Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31188 del 29/12/2017


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 31188 Anno 2017
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: MERCOLINO GUIDO

ORDINANZA
C
sul ricorso iscritto al n. 28748/2011R.G. proposto da
UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK S.P.A. (già

Unicredito Gestione

Crediti S.p.a.), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e
difesa dal Prof. Avv. Giovanni Maniscalco Basile, con domicilio eletto in Roma, via Nomentana, n. 60;
– ricorrente contro
FALLIMENTO DELLA CIBIGEL S.R.L., in persona del curatore p.t. Avv. Vittorio Viviani, rappresentato e difeso dall’Avv. Alfonsa Cottone, con domicilio
eletto in Roma, via del Governo Vecchio, n. 118, presso lo studio dell’Avv.
Giuseppe Fabio;
– controricorrente avverso il decreto del Tribunale di Palermo depositato il 14 ottobre 2011.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 aprile 2017 dal
Consigliere Guido Mercolino.

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t

Data pubblicazione: 29/12/2017

I

FATTI DI CAUSA
1. Con decreto del 14 ottobre 2011, il Tribunale di Palermo ha rigettato
l’opposizione proposta dall’Unicredit Credit Management Bank S.p.a. avverso lo stato passivo del fallimento della Cibigel S.r.l., avente ad oggetto
l’ammissione al passivo di un credito di Euro 152.226,67 a titolo di saldo di

A fondamento della decisione, il Tribunale ha ritenuto innanzitutto ammissibile, ai sensi dell’art. 99, secondo comma, n. 4, del r.d. 16 marzo
1942, 267, la nuova documentazione allegata al ricorso, escludendo che la
mancata produzione della stessa nel procedimento di verificazione comportasse una decadenza, non prevista dalla legge, ed evidenziando la diversità
del giudizio di opposizione dall’appello e la conseguente inapplicabilità dello
art. 345 cod. proc. civ. Premesso inoltre che il credito azionato era pervenuto all’opponente a seguito dell’incorporazione dell’Aspra Finance S.p.a., che
lo aveva acquistato dall’Unicredit Corporate Banking S.p.a. (già Unicredit
Banca d’Impresa S.p.a.) a mezzo di cessione pro soluto, ne ha ritenuto non
provata la titolarità, rilevando che dalla visura camerale e dall’avviso di
pubblicazione della cessione dei crediti sulla Gazzetta Ufficiale non risultava
se il credito fosse compreso nel blocco dei rapporti ceduti o tra quelli esclusi.
2. Avverso il predetto decreto l’UCMB ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, illustrato anche con memoria. Il curatore del
fallimento ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale
condizionato, affidato a due motivi.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 92-99 della legge fall., degli artt. 57 e
58 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 e dell’art. 1264 cod. civ., nonché
l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nel ritenere non provata la
titolarità del credito, il decreto impugnato non ha tenuto conto dell’avvenuta

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un conto corrente ordinario.

dimostrazione dell’adempimento di tutte le formalità prescritte per la cessione, in virtù delle quali doveva presumersi, fino a prova contraria, che il
rapporto in questione rientrasse tra quelli ceduti in blocco. Premesso che
l’avviso di cessione elencava analiticamente i rapporti esclusi, osserva che il
Tribunale ha omesso di spiegare le ragioni per cui ha ritenuto che il credito
azionato ne facesse parte, pur non avendo nessuna delle caratteristiche in-

1.1. Il motivo è fondato.
L’istanza d’insinuazione al passivo è stata infatti proposta dall’UCMB in
qualità di procuratrice dell’Aspra Finance, asseritamente succeduta all’Unicredit Corporate Banking, già Unicredit Banca d’Impresa, nel credito da
quest’ultima vantato nei confronti della società fallita, per effetto di cessione
in blocco di crediti relativi a posizioni classificate come sofferenze, ai sensi
dell’art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993; nel corso del procedimento di verificazione, poi, la mandataria si è fusa per incorporazione con la mandante,
ed è pertanto subentrata a quest’ultima nella titolarità del credito, proponendo in tale qualità l’opposizione allo stato passivo. La predetta titolarità è
stata peraltro ritenuta non provata dal decreto impugnato, in virtù della
mancata dimostrazione dell’inclusione del credito tra quelli ceduti in blocco
all’Aspra Finance, non essendo stato prodotto l’atto di cessione, e non risultando la predetta inclusione né dalla visura camerale, né dall’avviso di pubblicazione della cessione nella Gazzetta Ufficiale depositati dalla ricorrente.
Tale conclusione non risulta tuttavia conforme alla particolare disciplina
della cessione prevista dall’art. 58 cit., la cui portata derogatoria rispetto a
quella generale dettata dal codice civile, fa apparire inadeguata la motivazione del decreto impugnato, nella parte in cui ha dato per scontato che
l’atto stipulato dall’Aspra Finance con l’Unicredit Corporate Banking o i relativi allegati dovessero contenere la specifica indicazione del credito ceduto,
ed ha ritenuto pertanto insufficiente la produzione dell’avviso di pubblicazione, recante l’indicazione per categorie dei rapporti esclusi dalla cessione,
omettendo conseguentemente di verificare se il credito azionato fosse o
meno riconducibile ad una delle predette categorie.
L’art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, nel consentire «la cessione a ban-

