Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31126 del 29/12/2017


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 31126 Anno 2017
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: FEDERICI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 28131-2011 proposto da:
BAROSI NICOLA, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE
G. MAZZINI 11, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE
ESCALAR, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato LIVIA SALVINI, giusta delega

a margine

del
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

Data pubblicazione: 29/12/2017

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 55/2011 della COMM.TRIB.REG. di
MILANO, depositata il 29/03/2011;

udienza del 07/12/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
FEDERICI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato ESCALAR GABRIELE,
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito per il controricorrente l’Avvocato DETTORI
BRUNO, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Barosi Nicola ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n.
55/06/11, emessa dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il
29.03.2011.
Ha rappresentato che nell’aprile 2008 l’Ufficio di Milano della Agenzia delle
Entrate gli notificava un questionario con il quale formulava la generica

relativamente ai periodi d’imposta dal 2002 al 2006. Nei mesi successivi
seguiva una corrispondenza tra le parti, intesa a chiarire vari aspetti
riguardanti la capacità di spesa del contribuente, nonché la disponibilità di beni
mobili e immobili. Il Barosi forniva quanto richiesto, ad eccezione della
documentazione non facente capo alla propria persona -come gli estratti di
conto corrente intestato al di lui padre Marco, dal quale erano stati tratti gli
assegni, a titolo di prestito, emessi in suo favore per l’acquisto di una
autovettura (audi A4, assegno di C 10.0000,00) e per parte del finanziamento
della società “Immobiliare 44” (assegno di C 80.000,00)-, o che già erano nella
disponibilità degli uffici finanziari -come il contratto di mutuo stipulato nel 2001
da lui e dal padre per la ristrutturazione dell’appartamento di via Settembrini
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Nonostante la produzione di tutta la documentazione nella sua disponibilità
durante l’interlocuzione che sino al novembre 2008 le parti avevano
intrattenuto, il 2 dicembre 2008 al contribuente erano notificati gli avvisi di
accertamento con i quali si rideterminavano in aumento i redditi relativi ai
periodi di imposta 2002, 2003, 2004, 2005. L’assunto della Agenzia era
l’incongruenza tra reddito dichiarato e capacità di spesa, desunta escludendo
dalla valutazione complessiva dei documenti esibiti gli assegni emessi dal
padre, ritenuti irrilevanti e non adeguatamente probanti che i relativi
pagamenti fossero riconducibili al suo formale emittente e non al contribuente,
nonché il contratto di mutuo stipulato dal padre usufruttuario per la
ristrutturazione dell’immobile di via Settembrini 11.

RGN 28131/2011
RéVyedeci,,

richiesta di produzione di documenti utili al controllo della sua posizione fiscale

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Avverso gli avvisi di accertamento erano proposti altrettanti ricorsi dinanzi
alla Commissione Provinciale di Milano, che con quattro distinte sentenze,
depositate il 25.11.2009, accoglieva le domande annullando gli accertamenti.
La Agenzia adiva la CTR della Lombardia, che, con la pronuncia ora
impugnata, riuniva i giudizi ed accoglieva l’appello della Amministrazione.
Il ricorrente censura la sentenza:

e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c. e all’art. 62
del d.lgs. n. 546/1992, per aver erroneamente affermato che tutti i documenti
esibiti in giudizio dal contribuente non sarebbero stati forniti in risposta al
questionario inviato dall’ufficio, così rendendo operativo il regime della
preclusione delle allegazioni documentali, prevista dall’art. 32, co. 4, d.P.R. n.
600;
con il secondo motivo per omessa motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c., e all’art. 62
del d.lgs. n. 546 del 1973, per l’omesso esame degli atti attestanti i documenti
già trasmessi all’ufficio in risposta alle richieste inoltrate con il questionario e
con la successiva corrispondenza, cui era stato aggiunto, con il ricorso
introduttivo del contenzioso, il solo contratto di mutuo, peraltro già nella
disponibilità dell’ufficio;
con il terzo motivo per nullità della sentenza per violazione del principio di
non corrispondenza tra chiesto e pronunciato ai sensi dell’art. 112 c.p.c., in
relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., e all’art. 62 del d.lgs. n. 546/1992, per
essersi pronunciati i giudici regionali oltre le prospettazioni formulate
dall’ufficio, che con l’impugnazione aveva solo lamentato l’inutilizzabilità del
contratto di mutuo del 2001, perché non prodotto dal Barosi in sede di
interlocuzione;
con il quarto motivo, per violazione e falsa applicazione dell’art. 6, co. 4,
della I. 212 del 2000, dell’art. 18, co. 2, della I. 241 del 1990, dell’art. 32, co.
4, del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., e 62
del d.lgs. n. 546 del 1992, per avere errato il giudice dell’appello nel non
considerare che l’ufficio non può chiedere al contribuente documentazione già
RGN 28131/2011
Fed,frici

