Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31124 del 28/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 28/11/2019, (ud. 09/10/2019, dep. 28/11/2019), n.31124

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12336-2015 proposto da:

SA LOFTFIN, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIOVANNI BETTOLO

17, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO RUFINI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FEDERICO MACCONE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA CENTRO OPERATIVO DI (OMISSIS), elettivamente 2019 domiciliato

in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso 4692 l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 98/2015 della COMM. TRIB. REG. dell’Abruzzo

SEZ. DIST. di PESCARA, depositata il 03/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/10/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI DI PAOLA.

Fatto

RILEVATO

che:

con la sentenza impugnata è stata parzialmente riformata la sentenza di primo grado – con cui era stata rigettata l’impugnativa proposta dalla società, avente sede legale in (OMISSIS), avverso il diniego tenuto dall’Amministrazione fiscale in relazione all’istanza di rimborso delle ritenute operate dalla società Industrie Tessili Bresciane S.p.A. sui dividendi corrisposti per gli esercizi 2001 e 2002 – nella parte in cui non era stata ritenuta l’incompetenza del C.O.P. di (OMISSIS) ad adottare il provvedimento di accertamento della maggiore ritenuta dovuta (i.e.: del 27% e non del 15%) e non versata;

per la cassazione della decisione ha proposto ricorso la S.a. Loftfin, affidato a due motivi;

l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, la società – denunciando violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 27,27 bis e 37 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, – si duole che il giudice del gravame abbia applicato al caso la norma generale di cui al predetto art. 37 bis, in tema di “disposizioni antielusive”, non considerando invece la disposizione speciale di cui al citato art. 27 bis, – ove è previsto il diritto al rimborso in favore delle società, aventi sedi fiscali in uno Sato membro dell’Unione Europea, detentrici di una partecipazione diretta non inferiore al 25% del capitale che distribuisce gli utili, “a condizione che dimostrino di non essere state costituite allo scopo esclusivo o principale di beneficiare del regime in esame” -, e non motivando (o motivando apparentemente) sul punto.

Con il secondo motivo, la società – denunciando violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – lamenta che il predetto giudice abbia interpretato l’eccezione di decadenza ai sensi della disposizione richiamata come riferita all’istanza di rimborso e non alla imposizione della maggiore ritenuta a carico della sostituta d’imposta.

Ritenuto che:

il primo motivo è inammissibile, poichè con lo stesso, pur denunciandosi, tra l’altro, il vizio di violazione di legge, in realtà si contestano, in via esclusiva, le valutazioni in fatto compiute dai giudici di primo e secondo grado che, con ampia motivazione, hanno evidenziato che la Loftfin, priva di una sede operativa e di una organizzazione di uomini e di mezzi, si limitava a detenere la partecipazione della società italiana, così svolgendo il ruolo di società interposta tra la società controllante, avente sede in territorio non facente parte dell’Unione Europea, e quella partecipata e distributrice dei dividendi; è stato così ritenuto, con puntuale argomentazione, che la società stessa fosse mera fiduciaria, onde non beneficiaria effettiva degli utili, non essendo per di più sufficiente, al fine di dimostrare una effettiva attività di gestione e coordinamento a favore della società italiana e di contrastare quanto accertato dall’Ufficio (i.e.: lo svolgimento, da parte della Loftfin, di attività di gestione di partecipazioni, il possesso di 500 azioni su 499 in capo alla società avente sede legale in un Paese inserito nella black list ed avente un regime fiscale privilegiato, l’assenza nei bilanci di costi per il personale), la mera produzione di verbali di riunioni del consiglio di amministrazione evidenzianti l’acquisto di partecipazioni e le concessioni di finanziamenti a due società partecipate, estranee alla società italiana; in tal modo restando, da un lato, esclusa la prova, da fornirsi dalla società, che quest’ultima fosse titolare di una direzione effettiva in (OMISSIS) e che avesse poteri in ordine alla gestione degli utili formalmente riscossi, nonchè, dall’altro, appurato che la stessa era stata costituita “al solo scopo di godere dei benefici convenzionali”; sicchè la doglianza si risolve, in buona sostanza, in una censura di merito sulle valutazioni delle risultanze istruttorie effettuate dal giudice di appello – la cui motivazione, posto quanto detto, risulta tutt’altro che inesistente o apparente non ammessa nel giudizio di legittimità.

Il secondo motivo è del pari inammissibile, poichè la statuizione del giudice del gravame, sul punto, è totalmente favorevole alla attuale ricorrente, atteso l’annullamento del provvedimento impugnato in cui è stato accertato l’omesso versamento della maggiore ritenuta; nè quanto affermato nella sentenza impugnata circa la sfera di applicabilità della decadenza (reputata non estensibile alle istanze di rimborso) può in qualche modo integrare gli estremi della soccombenza in senso sostanziale, sicchè la censura, in buona sostanza, mira al conseguimento, in prevenzione, di una utilità a fronte di una iniziativa futura e solo eventuale dell’Ufficio competente all’accertamento in rettifica. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile; segue il pagamento delle spese di lite, determinate come in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’Agenzia delle Entrate, liquidate in Euro 3.200,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2019

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