto teste.

A conforto della corretta soluzione adottata dal giudice di secondo grado non può che ribadirsi il consolidato principio alla stregua del quale la nullità di una testimonianza resa da persona (eventualmente) incapace ai sensi dell’art. 246 c.p.c., essendo posta a tutela dell’interesse delle parti, è configurabile come una nullità relativa e, in quanto tale, deve essere eccepita subito dopo l’espletamento della prova, rimanendo altrimenti sanata ai sensi dell’art. 157 c.p.c., comma 2 (cfr., tra le tante, Cass. n. 23054/2009 e Cass. SU n. 21670/2013).

5. La terza censura, nella parte in cui si adduce la richiamata violazione di legge, è inammissibile poichè la valutazione circa l’attendibilità di una deposizione testimoniale spetta al giudice di merito, che è tenuto solo a motivare il suo convincimento che, nel caso di specie, è stato adeguatamente ed incensurabilmente giustificato. Del resto, in tema di procedimento civile, è indiscusso che sono riservate al giudice del merito la interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, nonchè la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento, con la conseguenza che è insindacabile in sede di legittimità il “peso probatorio” attribuito ad alcune testimonianze rispetto ad altre (v., per es., Cass. n. 1554/2004 e Cass. n. 13054/2014).

6. Il quarto motivo è inammissibile perchè si risolve nella prospettazione di un asserito vizio motivazionale riferito alla pregressa formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non deducibile nel giudizio in questione per quanto già sottolineato in premessa (v. paragr. 2).

7. La quinta ed ultima doglianza è priva di fondamento giuridico avendo il giudice di appello legittimamente applicato – ai fini della statuita condanna totale al pagamento delle spese a carico dell’avv. F.A. – il principio della soccombenza finale avuto riguardo all’esito globale del doppio grado di merito, per effetto dell’accoglimento dell’appello principale e del rigetto di quello incidentale formulato dall’odierno ricorrente.

8. In definitiva, il ricorso deve essere integralmente respinto, con la conseguente condanna del soccombente ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.

Va dato, infine, anche atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.100,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre iva, cap e contributo forfettario nella misura del 15% sulle voci come per legge.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2019

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