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dicate nel relativo elenco.

che di aziende, di rami d’azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in
blocco», detta, come si è detto, una disciplina ampiamente derogatoria rispetto a quella ordinariamente prevista per la cessione del credito e del
contratto, a) subordinandone l’efficacia alla notizia data dalla banca cessionaria mediante l’iscrizione della cessione nel registro delle imprese e la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale, b) disponendo che tali a-

zione previsti dall’art. 1264 cod. civ., c) attribuendo a coloro che sono parte
di contratti ceduti la facoltà di esigere entro tre mesi l’adempimento sia dal
cedente che dal cessionario, d) disponendo che, trascorso il predetto termine, risponde in via esclusiva il cessionario, e) consentendo ai contraenti ceduti di recedere per giusta causa dal contratto, entro il medesimo termine, e
f) escludendo la necessità di qualsiasi formalità o annotazione per la conservazione in favore del cessionario della validità e del grado dei privilegi e
delle garanzie prestate a favore del cedente, nonché delle trascrizioni nei
pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria
compresi nella cessione. Tale disciplina trova giustificazione principalmente
nell’oggetto della cessione, costituito, oltre che da intere aziende o rami di
azienda, da interi «blocchi» di beni, crediti e rapporti giuridici, individuati
non già singolarmente, ma per tipologia, sulla base di caratteristiche comuni, oggettive o soggettive: è per tale motivo, oltre che per il gran numero
dei soggetti interessati, che la norma prevede, tra l’altro, la sostituzione
della notifica individuale con la pubblicazione di un avviso, cui possono aggiungersi forme integrative di pubblicità. A tal fine, è prevista anche l’emanazione d’istruzioni da parte della Banca d’Italia, la quale, nell’esercitare il
relativo potere, ha confermato che per «rapporti giuridici individuabili in
blocco» devono intendersi «i crediti, i debiti e i contratti che presentano un
comune elemento distintivo», chiarendo che lo stesso «può rinvenirsi, ad
esempio, nella forma tecnica, nei settori economici di destinazione, nella tipologia della controparte, nell’area territoriale e in qualunque altro elemento
comune che consenta l’individuazione del complesso dei rapporti ceduti»
(cfr. circolare n. 229 del 21 aprile 1999). La possibilità di fare riferimento
alle caratteristiche dei rapporti ceduti, quale criterio per l’individuazione

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dempimenti producono i medesimi effetti dell’accettazione o della notifica-

dell’oggetto del contratto, non rappresenta d’altronde un’anomalia rispetto
alla disciplina generale dettata dall’art. 1346 cod. civ., il quale, prescrivendo
che l’oggetto del contratto dev’essere «determinato o determinabile», non
richiede che lo stesso sia necessariamente indicato in maniera specifica, a
condizione che esso possa essere identificato con certezza sulla base di elementi obiettivi e prestabiliti risultanti dallo stesso contratto (cfr. Cass.,

1995, n. 6201).
Alla stregua della predetta disciplina, la circostanza che l’avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e prodotto in giudizio recasse una mera elencazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco dall’Unicredit Corporate
Banking all’Aspra Finance non autorizzava di per sé a ritenere che le relative
indicazioni non rispecchiassero fedelmente quelle contenute nell’atto di cessione, per la cui validità, come si è detto, non era affatto necessaria una
specifica enumerazione dei rapporti ceduti, risultando invece sufficiente che
gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole
categorie consentissero d’individuarli senza incertezze. La trascrizione dello
avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, riportata a corredo del motivo di
impugnazione, consente d’altronde di rilevare che i crediti ceduti erano individuati, oltre che per titolo (capitale, interessi, spese, danni, etc.), in base
alla pendenza ad una certa data ed alla possibilità di qualificare i relativi
rapporti come sofferenze, conformemente alle istruzioni di vigilanza della
Banca d’Italia, con espressa esclusione di sei categorie, anch’esse specificamente enucleate in base alla documentazione dei crediti, al titolo del rapporto, ai soggetti passivi o alla pendenza di accertamenti penali o interni:
non avrebbe dunque potuto sottrarsi il Tribunale al compito di verificare se,
avuto riguardo alla natura del credito, alla data di chiusura del conto ed alle
altre caratteristiche del rapporto, la pretesa azionata rientrasse tra quelle
trasferite alle cessionaria (e da quest’ultima trasferite all’attrice, per effetto
dell’incorporazione) o fosse annoverabile tra i crediti esclusi dalla cessione.
2. Con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato, il curatore
deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 93, 95, 99 e 101 della
legge fall., nonché l’omissione e l’insufficienza della motivazione, afferman-

