Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3114 del 10/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 10/02/2020, (ud. 10/01/2020, dep. 10/02/2020), n.3114

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17067/2020 R.G. proposto da:

S.S., rappresentato e difeso dall’Avv. Roberto Maiorana,

con domicilio eletto in Roma, viale Angelico, n. 38;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ROMA;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 2715/18

depositata il 26 aprile 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 gennaio

2020 dal Consigliere Dott. Mercolino Guido.

Fatto

RILEVATO

che S.S., cittadino del Gambia, ha proposto ricorso per cassazione, per tre motivi, avverso la sentenza del 26 aprile 2018, con cui la Corte d’appello di Roma ha dichiarato inammissibile, per difetto di specificità, il gravame da lui interposto avverso l’ordinanza emessa l’8 marzo 2017 dal Tribunale di Roma, che aveva rigettato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e, in subordine, della protezione sussidiaria o del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposta dal ricorrente;

che il Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 342 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto che l’atto di appello si limitasse a riproporre le questioni già sollevate in primo grado, senza confutare le ragioni poste a fondamento della sentenza appellata, laddove, pur avendo richiamato le deduzioni riportate nel ricorso introduttivo, egli aveva mosso critiche effettive alla motivazione adottata dal tribunale, avendo evidenziato l’omessa valutazione della situazione del suo Paese di origine, la sua condizione personale e l’rischi cui sarebbe rimasto esposto in caso di rimpatrio;

che con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione di legge e l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, osservando che, nel rigettare la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria, il Tribunale non ha tenuto conto della grave situazione d’insicurezza esistente in Gambia;

che con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, artt. 5 e 19, censurando la sentenza di primo grado per aver escluso la sussistenza del danno grave previsto dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14 e die presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, senza tener conto del carattere circostanziato delle dichiarazionì da lui rese a sostegno della domanda e della situazione socio-economica del suo Paese di origine;

che il primo motivo è inammissibile;

che, in proposito, va infatti richiamato l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ove il ricorrente censuri la dichiarazione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità, ha l’onere dì specificare nel ricorso le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione e sufficientemente specifici i motivi di gravame, non potendo limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma dovendo riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità (cfr. Cass., Sez, III, 13/03/ 2018, n. 6014; 10/01/2012, n. 86; Cass., Sez. V, 20/07/2012, n. 12664);

che il predetto onere nella specie non può ritenersi correttamente adempiuto, risolvendosi le censure nella mera insistenza sul dovere del giudice di secondo grado di procedere ad un riesame dei fatti, accompagnata da una generica indicazione delle ragioni fatte valere con l’atto di appello e da un richiamo alla giurisprudenza di legittimità, cui non fa riscontro nè la trascrizione dei motivi di gravame nè la formulazione di puntuali critiche alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata;

che all’inadeguata formulazione del motivo d’impugnazione non può sopperirsi neppure attraverso l’esame diretto degli atti, consentito al Giudice di legittimità nel caso in cui sia denunciato un error in procedendo, dal momento che l’esercizio di tale potere presuppone comunque l’ammissibilità della censura proposta dal ricorrente, il quale non è dunque dispensato dalla specificazione del contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata e dalla puntuale indicazione dei fatti processuali alla base dell’errore denunciato (cfr. Cass., Sez. V, 29/09/2017, n. 22880; Cass., Sez. III, 16/10/ 2007, n. 21621; Cass., Sez. I, 20/09/2006, n. 20405);

che, ove si ritenga che le censure proposte con l’atto di appello siano state integralmente riportate nel secondo e nel terzo motivo di ricorso, singolarmente rivolti contro la sentenza di primo grado, anzichè contro quella di appello, l’impugnazione risulterebbe infondata, avuto riguardo alle modalità di formulazione dei motivi di gravame, che, in quanto consistenti in astratte considerazioni sulla disciplina sostanziale e processuale della protezione internazionale ed in un generico riferimento alle condizioni socio-economiche del Paese di origine del ricorrente, non accompagnati da alcun cenno alla vicenda personale di quest’ultimo ed alle argomentazioni poste a fondamento della decisione di primo grado, confermano la valutazione d’inammissibilità risultante dalla sentenza impugnata;

che, ove invece si ritenga che con il secondo ed il terzo motivo il ricorrente abbia inteso proporre autonome censure di legittimità, le stesse devono considerarsi inammissibili, in quanto, avendo ad oggetto la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale, non attingono la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale non ha esaminato il merito della controversia, ma si è limitata a rilevare l’inammissibilità dell’appello;

che il ricorso va dichiarato pertanto inammissibile, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo alla mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 10 febbraio 2020

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