Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31182 del 28/11/2019

Cassazione civile sez. II, 28/11/2019, (ud. 15/01/2019, dep. 28/11/2019), n.31182

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27542/2015 proposto da:

C.G., rappresentato e difeso dagli avvocati MARIO

PORZIO e LAURA BOVE e domiciliato presso la cancelleria della Corte

di Cassazione;

– ricorrente –

contro

T.G., TA.GI. e T.R., rappresentati e

difesi dall’avvocato ANNA IOSSA e domiciliati presso la cancelleria

della Corte di Cassazione;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3791/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 25/09/201;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/01/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione del 10.9.1999 C.G. evocava in giudizio T.G. e M.S. innanzi il Tribunale di Nola, esponendo di essere proprietario di un fabbricato sito in (OMISSIS), confinante con altro immobile di proprietà dei convenuti; che questi ultimi avevano, in occasione di interventi di ristrutturazione del loro bene, creato due vedute laterali prima inesistenti senza il rispetto delle distanze di cui all’art. 906 c.c.; ed invocando la condanna dei convenuti all’arretramento a distanza legale ed al risarcimento del danno. Si costituivano i convenuti resistendo alla domanda, deducendo che l’attore aveva a sua volta sopraelevato il proprio immobile in assenza di licenza edilizia e in violazione delle distanze legali previste dal locale regolamento edilizio, ed invocando quindi, in via riconvenzionale, la condanna del predetto all’arretramento del fabbricato e alrisarcimento del danno. Con sentenza n. 1895/2009 il Tribunale di Nola accoglieva sia la domanda principale, condannando i convenuti ad arretrare le vedute sino alla distanza legale, che la riconvenzionale, condannando l’attore all’arretramento del suo immobile, e compensava le spese del grado.

Interponeva appello il C. e spiegavano appello incidentale T.G., R. e Gi., tutti quali eredi di M.S. ed il primo anche in proprio.

Con la sentenza impugnata n. 3791/2014 la Corte territoriale rigettava l’appello principale accogliendo l’incidentale, sia con riferimento alla condanna dell’originario attore al risarcimento del danno, che il Tribunale non aveva liquidato, sia per quanto attiene all’eccezione di usucapione proposta dai convenuti. Riformava quindi in parte la decisione di prime cure, condannando il C. alle spese del doppio grado.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione il C. affidandosi a un unico motivo. Resistono con controricorso T.G., R. e Gi..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 112,184,183 e 345 c.p.c., artt. 948 e 1158 c.c., perchè la Corte di Appello ha ritenuto tardiva l’eccezione di prescrizione del diritto azionato in via riconvenzionale dai convenuti, sul presupposto che essa fosse stata formulata solo nella comparsa conclusionale di prime cure depositata dall’originario attore, laddove (al contrario) essa era stata già proposta da costui all’udienza del 22.2.2001 e con la memoria ex art. 184. c.p.c., depositata il 9.5.2001. Ad avviso del ricorrente, poichè l’eccezione di usucapione non introduce una domanda nuova, ma mira al rigetto di quella proposta dalla controparte, costituisce eccezione riconvenzionale che può essere utilmente formulata per la prima volta in appello.

La doglianza è infondata.

E’ vero infatti che, come affermato da questa Corte, “L’eccezione riconvenzionale di usucapione, non introducendo una nuova pretesa, ma essendo rivolta essenzialmente ai rigetto di quella della controparte, sia pure con allargamento dei poteri di indagine del giudice, ben può essere proposta per la prima volta in appello” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17808 del 30/08/2011, Rv. 619389). Tuttavia nel caso di specie il ricorrente, originario attore, non ha proposto eccezione riconvenzionale di usucapione, bensì la diversa eccezione di prescrizione della domanda di usucapione proposta, in via riconvenzionale, dai convenuti. Detta eccezione, riproposta anche nell’atto di citazione in appello (cfr. pag. 4, nella quale si rinvia espressamente – relativamente all’eccezione di cui si discute – alla comparsa conclusionale depositata in atti di prime cure) avrebbe dovuto essere proposta in limine litis, trattandosi di eccezione non rilevabile ex officio e quindi, posto che essa era dipendente dalla domanda riconvenzionale di usucapione spiegata dai convenuti, al più tardi con la memoria ex art. 180 c.p.c., comma 2, nel testo di cui alla L. 26 novembre 1990, n. 353, vigente fino al 1.3.2006 ed applicabile ratione temporis (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20147 del 03/09/2013, Rv. 627623). La Corte territoriale ha pertanto correttamente ritenuto tardiva l’eccezione di prescrizione proposta dall’odierno ricorrente oltre il termine massimo di cui anzidetto.

Inoltre, la Corte di Appello ha anche affermato che “In ogni caso, razione per ottenere il rispetto delle distanze legali (nella specie, tendente ad ottenere l’arretramento del fabbricato eretto a distanza irregolare) è, salvo gli effetti dell’eventuale usucapione, imprescrittibile perchè modellata sullo schema dell’actio negatoria servitutis” – (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata). Questa statuizione, che costituisce una ulteriore ratio in base alla quale la Corte territoriale è pervenuta al rigetto del gravame principale spiegato dal C., non risulta specificamente attinta dai motivi di ricorso. Di conseguenza, la statuizione del giudice di secondo grado va confermata, posto che in caso di cd. doppia ratio decidendi ciascuna delle quali è “di per sè sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, con il conseguente onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità del ricorso” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21490 del 07/11/2005, Rv. 586047; conf. Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 15399 del 13/06/2018, Rv. 649408).

In definitiva, il ricorso è rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti per l’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuta per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte rigettali ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore dei contro ricorrenti delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4.200 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorsola norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 15 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2019

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