Ii

con il primo motivo per insufficiente motivazione circa un fatto controverso

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in suo possesso e che pertanto era inapplicabile la preclusione di allegazione
del contratto di mutuo;
con il quinto motivo per violazione e falsa applicazione dell’art. 32, co. 4,
del d.P.R. n. 600 del 1973 in relazione agli artt. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. e 62,
del d.lgs. n. 546 del 1992 per avere errato la sentenza nel ritenere applicabile
la preclusione prevista dalla predetta norma quando la richiesta di documenti e

con il sesto motivo per violazione e falsa applicazione dell’art. 32, co. 4, del
d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione agli artt. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. e 62 del
d.lgs. n. 546 del 1973, per avere errato la sentenza nell’estendere la
preclusione di allegazione prevista dalla citata norma a tutta la
documentazione e non solo a quella effettivamente non prodotta.
Si costituiva l’Agenzia, che contestava gli avversi motivi di ricorso,
assumendone l’infondatezza e l’inammissibilità quando volti a pretendere un
riesame di merito della documentazione; chiedeva pertanto la declaratoria di
inammissibilità e comunque il rigetto nel merito del ricorso.
All’udienza pubblica del 7 dicembre 2017, dopo la discussione, il P.G. e le
parti concludevano. La causa era trattenuta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorrente, che in grado d’appello non intese costituirsi, ha censurato la
sentenza sotto i molteplici profili della insufficiente ed omessa motivazione su
di un fatto decisivo della controversia, nonché per errori nella applicazione di
norme processuali e nella interpretazione della legge. Le censure attengono
alla seguente motivazione, che esaurisce l’intero percorso argomentativo della
pronuncia impugnata: «l’eccezione dell’ufficio appellante, già proposta in
primo grado, in ordine alla tardività della produzione dei documenti, che,
invece, sono stati posti a fondamento delle decisioni impugnate, non può
essere disattesa e viene accolta, essendo preclusa la valutazione di documenti,
che non sono stati prodotti in risposta al questionario.».
Ebbene, a fronte del succinto supporto logico-argomentativo della
pronuncia impugnata sono fondati tutti i motivi di ricorso.
RGN 28131/2011
RfA. Federici

notizie dall’ufficio fosse stata formulata in termini generici e non specifici;

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Sono fondati il primo ed il secondo motivo del ricorso, che possono trattarsi
unitariamente perché con essi si denuncia la insufficiente ed omessa
motivazione in ordine all’erroneo o mancato esame di dati fattuali,
rappresentati dalla produzione di molteplici documenti sin dalla fase
interlocutoria, e non solo in sede processuale.
Sul punto, tenendo anche conto dell’effetto devolutivo pieno dell’appello nel

appare immediatamente insufficiente e contraddittoria. Infatti, mentre nello
svolgimento del fatto il giudice tributario regionale riferisce che la rettifica dei
reddito era stata «effettuata sulla base della capacità di spesa che si
assumeva essere derivata dall’esame dei documenti che il contribuente aveva
prodotto in risposta al questionario del 15.4.2008» (righi 11-15 della prima
pagina redatta a penna della sentenza), con ciò dunque dando atto che il
contribuente aveva messo a disposizione documentazione, a seguito delle
richieste contenute nel questionario, nei motivi della decisione si fa
genericamente riferimento alla tardiva produzione di documenti, così da non
rendere comprensibile a quali di essi ci si riferisce, ed in che termini questi
indeterminati documenti abbiano potuto incidere sui risultati della verifica
fiscale. Va a tal fine evidenziato che il vizio di motivazione, sotto il profilo della
omissione, insufficienza, contraddittorietà, sussiste quando nel ragionamento
del giudice di merito sia rinvenibile una evidente traccia del mancato o
insufficiente esame di punti decisivi della controversia prospettati dalle parti,
oppure quando sussista un insanabile contrasto nel percorso argomentativo
adottato, che non consente l’identificazione del procedimento logico-giuridico
posto a base della decisione (Cass., Sez. 5, ord. n. 19547/2017). È palese che
la motivazione della sentenza impugnata sia succinta e logicamente
incomprensibile alla luce delle osservazioni che precedono.
È fondato anche il terzo motivo, con il quale si lamenta una pronuncia ultra
petita perché l’Amministrazione aveva sollevato questione di violazione del
regime delle preclusioni di cui all’art. 32, co. 4, del d.P.R. n. 600/73,
menzionando solo il contratto di mutuo stipulato per il finanziamento della
ristrutturazione dell’abitazione di via Settembrini 11, che non era affatto l’unico
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Rek\ Federici
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processo tributario (ad es. Cass., Sez. 6-5, ord. n. 1200/2016), la motivazione

