Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31113 del 28/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 28/11/2019, (ud. 26/09/2019, dep. 28/11/2019), n.31113

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8847-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

O.G., M.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2243/2016 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LECCE, depositata il 29/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/09/2019 dal Consigliere Dott. PAOLITTO LIBERATO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza n. 2243/2016, depositata il 29 settembre 2016, la CTR della Puglia ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la decisione di prime cure che, in accoglimento del ricorso proposto da O.G. e da M.L., aveva annullato l’avviso di accertamento catastale col quale, in applicazione della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, erano stati rideterminati classe e rendita catastale di unità immobiliare ubicata in Lecce.

A fondamento del decisum ha rilevato il giudice del gravame che:

– l’avviso di accertamento catastale si fondava su di una richiesta di revisione dei classamenti, relativamente alle microzone comunali 1 e 2, qual avanzata dal Comune di Lecce, ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, con le delibere di G.M. 29 luglio 2010, n. 639 e 11 ottobre 2010, n. 746, e qual recepita dall’Agenzia del Territorio (con Det. del Direttore in data 29 novembre 2010);

– l’atto impugnato difettava di (adeguata) motivazione siccome non dava conto “in modo specifico della sussistenza dei presupposti per dar corso alla revisione generalizzata…”, – risolvendosi “in un generico elenco di causali astratte, prive di riferimenti specifici al caso concreto” e connotato da “genericità dei posti rinvii ad “interventi di riqualificazione della viabilità interna e di arredo urbano nel centro storico” nonchè a “fatti notori o massime di esperienza” “, – e si poneva in contrasto, oltretutto, col D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61, in quanto eludeva il necessario “confronto delle unità immobiliari da riclassificare con “le unità tipo”, ai fini del collocamento nelle categorie e classi prestabilite per zone censuarie”.

2. – L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, deducendo, in sintesi, che, – tenuto conto dei presupposti legali della revisione di classamento articolata su di “una procedura massiva di revisione parziale” che, in quanto tale, va tenuta distinta dalla “revisione puntuale” (pur) prevista dalla stessa L. n. 311 del 2004, all’art. 1, comma 336, – la motivazione dell’avviso di accertamento avrebbe dovuto prescindere da specifiche caratteristiche dell’immobile e, in buona sostanza, risolversi negli stessi presupposti delineati dalla disposizione normativa (art. 1, comma 335, cit.).

Col secondo motivo la ricorrente denuncia, quindi, violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c. e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 39, assumendosi, in sintesi, che, – in ragione della pregiudizialità logico-giuridica sottesa alla pendenza, davanti al Giudice amministrativo, dell’impugnazione proposta avverso gli atti amministrativi generali che costituivano presupposto dell’avviso di accertamento in contestazione, – il giudice del gravame avrebbe dovuto accogliere, piuttosto che disattendere, l’istanza di sospensione del processo.

2. – Il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento.

3. – La disposizione normativa della quale, com’è incontroverso, nella fattispecie è stata fatta applicazione, prevede che “La revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali, è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio.

Per i calcoli di cui al precedente periodo, il valore medio di mercato è aggiornato secondo le modalità stabilite con il provvedimento di cui al comma 339. L’Agenzia del territorio, esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento revisionale con provvedimento del direttore dell’Agenzia medesima.” (L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335).

3.1 – In ragione del suo stesso contenuto regolativo (v., del resto, la Det. Agenzia del Territorio 16 febbraio 2005, adottata ai sensi della stessa L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 335 e 339, il cui art. 8 disciplina la notifica degli “atti attributivi delle nuove rendite”), – che è volto alla “revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata”, – la sopra riportata disposizione si inserisce, quindi, nella più ampia cornice regolativa somministrata dal D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138 che, a sua volta, dispone nei seguenti termini:

– – “1. La zona censuaria rappresenta una porzione omogenea di territorio provinciale, che può comprendere un solo comune o una porzione del medesimo, ovvero gruppi di comuni, caratterizzati da similari caratteristiche ambientali e socio-economiche.

2. L’ambito territoriale del comune ovvero della zona censuaria, qualora costituisca porzione dello stesso, è ulteriormente articolato in microzone, con le modalità di cui all’art. 2.” (art. 1, commi 1 e 2);

“1. La microzona rappresenta una porzione del territorio comunale o, nel caso di zone costituite da gruppi di comuni, un intero territorio comunale che presenta omogeneità nei caratteri di posizione, urbanistici, storico-ambientali, socio-economici, nonchè nella dotazione dei servizi ed infrastrutture urbane. In ciascuna microzona le unità immobiliari sono uniformi per caratteristiche tipologiche, epoca di costruzione e destinazione prevalenti; essa individua ambiti territoriali di mercato omogeneo sul piano dei redditi e dei valori, ed in particolare per l’incidenza su tali entità delle caratteristiche estrinseche delle unità immobiliari.

