Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31152 del 03/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 03/12/2018, (ud. 26/09/2018, dep. 03/12/2018), n.31152

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16089/2013 proposto da:

S.A., (OMISSIS), domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso

LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIUSEPPE MINGIARDI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS) in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli

avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, CARLA D’ALOISIO, LELIO

MARITATO, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 509/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 04/06/2012 R.G.N. 1441/2006.

Fatto

RITENUTO

Che:

la Corte d’appello di Catania con sentenza n. 509/2012, in riforma della impugnata sentenza, rigettava l’opposizione proposta da S.A. avverso la cartella di pagamento relativa ai contributi dovuti in relazione al rapporto di lavoro intercorso con il dipendente Se.Sa. per il periodo da aprile 1996 a giugno 1998;

a fondamento della decisione la Corte sosteneva che dal complesso degli elementi acquisiti agli atti doveva ritenersi provata la pretesa dell’Inps anche in relazione a tale periodo del rapporto di lavoro, antecedente alla formale assunzione del lavoratore avvenuta in data 11/3/1998; ciò sia perchè era pacifica la presenza dello stesso lavoratore nei locali aziendali sin dal mese di aprile 1996, come confermato dalle bolle di consegna da quest’ultimo firmate in data 19 aprile 1996, 18 ottobre 1996, 4 novembre 1996, 18 marzo 1997, 9 gennaio 1997 e 17 ottobre 1997; sia perchè era inattendibile la tesi sostenuta dall’opponente secondo cui la presenza del predetto era giustificata dalla necessità di conoscere il funzionamento e la consistenza dell’azienda al fine di valutare la convenienza della formalizzazione del rapporto in forma associativa effettuata nel mese di gennaio 1999 e dunque ben tre anni dopo circa; una tesi che cozzava contro la circostanza pacifica nella causa dell’assunzione del Se. a tempo indeterminato immediatamente dopo l’accesso ispettivo dell’11/3/1998, nel corso del quale il lavoratore non fece peraltro alcun cenno a tale intenzione; non si comprendeva, inoltre, secondo la stessa Corte, come l’andamento di un’attività commerciale e dunque la convenienza di formalizzare un’associazione in partecipazione si potesse desumere dalle bolle di consegna della merce e in particolare mediante l’apposizione della firma sulle stesse nè come tale condotta potesse ritenersi sintomatica dell’esistenza di un rapporto di associazione in partecipazione di fatto; senza peraltro che fosse mai stata neppure allegata la partecipazione agli utili da parte del Se., elemento caratterizzante di tale istituto;

contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione S.A. con tre motivi nei quali ha dedotto: 1) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c., in relazione al giudicato esterno (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4) avendo la Corte disatteso l’efficacia del giudicato di cui alla sentenza n. 203/2006 del giudice del tribunale di Catania sezione lavoro pronunciata tra le stesse parti la quale aveva ritenuto insussistente il rapporto di lavoro subordinato con lo stesso Se.Sa. (in relazione alla contribuzione obbligatoria nei confronti della S.S.N.); 2) violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,1656,2022 c.c., art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, avendo il giudice erroneamente affermato che l’Inps avesse provato i presupposti della propria pretesa contributiva; avendo ritenuto sollevato l’Inps dall’onere di provare la natura subordinata del rapporto di lavoro tanto più che tale natura risultava esclusa dall’ulteriore sentenza n. 3584/2003 pronunciata dal tribunale civile di Catania, e passata in giudicato, in sede di opposizione all’ordinanza ingiunzione dell’Ispettorato provinciale di Catania sul medesimo oggetto; 3) violazione dell’art. 91 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 numero tre c.p.c. per avere il giudice di merito ingiustamente condannato la S. al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 2000;

l’INPS ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

la ricorrente ha depositato una prima memoria contenente dichiarazione di adesione alla definizione agevolata ex D.L. n. 193 del 2016, conv. in 225/2016, nota prot. n. 189287 del 23/03/2017 di Riscossione Sicilia SPA; rate, 1, 2, 3 e 4;

prima dell’adunanza in Camera di consiglio la ricorrente ha altresì depositato richiesta di cessazione della materia del contendere in forza del pagamento delle somme dovute per la definizione agevolata prevista dalla legge;

tanto premesso, poichè la stessa istanza non risulta essere stata comunicata all’INPS titolare sostanziale del credito e parte di questo processo, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per cassazione per sopravvenuta carenza di interesse;

le spese processuali devono essere integralmente compensate, considerato l’esito del giudizio e le ragioni della cessazione della materia del contendere, correlate alla definizione agevolata del debito in via stragiudiziale, in forza di una norma di legge entrata in vigore successivamente al deposito dello stesso ricorso per cassazione;

deve darsi atto, peraltro, che sussistono le condizioni richieste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese processuali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 26 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2018

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