Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3117 del 07/02/2017


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Cassazione civile, sez. III, 07/02/2017, (ud. 06/06/2016, dep.07/02/2017),  n. 3117

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12901-2013 proposto da:

B.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANNA DONDI giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Z.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 483/2012 del TRIBUNALE di ALESSANDRIA,

depositata il 26/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/06/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 26/6/2012 la Corte d’Appello di Torino ha dichiarato inammissibile il gravame interposto dal sig. B.F. in relazione alla pronunzia Trib. Alessandria n. 9171/09 di rigetto della domanda in via incidentale dal medesimo spiegata nei confronti della sig. Z.S. e di accoglimento della domanda da quest’ultima nei suoi confronti proposta di pagamento di somma a titolo di canoni di locazione, di spese condominiali, di tassa di registrazione per l’anticipata risoluzione del contratto di locazione tra essi intercorso nonchè per la ritardata riconsegna dell’immobile.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il B. propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico complesso motivo.

L’intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con unico complesso motivo il ricorrente denunzia “violazione, falsa e mancata applicazione” dell’art. 143 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorso è per plurimi profili inammissibile.

Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che gli atti e documenti del giudizio di merito dal ricorrente posti a base delle censure (es., alla sentenza del giudice di prime cure, al riconoscimento operato da controparte “che la serratura è stata cambiata dal locatore alla fine di giugno del 2009 e i mobili della cucina sono stati rimossi nel febbraio 2001”) risultano meramente (altresì del tutto genericamente) richiamati e non anche (per la parte strettamente d’interesse in questa sede) debitamente riportati nel ricorso ovvero, laddove riprodotti (es., le dichiarazioni dei testi C., Z., T.), senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti anche in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

Non può d’altro canto sottacersi che laddove si duole che la corte di merito l’abbia ritenuto tenuto al pagamento “dell’indennità di occupazione pari al canone dal giugno 2009 sino al 5/02/11 (data in cui il sig. B. è rientrato in possesso dei suoi beni mobili) sull’unica base dell’occupazione con tre mobili dell’alloggio precedentemente locato, alloggio di cui sin dal giugno 2009 la proprietà aveva cambiato la serratura impedendo al ricorrente di completare il ritiro”, non risulta invero idoneamente censurata la ratio decidendi dell’impugnata sentenza secondo cui “non essendo stato liberato l’immobile, la Z. non poteva liberamente disporne” e che “a nulla rileva… la circostanza che la Z. avesse cambiato la serratura, essendosi dimostrata disponibile a recarsi nell’immobile affinchè il conduttore potesse ritirare i proprio beni mobili”.

Risulta a tale stregua dal ricorrente non osservato il consolidato principio secondo cui allorquando la sentenza di merito impugnata si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione, l’omessa impugnazione, con ricorso per cassazione, anche di una soltanto di tali ragioni determina l’inammissibilità anche del gravame proposto avverso le altre, non potendo le singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, quand’anche fondate, comunque condurre all’annullamento della decisione stessa (v. Cass., 11/1/2007, n. 389) in quanto l’eventuale relativo accoglimento non incide sulla ratio decidendi non censurata, su cui la sentenza impugnata resta pur sempre fondata (v. Cass., 23/4/2002, n. 5902).

E’ dunque sufficiente che, come nel caso, anche una sola delle rationes decidendi su cui si fonda la decisione impugnata non abbia formato oggetto di censura ovvero sia stata respinta) perchè il ricorso (o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa) debba essere rigettato nella sua interezza (v. Cass., 14/7/2011, n. 15449; Cass., Sez. Un., 8/8/2005, n. 16602).

Un tanto non già per carenza di interesse, come pure si è da questa Corte sovente affermato (v. Cass., 11/2/2011, n. 3386; Cass., 12/10/2007, n. 21431; Cass., 18/9/2006, n. 20118; Cass., 24/5/2006, n. 12372; Cass., Sez. Un., 8/8/2005, n. 16602), quanto bensì per essersi formato il giudicato in ordine alla ratio decidendi non censurata (v. Cass., 13/7/2005, n. 14740. V. altresì Cass., 11/1/2007, n. 1658; Cass., 14/7/2011, n. 15449).

Emerge dunque evidente come, lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni del ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via in realtà sollecita, cercando di superare limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Non è peraltro a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2017

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