2. I comuni provvedono a delimitare nell’ambito del proprio territorio, le microzone, in base ai criteri definiti nel presente articolo e nelle norme tecniche allegate al presente regolamento, con la lettera A. (…).

5. Qualora siano intervenute significative variazioni nel tessuto edilizio-urbanistico, ovvero nella dotazione di servizi ed infrastrutture, i comuni, sentiti i competenti uffici del dipartimento del territorio ovvero su richiesta dei suddetti uffici, possono procedere ad una nuova delimitazione delle microzone, con deliberazione del consiglio comunale, da comunicare al competente ufficio provinciale del dipartimento del territorio nei termini e con le modalità di cui al comma 3. La deliberazione ha effetto dal 1 gennaio dell’anno successivo.” (art. 2, commi 1, 2 e 5);

– “1. Per ciascuna zona censuaria i competenti uffici del dipartimento del territorio compilano un quadro di qualificazione e classificazione, nel quale sono indicate, con riferimento al quadro generale di cui all’allegato B, tutte le categorie riscontrate nella zona censuaria stessa ed il numero delle classi in cui ciascuna categoria è suddivisa. Per la definizione delle classi gli uffici si avvalgono dei dati rilevati dall’osservatorio dei valori immobiliari del dipartimento del territorio, istituito con decreto 23 dicembre 1992 del Ministro delle finanze, delle informazioni contenute nelle schede previste dalle norme tecniche di cui all’art. 2, comma 2, nonchè dei risultati delle indagini di mercato svolte in sede locale.

2. I quadri di qualificazione e classificazione di cui al comma 1 possono essere oggetto di revisione da parte degli uffici del dipartimento del territorio in conseguenza di intervenute variazioni socio-economiche, ambientali ed urbanistiche di carattere permanente nella zona censuaria.” (art. 4, commi 1 e 2);

– “1. Al fine di determinare la redditività media ordinariamente ritraibile dalle unità immobiliari urbane, al netto delle spese e perdite eventuali, si procede alla revisione delle tariffe d’estimo attualmente vigenti, facendo riferimento ai valori e ai redditi medi espressi dal mercato immobiliare, con esclusione dei regimi locativi disciplinati per legge. Non sono da assumere, come termini di riferimento, valori e redditi occasionali ovvero singolari.

2. La revisione delle tariffe d’estimo delle unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria consiste nella determinazione, per ogni zona censuaria, categoria e classe, della rendita catastale per unità di superficie, di cui all’art. 3, da effettuarsi sulla base:

a) dei canoni annui ordinariamente ritraibili, con riferimento ai dati di mercato delle locazioni. Si applicano le disposizioni di cui al regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, approvato con D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, artt. da 14 a 26;

b) dei valori di mercato degli immobili, determinandone la redditività attraverso l’applicazione di saggi di rendimento ordinariamente rilevabili nel mercato edilizio locale per unità immobiliari analoghe, e con l’osservanza del regolamento richiamato nella lett. a), artt. da 27 a 29.

3. Le tariffe d’estimo delle unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria sono determinate come media dei valori reddituali unitari individuati con i criteri stabiliti nel presente articolo e con riferimento all’epoca censuaria 1996-1997.” (art. 5, commi 1, 2 e 3);

– “1. Il classamento consiste nell’attribuire alle unità immobiliari a destinazione ordinaria la categoria e la classe di competenza e a quelle a destinazione speciale la sola categoria, con riferimento ai quadri di qualificazione e classificazione di cui all’art. 4.

2. La categoria è assegnata in base alla normale destinazione funzionale per l’unità immobiliare, tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini locali.

3. La classe, rappresentativa del livello reddituale ordinario ritraibile dall’unità immobiliare nell’ambito del mercato edilizio della microzona, dipende dalla qualità urbana ed ambientale della microzona in cui l’unità stessa è ubicata, nonchè dalle caratteristiche edilizie dell’unità medesima e del fabbricato che la comprende. Per qualità urbana si intende il livello delle infrastrutture e dei servizi; per qualità ambientale si intende il livello di pregio o di degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici ancorchè determinati dall’attività umana.

