Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31148 del 29/12/2017


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 31148 Anno 2017
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso 21152-2016 proposto da:
TEMPONE MICHELE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
FIRENZE, 32, presso lo studio dell’avvocato ELENA
LEMBO, rappresentato e difeso dall’avvocato TOMMASO
RICCI;
– ricorrente contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro
2017

tempore;
– intimato –

2317

avverso il decreto Rep.n.
D’APPELLO di CATANZARO,

1250/2016 della CORTE

depositato il 22/06/2016,

R.G.V.G.n. 82/16;
udita la relazione della causa svolta nella camera di

Data pubblicazione: 29/12/2017

consiglio del 27/09/2017 dal Consigliere GIUSEPPE
GRASSO;
Lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del
Sostituto Procuratore Generale GIANFRANCO SERVELLO che

ha chiesto rigetto del ricorso.

Ritenuto che la Corte d’appello di Catanzaro, con decreto
depositato il 22/6/2016, decidendo in sede di riassunzione, dopo che
in precedenza questa Corte, con sentenza n. 22761 del 2015, aveva
cassato la precedente statuizione di merito, condannò il Ministero
della Giustizia a pagare a Michele Tempone la somma di C 5.250,00 a
titolo d’indennizzo per la non ragionevole durata del processo penale

che avverso il predetto decreto il Tempone propone ricorso
corredato da unitaria censura, attraverso la quale lamenta la
violazione dell’art. 3, Cost., adducendo che con altro decreto la
medesima Corte locale aveva stimato, a riguardo della posizione di
altri ricorrenti (che assume coinvolti nel medesimo processo
presupposto), in sette anni la durata eccessiva ed in C 1.200,00 per
anno la misura del ristoro, nel mentre, in violazione del principio
d’uguaglianza costituzionale, per il Tempone la irragionevole durata
era stata quantificata in sei anni e l’indennizzo in complessivi C
5.250,00;
che, inoltre, il ricorrente deduce che con la decisione impugnata si
erano violati i parametri stabiliti dalla Corte EDU;
ritenuto che il Procuratore Generale, in persona del Sostituto
Gianfranco Servello, ha concluso per il rigetto del ricorso;
considerato che la censura è nel suo complesso infondata poiché:
a) quanto al primo profilo, questa Corte (Sez. 6-2, n. 3220/2016
e n. 5927/016) ha condivisamente chiarito che «come di recente
affermato da questa Corte, la violazione delle norme costituzionali
non può essere prospettata direttamente col motivo di ricorso per
cassazione ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in quanto il
contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali,
realizzandosi sempre per il tramite dell’applicazione di una norma di
legge, deve essere portato ad emersione mediante l’eccezione di
illegittimità costituzionale della norma applicata (Cass. n. 3708/14).

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presupposto;

Infatti — può aggiungersi — sebbene le norme costituzionali siano
dotate di una precettività propria ed immediata che, sotto il profilo
effettuale, crea il medesimo vincolo d’osservanza prodotto da
qualsiasi altra tipologia di norme, è la natura stessa del ricorso per
cassazione ad escludere che nell’ambito dell’ipotesi di cui al n. 3
dell’art. 360 c.p.c. possa sussumersi la violazione (o la falsa

Quello di cassazione, infatti, è un giudizio a critica vincolata,
delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una
funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica
con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito.
Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente
possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una
precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle
categorie logiche previste dall’alt. 360 c.p.c. (cfr. Cass. nn. 19959/14,
8585/12 e 18202/08)» di talché «Ipotizzare, invece, come
direttamente censurabile e senza alcun tramite legislativo la
violazione (non di una regola ma) di un principio costituzionale,
equivale ad introdurre all’interno d’un mezzo d’impugnazione che
l’ordinamento processuale vuole a struttura chiusa e a critica
vincolata, un elemento contraddittorio di atipicità, idoneo a veicolare
motivi non tassativi perché non riconducibili ad alcuno dei paradigmi
dell’art. 360, primo comma c.p.c.», dovendosi, quindi, concludere
che «mentre davanti al giudice di merìto il richiamo assoluto al
principio costituzionale, senza alcun collegamento con una data
norma di legge da interpretare, non produce effetti invalidanti sulla
domanda o sul gravame, poiché detto giudice è comunque tenuto a
ricercare, nei limiti dell’uno o dell’altro, la soluzione giuridica acconcia
al caso sottopostogli, diversamente accade nel giudizio di cassazione.
Quest’ultimo, consistendo in un controllo di sola legittimità sul
provvedimento impugnato, esige che il ricorrente individui la norma

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applicazione), senz’alcun altro tramite, di articoli della Costituzione.

di legge violata o falsamente applicata. Non solo, ma occorre, a pena
d’inammissibilità, che la censura indichi le affermazioni in diritto
contenute nel provvedimento impugnato che motivatamente si
assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con
l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità
o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla

fondamento della denunziata violazione (giurisprudenza costante: cfr.
Cass. nn. 16132/05, 26048105, 20145/05, 1108/06, 10043/06,
20100/06, 21245/06, 14752/07, 3010/12 e 16038/13)»;
b) quanto al secondo profilo, dovendosi rilevare che è riservato
insindacabilmente al giudice del merito verificare lo scostamento dalla
ragionevole durata in relazione alle peculiarità della vicenda
processuale presupposta (Sez. 2, n. 17634/015), nonché la
quantificazione dell’indennizzo, poiché, pur premesso che i criteri di
liquidazione applicati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non
possono essere ignorati dal giudice nazionale, ad essi costui può
tuttavia apportare le deroghe giustificate dalle circostanze concrete
della singola vicenda, purché motivate e non irragionevoli, evitando di
scendere al disotto della soglia di 750 euro per anno di ritardo, salvo
l’emergere di peculiari circostanze (Cfr., ex multis, Sez. 6-1, n.
17922/010);
considerato che nulla va disposto per le spese non avendo il
Ministero intimato svolto difese in questa sede;
ritenuto che non trova applicazione l’art. 13, co. 1 quater del
d.P.R. n. 115/2002;
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma il giorno 27 settembre 2017.

S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il

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