Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31118 del 29/12/2017


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 31118 Anno 2017
Presidente: FRASCA RAFFAELE
Relatore: CAIAZZO ROSARIO

SENTENZA
sul ricorso n. 22705/10, proposto da:
Gruppo Zago s.r.I., in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. in Roma,
alla p.zza Cola di Rienzo n.69, presso l’avv. G.A. Ferretti, rappres. e difesa

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9-3

dall’avv. Luciana Tullia Bertoli, con procura speciale in calce al ricorso;
RICORRENTE
CONTRO
Agenzia delle entrate, elett.te domic. in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12,
presso l’avvocatura dello Stato che la rappres. e difende;
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 21/49/10 della Commissione tributaria regionale della
Lombardia, depositata 1’11/2/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9/10/2017 dal
consigliere dott. Rosario Caiazzo;
udito il difensore della parte ricorrente, avv. LT. Bertoli;
Udito il difensore della controricorrente, avv. B. Tidore;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore generale, dott. Umberto De
Augustinis, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Data pubblicazione: 29/12/2017

FATTI DI CAUSA
La Gruppo Zago s.r.l. propose due separati ricorsi avverso avvisi
d’accertamento iva, per il 2003 e 2004, emessi sulla base di una verifica
riguardante il controllo degli acquisti intracomunitari di autovetture, con
specifico riferimento alla corretta applicazione del regime del margine di cui

Al riguardo, dalla verifica dell’ufficio era emerso che la società ricorrente non
aveva mai effettuato acquisti e cessioni di veicoli di provenienza
intracomunitaria, cessioni risultate invece effettuate da operatori italiani,
risultando la Gruppo Zago s.r.l. quale cessionario.
La Ctp di Milano accolse i ricorsi con due sentenze.
L’Agenzia delle entrate propose due appelli; la Ctr, riuniti i ricorsi, accolse gli
appelli e, in riforma delle impugnate sentenze, dichiarò legittimi gli avvisi
d’accertamento, argomentando che la ricorrente aveva omesso di esaminare i
libretti di circolazione dei veicoli, il cui esame invece avrebbe consentito di
accertare chiaramente che il primo cedente comunitario era soggetto ordinario
d’imposta.
La Gruppo Zago s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque
motivi.
L’Agenzia delle entrate si è costituita ai soli fini della partecipazione all’udienza
di discussione; la ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, è stata denunziata la violazione e falsa applicazione
dell’art. 36 del d.l. n.41/95, conv. nella I. n.85/95, avendo la Ctr ritenuto che il
cessionario non aveva verificato, attraverso l’esame dei libretti di circolazione
dei veicoli ceduti, che il soggetto cedente non avesse i requisiti per
l’applicazione del regime del margine iva.
Con il secondo motivo, è stata denunziata violazione e falsa applicazione
dell’art. 6, 8°c., del d.lgs. n. 471/97, non avendo la Ctr considerato che il
controllo sulla fattura emessa dal cedente riguardava solo l’aspetto formale.

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all’art. 36 ss del d.l. n.41/95, conv. nella I. n. 85/95.

Con il terzo motivo, è stata denunziato il vizio di motivazione, avendo la Ctr
aderito acriticamente alla difesa dell’ufficio, in ordine all’interpretazione della
circolare n.40/2003.
Con il quarto motivo, è stata denunziata violazione e falsa applicazione dell’art.
7,1°c., della I. n. 212/2000, art. 3 della I. n. 241/90 e 2697 c.c., in quanto:
l’ufficio aveva motivato gli avvisi d’accertamento richiamando il p.v.c. a carico

non erano state indicate le fonti delle informazioni “fornite dagli omologhi
organi comunitari”; l’ufficio non aveva dimostrato l’insussistenza dei
presupposti per l’applicazione del regime del margine.
Con il quinto motivo, è stata dedotta la nullità della sentenza o del
procedimento per violazione degli artt. 115 e 116, c.p.c., in relazione
all’inosservanza del principio dispositivo in ordine alle prove della pretesa
fiscale.
Il ricorso è infondato.
I primi due motivi, da esaminare congiuntamente perché tra loro connessi,
sono inammissibili perché nella loro illustrazione non indicano in alcun modo la
motivazione della sentenza impugnata che vorrebbe sottoporre a critica.
Tali motivi sono comunque infondati, anche alla luce della sentenza