4. Il dipartimento del territorio provvede alla definizione di procedure informatiche valutative, su base parametrica, per il classamento delle unità immobiliari a destinazione ordinaria e per l’aggiornamento dinamico dello stesso, con modalità automatizzate e sulla base di criteri spaziali e temporali che tengano conto con continuità delle variazioni territoriali e di mercato.

5. Nelle procedure valutative di cui al comma 4, la qualità urbana ed ambientale e le caratteristiche edilizie sono espresse attraverso il fattore posizionale ed il fattore edilizio.

6. Il fattore posizionale è il parametro rappresentativo dei caratteri della microzona, descritti nell’art. 2, nonchè dello stato e della qualità dei luoghi circostanti il fabbricato con particolare riferimento a quelli aventi destinazione pubblica e semprechè siano permanenti e significativi ai fini del classamento.

7. Il fattore edilizio è il parametro rappresentativo dei seguenti caratteri distintivi del fabbricato e dell’unità immobiliare:

a) dimensione e tipologia;

b) destinazione funzionale;

c) epoca di costruzione;

d) struttura e dotazione impiantistica;

e) qualità e stato edilizio;

f) pertinenze comuni ed esclusive;

g) livello di piano.

8. I fattori posizionale ed edilizio, espressi in appropriate scale di misura, concorrono alla identificazione del parametro globale d’apprezzamento del livello reddituale per metro quadrato della superficie catastale dell’unità immobiliare.” (art. 8).

3.2 – I dati normativi sopra riassunti, – per come interpretati dallo stesso Giudice delle leggi (Corte Cost., 1 dicembre 2017, n. 249), esplicitano, quindi, che la revisione “parziale” del classamento delle unità immobiliari consegue, nella fattispecie, dalla specifica (ed esclusiva) valorizzazione del cd. fattore posizionale (art. 8, commi 5 e 6, cit.), qui inteso in riferimento ad “una modifica del valore degli immobili presenti in una determinata microzona” che “abbia una ricaduta sulla rendita catastale” (Corte Cost. n. 249 del 2017, cit.); ove, dunque, non è irragionevole che detta modifica di valore dell’immobile si ripercuota sulla rendita catastale il cui “conseguente adeguamento, proprio in quanto espressione di una accresciuta capacità contributiva, è volto in sostanza ad eliminare una sperequazione esistente a livello impositivo.” (Corte Cost. n. 249/2017, cit.).

E, in tali termini, i presupposti della procedura in discorso effettivamente si distinguono da quelli (incentrati su “specifiche caratteristiche dell’immobile”) che altrove trovano la loro emersione, secondo procedure articolate in relazione ad individuate unità immobiliari (v., condivisibilmente, Cass., 19 ottobre 2016, n. 21176 che fa riferimento alle disposizioni di cui alla stessa L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336, ed a quelle di cui alla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 58; v., altresì, Cass., 13 giugno 2012, n. 9629 nonchè Corte Cost. n. 249/2017, cit.).

Ma la disposizione che autorizza la revisione “parziale” del classamento, – in relazione ad unità immobiliari ricadenti in microzone comunali “per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali”, – integra il presupposto degli “atti attributivi delle nuove rendite” che, essi stessi, debbono allora esplicitare le ragioni della revisione del classamento con riferimento, com’è nella fattispecie, alla (nuova) classe, e rendita catastale, attribuite all’unità immobiliare (classe a sua volta “rappresentativa del livello reddituale ordinario ritraibile dall’unità immobiliare nell’ambito del mercato edilizio della microzona”; D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, comma 3).

E va rimarcato come la stessa Corte Costituzionale, – nel rilevare che i criteri di determinazione delle tariffe di estimo e delle rendite catastali, che non costituiscono “atti di imposizione tributaria”, debbono ispirarsi a principi di ragionevolezza, potendosi altrimenti integrare “le premesse per l’incostituzionalità delle singole imposte che su di essi si fondino” (così Corte Cost. n. 249/2017; v., altresì, Corte Cost., 24 giugno 1994, n. 263), – abbia inteso richiamare al rispetto dell’obbligo di motivazione che, quanto agli “elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare”, “proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento” (Corte Cost. n. 249/2017, cit.).

3.3 – Se, dunque, – in ragione dei cennati presupposti che, secondo una scelta legislativa da considerarsi ragionevole, correlano la revisione del classamento delle unità immobiliari ad uno solo dei suoi (diversi) criteri determinativi (D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8), nella fattispecie deve escludersi la rilevanza ex se (tra i presupposti giustificativi, dunque, dell’atto di riclassamento) del fattore cd. edilizio (id est delle “caratteristiche edilizie dell’unità medesima e del fabbricato che la comprende”; art. 8, commi 3 e 7, cit.), ciò non di meno di detto fattore edilizio deve tenersi conto quale concorrente criterio di determinazione della classe, e della conseguente rendita catastale, attribuiti all’unità immobiliare.

