Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3112 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3112 Anno 2014
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
in persona del Direttore

AGENZIA delle ENTRATE,

generale

pro

tempore,

rappresentato

e

dall’Avvocatura Generale dello Stato presso

difeso
cui

Uffici in Roma, via dei Portoghesi n.12 è elettivamente
domiciliata.
-ricorrentecontro
GALIFFO FRANCESCO PAOLO,

elettivamente domiciliato in

Roma, via E.Duse n.37 presso lo studio dell’Avv.Giorgio
X2)
Sbarbaro che lo rappresenta e difende per procura in
calce al controricorso.
-controricorrente-

Data pubblicazione: 12/02/2014

avverso la sentenza n.146/10/06 della Commissione
Tributaria Regionale del Lazio, depositata il
6.11.2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26.9.2013 dal Consigliere Roberta Crucitti;

udito per il controricorrente l’Avv.Giorgio Sbarbaro;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott.Ennio Attilio Sepe che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto

A seguito di verifica effettuata dalla Guardia di
Finanza venne emesso a carico della Sviluppo
Immobiliare Edilizia Romana s.r.l. avviso di
accertamento di maggior reddito per l’anno 1997 con
conseguenti maggiori IRPEG ed ILOR. L’avviso venne
notificato a Francesco Paolo Galiffo che avverso lo
stesso propose tempestivo ricorso dichiarandosi
estraneo alla società.
Nella pendenza del giudizio, iscritto a ruolo in
via provvisoria quanto dovuto, la relativa cartella
venne notificata sempre al Galiffo il quale la impugnò
dichiarandosi, anche in questo caso, totalmente
estraneo alla società.
La Commissione Tributaria Provinciale accolse il

2

udito per la ricorrente l’Avv.Gíanna Galluzzo;

-,

ricorso e la pronuncia, appellata dall’Agenzia delle
Entrate, venne confermata dalla Commissione Tributaria
Regionale del Lazio con la sentenza indicata in
epigrafe.
I Giudici di appello, rigettata l’eccezione di

ritenevano che fosse rimasta indimostrata la
responsabilità del Galiffo in ordine ai tributi
richiesti e “soprattutto che l’intestazione della
cartella, e presumilbimente del ruolo, non fosse
conforme alle norme con conseguente nullità della
stessa”. Rilevavano, poi, che la cartella non conteneva
“neanche l’indicazione della società per conto della
quale il Galiffo era stato ritenuto obbligato al
pagamento” né specificava in quale veste lo stesso
risultasse debitore, talchè si concretizzava “una
contraddizione tra l’imposta richiesta, che è propria
delle persone giuridiche ed il soggetto a cui il
pagamento è richiesto, che è individuato come mera
persona fisica’!
Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate ha
proposto ricorso affidato a cinque motivi.
Francesco

Paolo

Galiffo

ha

resistito

controricorso.
Considerato in diritto

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con

nullità della sentenza per difetto di contraddittorio,

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia
delle Entrate -premesso che in atto di appello
aveva espressamente rilevato che il profilo
relativo alla sussistenza o meno della
responsabilità solidale del Galiffo era questione

per le questioni relative o meno alla sussistenza
del rapporto di solidareità lo stesso Galiffo
aveva impugnato l’avviso di accertamento- deduce,
ai sensi dell’art.360 n.5 c.p.c., come la
Commissione Tributaria Regionale abbia totalmente
omesso ogni argomentazione su tale fatto decisivo
per la controversia.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce,
in relazione all’art.360 n.4 c.p.c., la violazione
dell’art.112 c.p.c. In particolare, l’Agenzia
delle Entrate ribadisce le circostanze già esposte
con il primo motivo e deduce come la C.T.R. abbia
omesso di esaminare l’eccezione di inammissibilità
della questione relativa alla responsabilità
solidale del ricorrente in quanto la stessa,
formante oggetto del giudizio avverso l’avviso di
accertamento, non poteva essere esaminata in
quella sede potendo la cartella essere impugnata
solo per vizi propri.