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Sez. II, 7/03/2011, n. 5385; 13/09/2004, n. 18361; Cass., Sez. III, 2/06/

do che, nel ritenere ammissibile la nuova documentazione prodotta dall’opponente, il Tribunale non ha considerato che, a differenza di quello introdotto dal d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, il testo vigente dell’art. 99, introdotto dal
d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, non prevede espressamente la facoltà di
depositare documentazione ulteriore, rispetto a quella prodotta nel procedimento di verificazione, mentre il termine già previsto dall’art. 93 per il de-

sente di produrre documenti integrativi fino all’udienza fissata per l’esame
dello stato passivo.
2.1. Pur riguardando l’ammissibilità della produzione dei documenti
comprovanti la titolarità del credito, e quindi una questione di rito, pregiudiziale rispetto a quella sollevata con il ricorso principale, la predetta censura
non può essere esaminata prioritariamente rispetto a quest’ultima, avendo
ad oggetto un’esplicita statuizione del decreto impugnato, ed essendo stata
comunque proposta in forma condizionata. Alla stregua del principio costituzionale di ragionevole durata del processo, secondo cui il fine primario dello
stesso è la realizzazione del diritto delle parti ad ottenere un risposta nel
merito, al ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel
giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito o preliminari di
merito, deve infatti riconoscersi natura condizionata, indipendentemente da
ogni espressa indicazione di parte, con la conseguenza che esso va esaminato con priorità soltanto se le predette questioni, rilevabili d’ufficio, non
siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di
merito, dovendo altrimenti essere esaminato soltanto in presenza dell’attualità dell’interesse, sussistente unicamente nel caso in cui il ricorso principale
risulti fondato (cfr. Cass., Sez. Un., 25/03/2013, n. 7381; 6/03/2009, n.
5456; Cass., Sez. I, 6/03/2015, n. 4619).
2.2. Il motivo è peraltro infondato.
Correttamente, infatti, il decreto impugnato ha ritenuto ammissibile la
produzione di documenti non depositati nel procedimento di verificazione,
trovando applicazione il principio, ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità in riferimento alla disciplina dettata dall’art. 99 della
legge fall., sia nel testo introdotto dal d.lgs. n. 5 del 2006 che in quello ulte-

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posito di documenti in quest’ultima fase è stato soppresso, e l’art. 95 con-

riormente modificato dal d.lgs. n. 169 del 2007, secondo cui il giudizio di
opposizione allo stato passivo, pur essendo strutturato come un rimedio a
carattere impugnatorio, in quanto volto a rimuovere un provvedimento che,
se non opposto, acquista efficacia di giudicato endofallimentare ai sensi dello art. 96 della legge fall., non è assimilabile all’appello, configurandosi come un giudizio a cognizione piena che fa seguito ad una fase a cognizione

trova ostacolo nel divieto stabilito dall’art. 345 cod. proc. civ., fermo restando l’onere, previsto a pena di decadenza dall’art. 99, secondo comma,
n. 4 della legge fall., d’indicarli specificamente nel ricorso e di depositarli
all’atto della costituzione in giudizio (cfr. Cass., Sez. I, 25/02/2011, n.
4708; 26/11/2010, n. 24028; 11/09/09, n. 19697).
3. Con il secondo motivo, il controricorrente censura il decreto impugnato per aver omesso di verificare se la documentazione prodotta dall’opponente avesse data certa ai sensi dell’art. 2704 cod. civ., nonostante l’eccezione espressamente formulata al riguardo.
3.1. Il motivo è inammissibile.
L’avvenuta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’avviso relativo alla
cessione in blocco, impedendo di ammettere, anche in linea di mera ipotesi,
che la stessa potesse essere priva di data certa, consente di escludere che
l’eccezione sollevata dal curatore si riferisse a tale atto, inducendo piuttosto
a ritenere che essa riguardasse la documentazione relativa al rapporto di
conto corrente, in ordine alla quale il Tribunale non si è pronunciato, avendo
evidentemente ritenuto la relativa questione assorbita dall’accertamento del
difetto di titolarità del credito azionato. Non essendo pertanto configurabile
una decisione al riguardo, neppure per implicito, la questione non può trovare ingresso in questa sede, potendo essere eventualmente riproposta nel
giudizio di rinvio, per effetto dell’accoglimento del motivo di ricorso principale inerente alla questione assorbente (cfr. Cass., Sez. V, 5/11/2014, n.
23558; Cass., Sez. III, 1/03/2007, n. 4804; 10/04/2003, n. 5681).
4. Il decreto impugnato va pertanto cassato, nei limiti segnati dall’accoglimento del ricorso principale, con il conseguente rinvio della causa al Tribunale di Palermo, che provvederà, in diversa composizione, anche al rego-

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sommaria, con la conseguenza che la produzione di nuovi documenti non

lamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
accoglie il ricorso principale; rigetta il primo motivo del ricorso incidentale
condizionato, e dichiara inammissibile il secondo motivo; cassa il decreto
impugnato, in relazione al motivo accolto; rinvia al Tribunale di Palermo, in

giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 28/04/2017

Il Funzionario Giudizi,
Dott.ssa Pubrizia BAROALE

I Presidente

diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del

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