Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31143 del 28/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 28/11/2019, (ud. 10/10/2019, dep. 28/11/2019), n.31143

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18423-2014 proposto da:

L.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE

95, presso lo studio dell’avvocato MICHELE GIANNASIO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO PREVIDENZA SOCTALE, in persona Presidente e legale

tempore, in proprio della S.C.C.I. S.P.A. Cartolarizzazione dei

Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, CARLA

D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO, GIUSEPPE MATANO;

– resistenti con mandato –

avverso la sentenza n. 10909/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/03/2014 R.G.N. 1012/2011.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte di Appello di Roma, con sentenza del 3 marzo 2014, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto il ricorso proposto da L.S. volto ad impugnare la cartella esattoriale notificata da Gerit Spa, quale concessionaria del servizio di riscossione, per conto dell’Inps, con la quale era stato richiesto il pagamento della somma di Euro 32.418,00 per omissioni contributive;

2. la Corte di Appello ha ritenuto provata la natura subordinata dei rapporti oggetto di accertamento in sede ispettiva, sulla scorta del materiale probatorio acquisito al giudizio;

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il soccombente con 2 motivi, illustrati da memoria; l’intimato INPS ha solo depositato procura speciale.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112,342 e 434 c.p.c. per omessa pronuncia della Corte territoriale sulla eccezione di inammissibilità dell’appello proposto dall’INPS, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 434 c.p.c., in relazione allo stesso art. 360 c.p.c., n. 3 perchè i motivi di gravame dell’Istituto erano privi della necessaria specificità;

2. il motivo non merita accoglimento;

esso è inammissibile sia laddove lamenta una omessa pronuncia, atteso che il mancato esame, da parte del giudice di merito, di una questione puramente processuale non può dar luogo ad omissione di pronuncia, configurandosi quest’ultima nella sola ipotesi di mancato esame di domande o eccezioni di merito (per tutte v. Cass. n. 22592 del 2015 con la giurisprudenza ivi richiamata; più di recente, Cass. ord. n. 321 del 2016; conf. Cass. n. 25154 del 2018; per Cass. n. 1701 del 2009, la sentenza che si assuma avere erroneamente rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello non è censurabile in sede di legittimità per violazione dell’art. 112 c.p.c.), sia nella parte in cui deduce che l’appello dell’INPS non era conforme alle prescrizioni imposte dagli artt. 342 e 434 c.p.c., atteso che non riporta il contenuto di tale atto, in violazione del principio di specificità del ricorso per cassazione, precludendo a questa Corte di delibare in limine litis la censura, non potendo il ricorrente limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne il vizio processuale di cui lo ritenga affetto (cfr. Cass. n. 12664 del 2012; Cass. n. 86 del 2012; Cass. n. 20405 del 2006; Cass. n. 6225 del 2005; Cass. n. 9734 del 2004; Cass. n. 23420 del 2011);

3. il secondo motivo denuncia: “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2094,2222,2697,2700 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti e relativi alla natura, frequenza, durata e consistenza delle prestazioni rese dai signori A. e C. e, in genere, alla mancanza degli elementi della subordinazione nei rapporti di lavoro oggetto di causa”;

4. il motivo non può trovare accoglimento;

oltre i profili di inammissibilità derivanti dal denunciare promiscuamente la contemporanea deduzione di violazione di plurime disposizioni di codice, sostanziale e processuale, unitamente alla deduzione di omesso esame “circa fatti decisivi”, senza adeguatamente specificare quale errore, tra quelli dedotti, sia riferibile ai singoli vizi che devono invece essere riconducibili ad uno di quelli tipicamente indicati dall’art. 360 c.p.c., comma 1 in tal modo non consentendo una sufficiente identificazione del devolutum e dando luogo all’impossibile convivenza, in seno al medesimo motivo di ricorso, “di censure caratterizzate da… irredimibile eterogeneità” (Cass. SS.UU. n. 26242 del 2014; cfr. anche Cass. SS.UU. n. 17931 del 2013; conf. Cass. n. 14317 del 2016), il motivo nella sostanza, nonostante l’invocazione solo formale di violazioni o false applicazioni di norme, investe l’accertamento in fatto compiuto dai giudici del merito in ordine alla ritenuta sussistenza della subordinazione;

orbene, come noto, nell’ambito delle controversie qualificatorie in cui occorre stabilire se certe prestazioni lavorative siano rese in regime di subordinazione oppure al di fuori del parametro normativo di cui all’art. 2094 c.c., la valutazione delle risultanze processuali che inducono il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nello schema contrattuale del lavoro subordinato o meno costituisce accertamento di fatto censurabile in Cassazione, secondo un pluridecennale insegnamento di questa Corte (tra molte, nel corso del tempo, v. Cass. n. 1598 del 1971; Cass. n. 3011 del 1985; Cass. n. 6469 del 1993; Cass. n. 2622 del 2004; Cass. n. 23455 del 2009; Cass. n. 9808 del 2011), solo per la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre può essere sindacata nei limiti segnati dall’art. 360 c.p.c., n. 5 tempo per tempo vigente, la scelta degli elementi di fatto cui attribuire, da soli o in varia combinazione tra loro, rilevanza qualificatoria (cfr., più di recente, Cass. n. 11646 del 2018 e Cass. n. 13202 del 2019);

nel caso che ci occupa la sentenza impugnata è sottoposta alla versione di testo introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), conv. con modificazioni in L. n. 134 del 2012, sulla quale le Sezioni unite di questa Corte (Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014) hanno espresso i seguenti principi di diritto (principi costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici): a) la disposizione deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”; b) il nuovo testo introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia); c) l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie; d) la parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la “decisività” del fatto stesso;

il motivo in esame risulta irrispettoso di tali enunciati, pretendendo una diversa valutazione delle risultanze processuali e non enucleando un singolo fatto storico decisivo, traducendosi piuttosto in un diverso convincimento della parte soccombente rispetto a quello espresso dalla Corte territoriale nella valutazione del materiale probatorio, per cui si rivela, anche per questo verso, inammissibile;

5. conclusivamente il ricorso va respinto; nulla per le spese non avendo l’intimato Istituto svolto attività difensiva ma solo depositato una procura speciale;

occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2019

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