Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31132 del 29/12/2017


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 31132 Anno 2017
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: DE MASI ORONZO

ORDINANZA

sul ricorso 17335-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

ANFUSO CARMELO, elettivamente domiciliato in ROMA
2017
2992

VIA GENOVA 30, presso lo studio dell’avvocato
NICOLA ENRICO GUGLIELMINO, rappresentato e difeso
dall’avvocato SEBASTIANO ATTARDI;

Data pubblicazione: 29/12/2017

- controricorrente –

avverso la sentenza n. 182/2011 della
COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di CATANIA, depositata il

udita la relazione della causa svolta nella camera
di consiglio del 07/12/2017 dal Consigliere Dott.
ORONZO DE MASI.

19/05/2011;

RITENUTO

che l’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione, con due motivi, illustrati con
memoria, nei confronti di Carmelo Anfuso, il quale resiste con controricorso, avverso
la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 182/31/11,

decisione della Commissione tributaria provinciale di Catania che, in relazione alla

71″a di pagamento notificata il 19/2/2003 al predetto contribuente, per IVA non

versata, relativamente all’anno 1998, oltre interessi e sanzioni, aveva disposto
l’annullamento della sanzione iscritta a ruolo, ritenendo efficace l’istanza di definizione
ex art. 9 bis, comma 2, L. n. 289 del 2002, e dichiarato cessata la materia del
contendere in ordine al debito tributario rateizzato, essendo

i relativi pagamenti

all’epoca ancora in corso;
che secondo la CTR il ,ricorso introduttivo è stato proposto “in effetti” contro il
silenzio-rifiuto dell’Ufficio alla istanza di annullamento delle sanzioni non più dovute
per intervenuta presentazione della domanda di condono, e non già contro la cartella
esattoriale, come ritenuto dal giudice di prime cure, rispetto ad un debito tributario,
quello iscritto a ruolo, per il quale il contribuente aveva ottenuto la rateizzazione,
sicché la validità ed efficacia della definizione ex art. 9 bis, comma 2, L. n. 289 del
:T7;2, discende dalla circostanza che non si è verificata alcuna inadempienza,
considerato che “il ruolo non era ‘ancora scaduto alla data del 16/4/2003, in quanto
notificato il 19/2/2003” con la cartella di pagamento;

CONSIDERATO

che con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente Agenzia delle Entrate deduce, in
relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione
dell’art. 21, comma 1, L. n. 546 del 1991, giacché la CTR avrebbe dovuto dichiarare
inammissibile il ricorso introduttivo del contribuente in quanto proposto (23/2/2005)
dopo la scadenza del termine di giorni sessanta dalla notifica (19/2/2003) della
cartella di pagamento impugnata, in tal modo divenuta inoppugnabile, ai sensi
dell’art. 21, D.Lgs. n. 546 del 1992, avendo l’Anfuso chiesto la rateizzazione del debito
tributario il 9/7/2003, quando il predetto termine era già scaduto, ed effettuato il
pagamento della prima rata il 31/10/2003, secondo il piano fissato dall’Ufficio con il

depositata il 19/5/2011, con cui è stato respinto l’appello dell’Ufficio e confermata la

decreto n. 428/2003R44076, e pertanto non avendo eseguito la definizione agevolata
nei modi e termini previsti dall’invocato art. 9 bis, L. n. 289 del 2002;
che con il secondo motivo d’impugnazione deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c.,
comma primo, n. 3, violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt.
9 bis, L. n. 289 del 2002, 25, D.P.R. n. 602 del 1973, 19, D.P.R. n. 602 del 1973,

