Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31163 del 29/12/2017


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 31163 Anno 2017
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: ORILIA LORENZO

ORDINANZA

sul ricorso 27808-2016 proposto da:
QUALIANO BRUNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
STIMIGLIANO 5, presso lo studio dell’avvocato FABIO
CODOGNOTTO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

UNIPOLSAI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
PIETRO DELLA VALLE 4, presso lo studio dell’avvocato
2017

MARIO TUCCILLO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente

2581
n 2,,

avverso la sentenza n. 5447/2016 del TRIBUNALE di
NAPOLI, depositata il 02/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 18/10/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO

Data pubblicazione: 29/12/2017

ORILIA.
Lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del
Sostituto Procuratore generale GIANFRANCO SERVELLO, che

ha chiesto rigetto.

CC 18.10.2017
RG n. 27808/2016

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale di Napoli, decidendo
in grado di appello, in riforma di sentenza del locale Giudice di Pace, ha
dichiarato improponibile la domanda proposta dal perito assicurativo
Bruno Qualiano nei confronti della compagnia Fondiaria Sai Assicurazioni
(oggi UnipoISAI Assicurazioni spa), per ottenere il pagamento del

Per quanto ancora interessa, il Tribunale, accertata la proposizione
di più domande nascenti dallo stesso rapporto, ha ravvisato, sulla scorta
della giurisprudenza di legittimità anche a sezioni unite, un abusivo
frazionamento del credito, in considerazione dell’unicità del rapporto
contrattuale esistente con la società, desunto dalla circostanza che il
Qualiano si adeguava alle modalità previste per il pagamento delle
spettanze attraverso un particolare sistema informatico, che accettava le
parcelle solo se conformi ai criteri amministrativi elaborati. Ciò portava ad
escludere che tra le parti venisse concluso di volta in volta un contratto
autonomo. Inoltre, non risultava dimostrata l’esistenza di alcun interesse
meritevole di tutela alla base della operata parcellizzazione.
Il Qualiano ricorre per cassazione con una censura sviluppata in una
duplice articolazione.
Resiste con controricorso la società UnipoISAI Assicurazioni spa.
Il Procuratore Generale dott. Gianfranco Servello ha concluso per il
rigetto.
Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente va esaminata l’eccezione di nullità della notifica
del controricorso sollevata dal ricorrente con la memoria depositata ai
sensi dell’art. 378 cpc.
L’eccezione, che si fonda sulla omessa indicazione del nome del
file nella attestazione di conformità della copia informatica ai sensi
dell’art. 19 ter delle specifiche tecniche del PCT, introdotto dal decreto
28 dicembre 2015, in vigore dal 9 gennaio 2016 è infondata per il

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compenso relativo a un incarico esperito per conto della società.

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RG n. 27808/2016

principio del raggiungimento dello scopo dell’atto (art. 156 comma 3
cpc): se il ricorrente interloquisce unicamente sulla mancata indicazione
del

“nome del file”

nella attestazione di conformità della copia

informatica, quindi su un aspetto meramente formale, è evidente che il
documento informatico contenente il controricorso per cassazione è
stato da lui ricevuto e quindi lo scopo della notifica è stato pienamente

Passando all’esame del ricorso, si denunzia violazione e falsa
applicazione degli artt. 1175 e 1375 cc e 111 Cost. evidenziandosi la
natura giuridica dell’attività svolta dai periti assicurativi (assimilabile a
quella dell’impresa con conseguente assunzione di rischio).
Lamentando erronea interpretazione del principio nomofilattico
espresso dalle sezioni unite nella pronuncia del 15.11.2007 n. 23726 in
relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cpc, il Qualiano analizza la decisione
delle sezioni unite 23726/2007, osservando che il frazionamento abusivo
(e la conseguente violazione del principio di buona fede, correttezza e
giusto processo) ricorre solo in presenza di un unico rapporto
obbligatorio, di un’unica causa petendi, ipotesi non ravvisabile nel caso in
esame in cui si discute di una attività di perito assicurativo svolta in
favore della Fondiaria SAI spa attraverso singoli incarichi ricevuti. Ritiene
irrilevante l’invio delle parcelle in conformità di dello schema predisposto
dalla società assicuratrice, rispondendo tale modalità solo ad una
necessità organizzativa interna della convenuta. Ribadisce la sussistenza
di distinti contratti d’opera professionale e quindi la possibilità di
instaurare tanti giudizi quanti sono i sinistri nei quali egli aveva eseguito
le perizie.
In subordine, in caso di riconoscimento del frazionamento del
credito richiama, il diverso orientamento che utilizza il rimedio della
riunione e della liquidazione delle spese come se si trattasse di un unico
processo.

