Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31185 del 29/12/2017


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 31185 Anno 2017
Presidente: TIRELLI FRANCESCO
Relatore: CAMPANILE PIETRO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 9777/2012 R.G. proposto da:

.0 e C ,

COMUNE DI SOLOFRA
rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Vetrano, con domicilio eletto in Roma, via Terenzio, n. 7, presso lo studio dell’avv. Raffaele Titomanlio;

– ricorrente contro
GAETA COSTRUZIONI S.R.L.
rappresentata

e difesa dall’avv. dagli avv.ti Sergio Moscariello e

Carmelina d’Acierno, con domicilio eletto in Roma, via Alessio Baldo-

Data pubblicazione: 29/12/2017

vinetti, n. 13, nell0 studio dell’avv. Francesco Carlini;

– controricorrente avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, n. 74, depositata
in data 16 gennaio 2012;

consigliere dott. Pietro Campanile;
sentito per la controricorrente l’avv. Moscariello;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa immacolata Zeno, la quale ha concluso per
l’indmmissibilità del primo e del terzo motivo del ricorso, assorbito il
secondo.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza depositata in data 28 maggio 2007 il Tribunale di
Avellino condannava il Comune di Solofra al pagamento della somma
di lire 98.342,564, a titolo di saldo revisionale, in favore della s.r.l.
Gaeta, quale mandataria dell’Associazione temporanea di imprese costituita per l’assunzione di lavori affidati in appalto per la realizzazione di opere idriche e fognarie di tale località,
2. Con la decisione indicata in epigrafe la Corte di appello di Napoli ha
confermato tali decisione, rilevando, in primo luogo, la novità della
questione introdotta con il primo motivo di gravame, concernente
l’erronea individuazione della data di ultimazione dei lavori, laddove
nel primo grado del giudizio risultava eccepita l’inammissibilità della
domanda in relazione alla mancata approvazione del collaudo e
all’assenza del certificato.

udita la relazione svolta all’udienza pubblica del 16 febbraio 2017 dal

3. Ritenuto, poi, ingiustificato il ritardo nell’effettuazione del collaudo,
la corte partenopea ha rilevato che, al di là di talune incongruenze, la
valutazione complessiva di una serie di emergenze induceva a ritenere che le parti avessero espressamente previsto la possibilità della re-

proposito effettuata dal Tribunale.
4. La decorrenza degli interessi è stata confermata con riferimento al
termine di sei mesi dall’ultimazione dei lavori, desunto dall’art. 5 della
I. 10 dicembre 1981, n, 741.
5. Per la Cassazione di tale decisione il Comune di Solofra propone
ricorso, affidato a quattro motivi, cui la società appaltatrice resiste
con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, deducendo omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonché violazione dell’art. 345 cod. proc. civ., il Comune ricorrente sostiene che
erroneamente sarebbe stata rilevata la novità dell’eccezione circa la
data di ultimazione dei lavori. Invero, essendo stata contestata in
primo grado la mancanza del collaudo, ed avendo l’impresa replicato,
per la prima volta in comparsa conclusionale, che l’omissione del collaudo non rilevava essendo trascorsi oltre sei mesi dalla data di ultimazione dei lavori, nella memoria di replica il Comune aveva osservato che il certificato di ultimazione dei lavori, secondo cui essi dovevano considerarsi conclusi entro il 10 ottobre 1990, era stato sottoscritto dal direttore dei lavori e dall’impresa, ma non dall’ingegnere capo

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visione prezzi, non risultando per altro contestata la liquidazione in

della P.A., il quale, per altro, non aveva approvato la relazione sul
conto finale e il certificato di regolare esecuzione.
La censura è infondata.
La sentenza impugnata ha posto in evidenza come la contestazione

ne del giudizio di primo grado era stata chiaramente indicata, fosse
stata introdotta per la prima volta in appello, essendosi nel corso del
primo grado del giudizio eccepita, da parte del Comune,
l’infondatezza della pretesa esclusivamente sotto il profilo concernente la mancata effettuazione del collaudo.
Non può invero condividersi la tesi dell’ente ricorrente fondata sulla
proposizione della questione nella memoria di replica depositata in
data 2 ottobre 2003 nel corso del giudizio di primo grado, atteso che
anche in tal modo risulta realizzata una inammissibile estensione del
“thema decidendum” (Cass., 10 marzo 2011, n. 5735; Cass., 24 febbraio 2006, n. 4206; Cass., 12 gennaio 2006, n. 403).
2. L’infondatezza del primo motivo si riverbera sulla successiva doglianza, nella parte in cui denuncia la violazione dell’art. 5 della I. n.
741 del 1981, contestando l’inerzia dell’amministrazione sulla base
dell’affermata erroneità dell’indicazione inerente l’ultimazione dei lavori. Sotto altro profilo, va rilevata l’assoluta novità – con conseguente inammissibilità, in parte qua, del motivo – della questione inerente
la mancata approvazione del verbale di ultimazione dei lavori.
3. Anche il terzo motivo, con il quale si deduce vizio motivazionale e
violazione dell’art. 5 della I. n. 741 del 10 dicembre 1981, in relazione
al termine iniziale di decorrenza degli interessi, nella misura in cui è

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relativa alla data di ultimazione dei lavori, che nell’atto di introduzio-

caudatario della contestazione della data di ultimazione dei lavori, segue, stante l’infondatezza del presupposto, la sorte delle prime due
censure, dovendosi aggiungere che la valutazione della Corte di appello circa la congruità del termine di sei mesi per l’esecuzione del

ogni caso a una valutazione di merito insindacabile in questa sede.
Risulta poi proposta per la prima volta in questa sede, nel senso che
dalla sentenza impugnata non emerge la proposizione di apposito
motivo di gravame, la questione inerente l’erroneità della decisione
di primo grado sotto il profilo della mancata considerazione, ai fini
della decorrenza degli interessi, del periodo di due mesi previsto per
l’applicazione del collaudo.

4. IL quarto motivo, concernente il regolamento delle spese processuali, ed espressamente condizionato dall’accoglimento dei ricorso, è
all’evidenza assorbito.
5. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
relative al presente grado del giudizio, liquidate in euro 5.200,00, di
cui euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, in data 16 febbrai 2016
Il Con iglier

Il Funzionario Giudiz ari,
Dott.ssa Fabrizia I3ARi9

collaudo, per altro indicato dalla norma sopra richiamata – attiene in

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