contribuenti e ai sostituti d’imposta che, alla data del 16/4/2003, abbiano provveduto
ai versamento delle imposte o delle ritenute, e relativi interessi, ovvero nel caso di
sanzioni iscritte a ruolo per tardivo versamento, soltanto degli interessi iscritti a ruolo,
mentre l’Anfuso alla data del 16 aprile 2003 non aveva pagato né le imposte, né gli
interessi iscritti a ruolo, in quanto il pagamento delle rate per decreto dell’Ufficio
decorreva dal 31/10/2003, l’inizio della dilazione era fissato alla data del 9/7/2003, e
l’intero carico risulta definito il 29/9/2006 con il versamento dell’ultima rata;
che le suesposte censure, esaminabili congiuntamente, sono fondate e meritano
accoglimento, anche se per ragioni diverse da quelle dedotte dalla ricorrente;
che, in estrema sintesi, la ratio decidendi della impugnata sentenza si fonda sulla
seguente ricostruzione dei fatti di causa: il contribuente, ricevuta in data 19/2/2003
la notifica della cartella di pagamento, che ai sensi dell’art. 21, comma 1, D.Lgs. n.
546 del 1992 vale anche come notifica del ruolo, chiedeva all’Ufficio, ed otteneva, la
rateizzazione del carico fiscale, ricomprendente l’imposta (IVA) non versata, interessi
e sanzioni, e chiedeva anche, la restituzione della relativa somma di Euro 8.412,04,
impugnando, tempestivamente, il silenzio-rifiuto serbato dall’Ufficio sull’istanza di
sgravio dell’importo relativo appunto alle sanzioni, essendo in corso i pagamenti
previsti dal piano di rateizzazione;
che la questione posta dall’Agenzia delle Entrate con i motivi di ricorso concerne la
applicabilità, nel caso di specie, della definizione agevolata di cui all’art. 9 bis, in tesi
da escludersi dal momento che la cartella di pagamento de qua, non impugnata nel
termine di sessanta giorni dalla sua notifica (19/2/2003), era divenuta inoppugnabile,
ai sensi dell’art. 21, D.Lgs. n. 546 del 1992, e con essa definitivo il debito iscritto a
ruolo, avendo il contribuente chiesto la rateizzazione del debito tributario il 9/7/2003,
quando cioè il predetto termine era già scaduto, e versato la prima rata il 31/10/2003,
sicché non era nelle condizioni per beneficiare della disapplicazione delle sanzioni,
oggetto della disattesa istanza di sgravio;

che, invero, secondo il costante orientamento di questa Corte, “L’art. 9 bis della legge
27 dicembre 2002, n. 289, nella parte in cui consente di definire una contròversia con
2

giacché le sanzioni previste dall’articolo 13, D.Lgs. n. 471/1997, non si applicano ai

l’Amministrazione finanziaria evitando il pagamento delle sanzioni connesse al
ritardato od omesso versamento dell’IVA, deve essere disapplicato a prescindere da
specifiche deduzioni di parte e senza che possano ostarvi preclusioni procedimentali o
processuali (quale, nella specie, il carattere “chiuso” del giudizio di cassazione),
essendo in contrasto con gli obblighi previsti dagli artt. 2 e 22 della VI direttiva del

legislazioni degli Stati membri relative secondo l’interpretazione resa dalla
Corte di giustizia nella sentenza 17 luglio 2008, causa C-132/06, che ascrive a dette
norme comunitarie portata generale. Invero, anche tale forma di condono cosiddetto
clemenziale, come le ipotesi di condono premiale previste dagli artt. 7 ed 8 della
menzionata legge n. 289 del 2002, è idonea a pregiudicare Seriamente il
funzionamento del sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, incidendo sulla
corretta riscossione di quanto dovuto.” (ex multis, Cass. n. 20435/2014, Cass. S.U. n.
3674/2010);
che, pertanto, nella presente controversia, avente ad oggétto il diniego di condono
relativo all’IVA, la L. n. 289 del 2002, art. 9 bis va disapplicato – alla soluzione delle
questioni di diritto presiede il principio “iura novit curia” di cui all’art. 113 c. p. c. -, e
la sentenza impugnata merita di essere cassata senza rinvio, per l’incompatibilità
comunitaria della norma, che determina il rigetto dell’originario ricorso proposto dal ,
contribuente;
che il progressivo consolidarsi della

giurisprudenza

richiamata

giustifica la

compensazione delle spese dell’intero giudizio;

P.Q.M.

-La Corte accoglie il ricorso, cassa la impugnata sentenza e, decidendo la causa nel
merito, rigetta il ricorso originario del contribuente. Compensa le spese dell’intero
giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 dicembre 2017.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA
IL

Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388 CEE, in materia di armonizzazione delle

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