deff

ts-nte-rrz-al delle SS.UU. richiamata nella memoria della ricorrente (n. 21105/17).
Invero, tale sentenza ha affermato il principio secondo cui, in tema di iva, il
regime del margine – previsto dall’art. 36 del d.l. n. 41 del 1995, conv. con
modif. in I. n. 85 del 1995, per le cessioni da parte di rivenditori di beni
d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato – costituisce un
regime speciale in favore del contribuente, facoltativo e derogatorio rispetto al
sistema normale dell’imposta, la cui disciplina deve essere interpretata
restrittivamente

e

applicata

in

termini

rigorosi

Pertanto,

qualora

l’amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il
cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest’ultimo
dimostrare la sua buona fede, e cioè non solo di aver agito in assenza della
consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale, ma anche di aver usato
la diligenza massima esigibile da un operatore accorto (secondo criteri di
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della Emmepi Auto s.r.I., senza portarlo a conoscenza del Gruppo Zago s.r.I.;

ragionevolezza e di proporzionalità rapportati al caso concreto), al fine di
evitare di essere coinvolto in tali situazioni, in presenza di indizi idonei a farne
insorgere il sospetto. Con particolare riferimento alla compravendita di veicoli
usati, dunque, rientra nella detta condotta diligente l’individuazione dei
precedenti intestatari dei veicoli, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di
circolazione, eventualmente integrati da altri elementi di agevole e rapida

stata assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione. Nel caso di esito
positivo della verifica, il diritto di applicare il regime del margine deve essere
riconosciuto, anche quando l’amministrazione dimostri che, in realtà, l’imposta
è stata detratta. Nell’ipotesi, invece, in cui emerga che i precedenti proprietari
svolgano tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nel settore del mercato
dei veicoli, opera la presunzione (contraria) dell’avvenuto esercizio del diritto
alla detrazione dell’iva, assolta a monte per l’acquisto dei veicoli, in quanto
beni destinati ad essere impiegati nell’esercizio dell’attività propria
dell’impresa, con conseguente negazione del trattamento fiscale più favorevole
(in tal senso, anche Cass., n. 658/14).
Ora, nel caso concreto il contribuente-cessionario non ha dimostrato- come era
suo onere alla luce dalla sentenza richiamata- la sua buona fede, cioè di aver
adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, in
riferimento alla specifica fattispecie, in quanto, come rilevato dalla Ctr, il
semplice esame dei libretti di circolazione di veicoli ceduti avrebbe consentito
di accertare agevolmente che i soggetti cedenti comunitari non rientravano
nell’ambito delle categorie previste dall’art. 36 del d.l. n.41/95, trattandosi di
società commerciali tenute ad applicare l’ordinario regime dell’iva.
Il terzo motivo è infondato; esso pone un questione non decisiva, perché, se
pure è vero che la sentenza fa acritico riferimento alla circolare, il contenuto di
quest’ultima, e che costituisce ragione del decidere, è palesemente giusto.
Al riguardo, va rilevato che la Ctr ha adeguatamente motivato richiamando il
p.v.c. e le fatture allegate, mentre il riferimento alla suddetta circolare (non
trascritta nel ricorso) ha rafforzato la stessa motivazione, dato che dalle difese

reperibilità, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se I’iva sia già

dell’Agenzia si evince che essa riguardava anche le cessioni successive
avvenute in Italia (dopo la prima cessione intracomunitaria).
In ordine al quarto motivo, esso è inammissibile poiché non si identifica in
alcun modo la motivazione della sentenza impugnata che il motivo intende
criticare. La motivazione a pagina 4, dalla seconda metà, dice che il
contraddittorio è stato garantito essendo state allegate le fatture al verbale

Infine, il quinto motivo è inammissibile, in quanto in tema di valutazione delle
risultanze probatorie in base al principio del libero convincimento del giudice, la
violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è apprezzabile, in sede di ricorso per
cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360, comma 1,
numero 5), c.p.c., e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza,
non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità
(Cass., n. 24434/16).
Nella fattispecie, la ricorrente ha solo dedotto che la sentenza sarebbe nulla
poiché non avendo accertato la violazione dell’onere della prova, avrebbe
violato anche le norme relative al principio dispositivo, senza però censurare la
motivazione.
Il motivo è comunque infondato, in quanto la Ctr, applicate correttamente le
norme in tema di onere probatorio, (come esposto riguardo ai primi due motivi
del ricorso) non ha violato il principio dispositivo, avendo pronunciato in ordine
al motivo d’appello formulato dalla società considerando la sussistenza dei
presupposti dell’applicabilità del regime del margine.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta ricorso, condannando la parte ricorrente al pagamento, in
favore dell’Agenzia controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella
somma di euro 7800,00 oltre le spese prenotate a debito.
Così deciso nella camera di consiglio del 9 ottobre 2017.

redatto a carico della ricorrente.

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