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raggiunto.

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RG n. 27808/2016

La censura è infondata, pur rendendosi necessaria, ex art. 384 u.c.
cpc la correzione della motivazione della sentenza impugnata, essendo il
dispositivo conforme a diritto.
Partendo dalla ricostruzione del rapporto operata dal Tribunale deve
ritenersi che, benché alla base delle varie obbligazioni vi sia un unico
rapporto di durata pluriennale (per usare la stessa espressione del

professionale e, correlativamente, un’unica obbligazione di pagamento,
essendosi invece in presenza di una pluralità di prestazioni, aventi
peraltro il medesimo contenuto ed i medesimi caratteri. Risulta accertato
infatti che il singolo incarico indicava gli elementi identificativi della stima
da effettuare e la remunerazione del perito era collegata unicamente al
numero dei sinistri periziati, con accettazione delle parcelle mediante il
sistema informatico della compagnia.
Su tali basi, deve ritenersi che i distinti crediti maturati dal Qualiano
siano inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo e fondati su un
medesimo rapporto di durata.
Ebbene, le sezioni unite di questa Corte, intervenute di recente sul
tema della possibilità di frazionamento giudiziale del credito, hanno
affermato che le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di
credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti,
possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese
creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti,
siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di
un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo,
– sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una
duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della
conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande
possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al
creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale
frazionata, e, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice
che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ex

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ricorrente), non può da ciò farsi discendere un’unica prestazione

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art. 183, c.p.c., riservando, se del caso, la decisione con termine alle
parti per il deposito di memorie ex art. 101, comma 2, c.p.c (Sez. U ,
Sentenza n. 4090 del 16/02/2017 Rv. 643111).
Sulla scorta di tale principio e venendo al caso di specie, occorre
pertanto verificare se la mancanza di un interesse oggettivamente
valutabile alla tutela processuale frazionata (riscontrata dal primo giudice

di precedente deduzione nel giudizio di merito: la risposta non può che
essere positiva in considerazione della linea difensiva adottata dalla
società convenuta improntata principalmente sulla improponibilità della
domanda per abusivo frazionamento del credito, concetto che, come è
evidente, presuppone logicamente proprio la contestazione dell’esistenza
di un interesse meritevole di tutela a tale modalità di esercizio del diritto
di azione, anche in relazione al principio di proporzionalità nell’uso della
giurisdizione (Cass.21 dicembre 2016 n.26464).
E sul tema dell’interesse concreto alla proposizione di separati
giudizi – fondamentale per la soluzione della questione di diritto che la
Corte deve oggi risolvere – il ricorrente si limita ad un generico richiamo
al rischio di prescrizione, ma non allega alcun concreto elemento a
sostegno della sua affermazione (decorrenza del termine e sua
scadenza), né deduce l’esistenza di elementi di fatto idonei a diversificare
le prestazioni di volta in volta eseguite e tali da giustificare una
trattazione separata delle sue pretese creditorie. Di conseguenza, il
fugace accenno al rischio prescrizione si rivela privo di consistenza ai fini
che qui interessano, anche perché sarebbe stato sufficiente l’invio di un
mero atto di costituzione in mora per interrompere il decorso del termine
(art. 2943 ultimo comma cc).
L’intervento chiarificatore delle sezioni unite costituisce elemento
sufficiente a giustificare la diversa soluzione qui adottata rispetto a quella
a cui è pervenuta la sentenza di questa Corte n. 18810/2016 tra le stesse
parti resa in fattispecie in cui il mancato svolgimento di attività difensiva
dal parte della odierna resistente non aveva consentito – al contrario di

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e posta a base della pronuncia di improponibilità) abbia formato oggetto

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quanto avvenuto nel presente giudizio – di identificare la riconducibilità
delle diverse controversie separatamente instaurate dall’odierno
ricorrente al medesimo ambito oggettivo e dunque in buona sostanza, in
assenza di un apprezzabile interesse al frazionamento, l’esistenza di una
pratica abusiva, in ordine alla quale il giudice di rinvio di quel giudizio
dovrà svolgere le proprie valutazioni.

Trattandosi di ricorso successivo al 30 gennaio 2013 e deciso
sfavorevolmente, sussistono le condizioni per dare atto — ai sensi dell’art.
1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di
stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1 -quater all’art. 13 del testo
unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 — della sussistenza
dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa
impugnazione, mancando un provvedimento di ammissione al patrocinio a
spese dello Stato.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi C. 845,00
di cui C. 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15%. Ai
sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito
dall’art.1,comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a
norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.
Roma, 18.10. 2017.

Consegue pertanto il rigetto del ricorso.

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