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documento posto a base dell’accertamento dei maggiori redditi, e che, come a
breve si vedrà, non era neppure improducibile in sede processuale, mentre la
sentenza coinvolge nella sua genericità qualunque documento non prodotto in
risposta al questionario, così andando ben oltre la precisa circostanza
evidenziata dall’appellante, ossia l’oggetto dei documenti inutilizzabili e
specificatamente perimetrati nell’atto d’impugnazione.

trattarsi unitariamente perché con essi si censura la sentenza sotto il profilo
dell’errata interpretazione del sistema delle preclusioni processuali previste
dall’art. 32, co. 4, cit.
A tal fine la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente chiarito che la
mancata esibizione di libri, documentazione e scritture alla Agenzia delle
Entrate, per fornire dati, notizie e chiarimenti, ne rende inutilizzabile la
successiva produzione in sede contenziosa solo quando nella fase interlocutoria
l’Amministrazione abbia formulato un invito specifico e puntuale all’esibizione,
accompagnandolo con l’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata
ottemperanza (Cass., Sez. 6-5, ord. n. 11765/2011). Ciò trova giustificazione in rispondenza ai canoni di lealtà, correttezza e collaborazione- nell’utilità del
dialogo preventivo tra fisco e contribuente, per favorire la definizione delle
reciproche posizioni, sì da evitare il contenzioso giudiziario (Cass., Sez. 5, sent.
22126/2013); inoltre, trattandosi comunque di una misura che deroga ai
principi contenuti negli artt. 24 e 53 della Costituzione, va applicata in modo da
non comprimere il diritto alla difesa e da non obbligare il contribuente a
pagamenti non dovuti. Essa pertanto trova giustificazione nella constatazione
che l’omessa produzione documentale nella fase della interlocuzione e, di
contro, la produzione nella fase contenziosa, getti un’ombra sulla genuinità di
documenti che compaiano solo in seguito, nel corso del giudizio (Cass., Sez. 5,
sent. n. 17968/2013).
Le plurime finalità del regime delle preclusioni alla allegazione in sede
contenziosa di documentazione non prodotta al momento in cui
l’Amministrazione, in sede di accertamento, avesse già chiesto la
collaborazione del contribuente, consentono allora di circoscriverne i limiti
RGN 28131/2011
Fegerici
L

Sono fondati anche il quarto, quinto e sesto motivo di ricorso, che possono

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applicativi. Deve infatti trattarsi di documentazione che a seguito della
interlocuzione instaurata tra le parti sia stata puntualmente indicata dalla
Amministrazione; non può riguardare documentazione già nella disponibilità
della Amministrazione; deve valutarsi il contesto comportamentale del
contribuente, che quando abbia collaborato con l’Amministrazione, esibendo e
producendo documentazione se pur a fronte di inviti generici o comunque non

mediante produzione di ulteriori documenti ritenuti utili alle sue prospettazioni
difensive.
Ebbene, nella laconica motivazione della sentenza impugnata nulla di tutto
questo emerge, mentre appare che l’inutilizzabilità della documentazione in
sede processuale discenda meccanicamente dal dato fenomenico e
acontestualizzato della omessa produzione nella fase della interlocuzione.
In conclusione la sentenza impugnata è viziata e va cassata, con rinvio
della causa al giudice di merito perché, alla luce dei principi enunciati,
provveda a un nuovo esame della fattispecie.

P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla
Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in altra composizione.
Così deciso in Roma, il giorno 7 dicembre 2017.

ben circoscritti, non può vedersi inibire il diritto di difendersi nel processo

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