Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31172 del 03/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 03/12/2018, (ud. 25/09/2018, dep. 03/12/2018), n.31172

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10588-2017 proposto da:

EUROSPIN LAZIO SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 11, presso lo

studio dell’avvocato CRISTIANO ANNUNZIATA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MANLIO ABATI;

– ricorrente –

contro

P.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO

6, presso lo studio dell’avvocato PIERBIAGIO TAVANIELLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato FABRIZIO ZOLI;

– controricorrente –

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 25 settembre 2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCA

SPENA.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 28 settembre – 18 ottobre 2016 numero 4496 la Corte d’Appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Frosinone che, per quanto ancora in discussione, aveva accolto la domanda proposta da P.F. nei confronti della società EUROSPIN LAZIO (in prosieguo: EUROSPIN) S.p.A. per l’accertamento della nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra le parti di causa nel periodo 16 marzo – 19 aprile 2012, con proroga al 17 novembre 2012; per l’effetto, dichiarata l’esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, condannava la società EUROSPIN alla reintegra in servizio del P. ed risarcimento del danno della L. n. 183 del 2010, ex art. 32, in misura di quattro mensilità di retribuzione;

che a fondamento della decisione la Corte territoriale esponeva che la causale del termine era indicata nel contratto in termini di “sostituzione della lavoratrice M.M. in maternità, la cui assenza si protrarrà per l’astensione obbligatoria presumibilmente fino al 19 aprile 2012”; nel documento prodotto dalla società resistente, compariva, invece, aggiunto a penna ed in parentesi, il nominativo di S.A. come dipendente sostituita. Tale ultima indicazione doveva ritenersi postuma ed unilaterale; dalla stessa documentazione della resistente emergeva che S.A. era interdetta dal lavoro per problemi medici di gravidanza e non già in astensione obbligatoria ed in un periodo (dal 22 marzo 2012) successivo a quella di decorrenza del contratto (16 marzo 2012). Era pertanto provato, come dedotto in ricorso, che la assunzione era avvenuta per sostituire la dipendente M.M., in astensione obbligatoria per maternità.

Non era invocabile la giurisprudenza di legittimità relativa alla elasticità della causale sostitutiva nelle realtà aziendali complesse; premesso che l’EUROSPIN, pur gestendo svariati punti vendita nella Regione, non era assimilabile alla realtà aziendale di POSTE ITALIANE, cui si riferiva il principio enunciato dalla Suprema Corte, la causale era nella specie specifica, con indicazione del lavoratore da sostituire: ogni valutazione riguardava dunque la prova della sua effettività. Tale verifica aveva avuto esito negativo, in quanto la stessa EUROSPIN riconosceva che il P. era stato assunto per sostituire una dipendente diversa e comunque assente per causa diversa rispetto a quanto indicato in contratto.

Quanto alla entità dell’indennizzo, la misura di quattro mensilità liquidata nel primo grado rispondeva ai criteri di legge, tenuto conto, in particolare, della media dimensione aziendale di EUROSPIN, delle condizioni economiche delle parti (giovane lavoratore verosimilmente alle prime esperienze lavorative) e della durata complessiva del rapporto (oltre un anno).

che avverso la sentenza ha proposto ricorso la società EUROSPIN, articolato in due motivi, cui ha opposto difese P.F. con controricorso;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti – unitamente al decreto di fissazione dell’udienza – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che la società ricorrente ha dedotto:

– con il primo motivo: ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1,commi 1 e 4, nonchè degli artt. 112,115,116 c.p.c.. Con il motivo si assume la illegittimità della sentenza per avere affermato essere causa della assunzione la sostituzione della lavoratrice M.M. sulla sola base delle lettere iniziali riportate in contratto ( M.M.) senza considerare che essa aveva provato – per documenti e per testi (teste M.I.) – che le effettive ragioni dell’assunzione consistevano nella sostituzione della dipendente S.A.. La ricorrente ha altresì dedotto la legittimità della causale sostitutiva elastica ed assunto che l’eventuale errore materiale contenuto nel testo contrattuale non avrebbe superato l’effettività della ragione sostitutiva dell’assunzione a termine.

– con il secondo motivo: ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32,comma 5, in relazione alla L. n. 604 del 1966, art. 8, nonchè dell’art. 112 c.p.c., per avere la sentenza ritenuto congrua la liquidazione dell’indennità risarcitoria operata dal giudice del primo grado (in quattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto), senza tener conto dei criteri indicati dalla L. n. 604 del 1966, art. 8 ed, in particolare, della modesta anzianità di servizio (circa sette mesi) e del comportamento delle parti, in ragione dei quali l’indennità avrebbe dovuto essere contenuta nella misura minima;

che ritiene il Collegio si debba respingere il ricorso;

che invero:

– il primo motivo, pur denunziando formalmente la violazione di norme di diritto, articola censure per un verso inammissibili e per il resto infondate. In particolare, ancora in questa sede la società ricorrente contesta l’accertamento di fatto, compiuto in senso conforme nei due gradi di merito, della identificazione in M.M. della dipendente indicata nel contratto a termine (attraverso le sole lettere iniziali) come lavoratrice assente da sostituire. Trattasi dell’accertamento di un fatto storico, impugnabile in questa sede di legittimità esclusivamente con la deduzione di un vizio di motivazione (nella specie peraltro preclusa dall’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5) e non con la allegazione di un errore di diritto. Non è poi pertinente il richiamo alla giurisprudenza di legittimità sulla possibile elasticità della causale sostitutiva nelle realtà aziendali complesse; correttamente nella sentenza impugnata si osserva che la società EUROSPIN aveva formalizzato in contratto una causale specifica, con la indicazione del nominativo della dipendente da sostituire sicchè aveva assunto l’onere probatorio di provare la effettività della causale come specificata e non di una più elastica esigenza sostitutiva.

– quanto al secondo motivo, deve in questa sede darsi continuità all’orientamento enunciato da questa Corte (Cassazione civile, sez. lav., 22/01/2014, n. 1320; Cassazione civile sez. lav. 17 marzo 2014 n. 6122)- e già affermato in relazione al risarcimento del danno della L. n. 604 del 1966, ex art. 8 (Cassazione civile, sez. lav., 08/06/2006, n. 13380) – secondo cui la determinazione, tra il minimo e il massimo, della misura dell’indennità risarcitoria prevista alla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, comma 5, in caso di illegittima apposizione del termine al contratto di lavoro spetta al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per vizio di motivazione. La censura sotto questo profilo incorre, al pari di quanto rilevato in relazione al primo motivo, nella preclusione di cui all’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5, derivante dalla pronuncia conforme resa nei gradi di merito;

che, pertanto, il giudizio può essere definito con ordinanza in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. in conformità alla proposta del relatore;

che le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che nel D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, ha aggiunto il comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 3.500 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 25 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2018

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