Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31145 del 28/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 28/11/2019, (ud. 10/10/2019, dep. 28/11/2019), n.31145

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8669/2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO, VINCENZO STUMPO;

– ricorrente –

contro

M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CALABRIA 56,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI D’AMATO, rappresentata e

difesa dagli avvocati PASQUALE TAMMARO, ALFREDO SORGE, AMEDEO SORGE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7403/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 07/01/2014 R.G.N. 1715/2013.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza del 7 gennaio 2014, la Corte d’Appello di Napoli, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Napoli, accoglieva la domanda proposta da M.L. nei confronti dell’INPS, avente ad oggetto il riconoscimento del diritto ad essere collocata in mobilità con attribuzione della relativa indennità a seguito del licenziamento collettivo disposto dal curatore del Fallimento della (OMISSIS) S.r.l., essendo rimasta esclusa dall’elenco degli aventi diritto all’iscrizione nelle liste di mobilità comunicato dal curatore, in quanto formalmente non inclusa nell’organico aziendale, per la mancata esecuzione dell’ordine di reintegra emesso a seguito della declaratoria giudiziale dell’illegittimità del licenziamento orale in precedenza intimatole dall’azienda in bonis;

che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto il rapporto di lavoro della M. in essere, in ragione della nullità del licenziamento orale in precedenza intimatole, fino al licenziamento collettivo cui ha dato corso la curatela fallimentare, sulla quale gravava l’obbligo di provvedere all’iscrizione della lavoratrice nelle liste di mobilità, obbligo il cui inadempimento, riferibile esclusivamente al curatore, non poteva essere fatto ricadere sulla lavoratrice licenziata;

che per la cassazione di tale decisione ricorre l’INPS, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, la M.;

che l’Istituto ricorrente ha poi presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che, con l’unico motivo, l’Istituto ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione del combinato disposto, vigente ratione temporis, della L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9, art. 6, comma 1, art. 7, comma 1 e art. 24, commi 1 e 2, lamenta la non conformità a diritto della pronunzia resa dalla Corte territoriale avendo questa affermato la sussistenza del diritto all’indennità di mobilità in difetto del requisito dell’iscrizione nelle liste di mobilità, requisito la cui mancata acquisizione, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte medesima, deve dirsi riferibile alla lavoratrice, atteso che la stessa avrebbe potuto conseguirlo, così evitando le conseguenze negative dell’inadempimento del curatore, chiedendo al suo posto l’iscrizione nelle liste;

che il motivo si rivela meritevole di accoglimento alla luce dell’orientamento invalso nella giurisprudenza di questa Corte (cfr., da ultimo, Cass. 20 marzo 2013, n. 13112) a seguito della pronunzia della Corte costituzionale del 21 gennaio 1999, n. 6, che, per dissipare, attraverso una interpretazione adeguatrice delle norme di legge censurate, i dubbi di costituzionalità espressi dal giudice remittente, sollevati appunto con riferimento alla possibilità per il lavoratore di perdere i benefici della mobilità anche a causa di un comportamento omissivo del datore di lavoro, il quale avesse violato le regole relative, omettendo pertanto di chiedere l’iscrizione dei lavoratori licenziati nelle liste di mobilità, aveva sancito per il lavoratore pregiudicato dal comportamento omissivo del datoredi lavoro la possibilità di evitare il relativo danno, attivandosi, ai sensi del D.L. n. 148 del 1993, art. 4, comma 1, col chiedere personalmente, entro sessanta giorni dal licenziamento, l’iscrizione nelle liste di mobilità alla sezione circoscrizionale per l’impiego;

che, di contro, devono ritenersi infondate le censure in rito sollevate dalla M. con il proprio controricorso, risultando, da un lato, il ricorso tempestivamente notificato, dovendosi tener conto, diversamente da quanto assume la controricorrente, della data di presentazione per la notificazione a mezzo posta e dall’altro, non ravvisandosi la prospettata carenza del contraddittorio, atteso che non è nella fattispecie de qua, in cui il soggetto che in primo grado aveva sottoscritto il ricorso unitamente alla M., si era limitato a proporre la medesima domanda, ottenendone l’accoglimento con una decisione che, in difetto di impugnazione da parte dell’INPS, era passata in giudicato, non è ravvisabile alcun litisconsorzio processuale;

che, pertanto, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà in conformità, disponendo, altresì, per l’attribuzione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2019

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