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che atteneva al merito dell’accertamento tanto che

Con il terzo motivo -rubricato violazione e falsa
applicazione dell’art.19 u.comma del d.lgs. n.5465/92
in relazione all’art.360 n.3 c.p.c.- l’Agenzia delle
Entrate deduce l’errore in cui sarebbe incorsa la
Commissione Tributaria Regionale nell’esaminare la

quando, ai sensi della norma invocata, la cartella può
essere impugnata solo per vizi propri.
Con il quarto motivo l’Agenzia delle Entrate
deduce, in relazione all’art.360 n.3 c.p.c, la
violazione da parte del Giudice di Appello dell’art.25
d.p.r.602/1973, testo vigente ratione temporis, in
quanto, contrariamente a quanto affermato nella
sentenza impugnata, la cartella conteneva tutti gli
elementi necessari per conoscere la pretesa avanzata.
Con il quinto motivo la ricorrente- premesso di
avere evidenziato in atto di appello che la cartella
conteneva l’indicazione del numero dell’avviso di
accertamento, della data della sua notificazione e
della pendenza del ricorso innanzi alla C.T.P.- deduce,
ai sensi dell’art.360 n.5 c.p.c., come la Commissione
Tributaria Regionale si fosse limitata ad affermare
apoditticamente che la cartella non conteneva il nome
della società né la specifica veste per la quale il
Galiffo era debitore senza evidenziare la ragione per

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questione attinente alla responsabilità del Galiffo

la quale la ritiene insufficiente a far comprendere gli
elementi della pretesa.
Contrariamente a quanto ritenuto in ricorso
dall’Agenzia delle Entrate, va rilevato che la cartella
di pagamento, oggetto di contenzioso, venne impugnata

controricorso nei quali viene riportato il contenuto,
nelle parti qui rilevanti, del ricorso introduttivo
proposto da Francesco Paolo Galiffo) anche per vizi
propri essendosene dedotta la nullità per mancanza di
motivazione e perché emessa nei confronti di un
soggetto, persona fisica,

per sua natura completamente

estraneo alle imposte indicate.
Ciò posto, con riferimento specifico al primo
motivo di ricorso, ne va rilevata l’inammissibilità.
Ed invero, a conclusione dell’illustrazione del
motivo non è stato articolato il cd. “momento di
sintesi” necessario ai sensi dell’art.366 bis c.p.c.
(applicabile all’odierno ricorso essendo stata la
sentenza impugnata depositata il 6.11.2006) e ciò, in
violazione del principio per cui “allorché nel ricorso
per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della
sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso,
l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le
ragioni per le quali la motivazione è insufficiente ,

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(come evincibile dallo stesso ricorso e dal

imposto dall’art. 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto
non già e non solo illustrando il relativo motivo di
ricorso ma anche formulando al termine di esso, una
indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un
quid pluris rispetto alla illustrazione del motivo e

ammissibilità del ricorso” (cfr. Corte Cass. SU
14.10.2008 n. 25117). Ancora, la questione il cui esame
sarebbe stato omesso dal Giudice di appello non integra
un “fatto” decisivo nell’accezione prevista dal n.5
dell’art.360 c.p.c.
In ogni caso,

il motivo è inammissibile per

inconferenza con il decisum. Il passo motivazionale,
oggetto di censura, non appare, infatti, svolto al fine
dell’esame nel merito dell’avviso di accertamento (come
lamentato dalla ricorrente) ma quale ulteriore
argomentazione atta a suffragare la nullità della
cartella siccome emessa nei confronti di soggetto
estraneo ai tributi dalla stessa portati.
Dette ultime considerazioni valgono anche con
riferimento al secondo motivo. E, peraltro, deve
ritenersi che la Commissione laziale, motivando sulla
mancanza di correlazione tra destinatario della
cartella e tributi, abbia implicitamente rigettato
l’eccezione svolta dalla parte pubblica.

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che consenta al giudice di valutare immediatamente la

Ai
U L-U:1A
Da quanto sin qui esposto consegue il rigetto
anche del terzo motivo. Essendo stata (come sopra
esposto) la cartella impugnata, anche, per vizi
propri ed avendo il Giudice di appello fondato la
propria decisione sulla errata intestazione della

giuridica, ad una persona fisica (Francesco Paolo
Galiffo) non sussiste la dedotta violazione dell’art.19
d.lgs. n.546/92.
Infine, il quarto ed il quinto motivo, non attingendo
l’autonoma ratio decidendi della sentenza impugnata con
la quale, per come più volte detto, si è ritenuta la
nullità della cartella siccome intestata a soggetto
estraneo rispetto la società debitrice dei tributi,
vanno rigettati per inconducenza.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
La peculiarità della fattispecie induce a compensare
integralmente tra le parti le spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Compensa integralmente tra le parti le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del
26.9.2013.

cartella, emessa per tributi riferibili ad una persona

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