In questa prospettiva ricostruttrice, ritiene allora la Corte di dover integrare, e precisare, quei suoi precedenti arresti che (anche) alle “caratteristiche edilizie del fabbricato” hanno fatto riferimento (v., ex plurimis, Cass., 26 settembre 2018, n. 23129; Cass., 21 giugno 2018, n. 16378; Cass., 29 settembre 2017, n. 22900; Cass., 17 febbraio 2015, n. 3156); di vero, come si è più volte osservato, il presupposto della revisione di classamento (esclusivamente) consegue, nella fattispecie, dal mutato assetto di valori (di mercato e catastale) nel rapporto tra microzone comunali, – ove, peraltro, lo stesso corretto accertamento del presupposto in questione implica, al momento della loro determinazione, un’effettiva omogeneità delle microzone (“nei caratteri di posizione, urbanistici, storico-ambientali, socio-economici, nonchè nella dotazione dei servizi ed infrastrutture urbane”; D.P.R. n. 138 del 1998, art. 2, comma 1), con conseguente uniformità delle unità immobiliari (“per caratteristiche tipologiche, epoca di costruzione e destinazione prevalenti”) e omogeneità di “ambiti territoriali di mercato… sul piano dei redditi e dei valori, ed in particolare per l’incidenza su tali entità delle caratteristiche estrinseche delle unità immobiliari.” (art. 2, comma 1, cit.)

Mutato assetto, quello in discorso, rimarcato (anche) dalle Sezioni Unite della Corte che, giustappunto, hanno rilevato che “ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, la ragione giustificativa non è la mera evoluzione del mercato immobiliare, nè la mera richiesta del Comune, bensì l’accertamento di una modifica nel valore degli immobili presenti nella microzona, attraverso le procedure previste dal successivo comma 339 ed elaborate con la Det. direttoriale 16 febbraio 2005 (G.U. n. 40 del 18 febbraio 2005) cui sono allegate linee guida definite con il concorso delle autonomie locali.” (così Cass. Sez. U., 18 aprile 2016, n. 7665).

Laddove, però, (anche) l’indicazione delle “caratteristiche edilizie del fabbricato” (D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, comma 7) torna ad assumere (col fattore cd. posizionale) una sua specifica rilevanza per il profilo della motivazione dell’atto (logicamente conseguente a quello che ne identifica i suoi presupposti e) volto a giustificare l’adozione della stima comparativa (avuto riguardo alla cd. unità tipo; v. il D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, art. 61; v. Cass., 6 marzo 2017, n. 5600) in sede di attribuzione della classe e della rendita catastale (D.P.R. n. 138 del 1998, art. 2, comma 1, e art. 8; v., altresì, il D.L. 14 marzo 1988, n. 70, art. 11, comma 1, conv. in L. 13 maggio 1988, n. 154); e, del resto, va rimarcato che il valore di mercato rilevante, quale presupposto per la richiesta di riclassamento, non è quello di un singolo immobile bensì il valore medio di mercato di una intera microzona così che, una volta giustificato quest’ultimo (secondo i rapporti di valore posti dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335), rimangono pur sempre da spiegare le ragioni in forza delle quali si sia prodotta una ricaduta (ed in quali termini di classamento e di rendita catastale) sulla specifica unità immobiliare oggetto di riclassamento.

3.4 – Va, ancora, considerato, – al di là dello stesso ricordato monito del Giudice delle Leggi, – come questa Corte abbia interpretato in termini di modularità la generale portata precettiva dell’obbligo di motivazione, termini, questi, qual correlati alle specifiche discipline di ciascun tributo, alla funzione assolta da ciascun atto impositivo e, conclusivamente, alla maggiore o minore articolazione della medesima fattispecie costitutiva del potere (v., ex plurimis, Cass., 17 maggio 2017, n. 12251; Cass., 16 marzo 2015, n. 5190; Cass., 28 novembre 2014, n. 25329; Cass., 20 giugno 2013, n. 15495; Cass., 3 agosto 2012, n. 14027; Cass., 10 giugno 2009, n. 13335; Cass., 7 maggio 2008, n. 11082; Cass., 16 dicembre 2005, n. 27758).

Ed è, giustappunto, (anche) in tale prospettiva che vanno letti, qui con riferimento all’obbligo di motivazione rigorosa delle “concrete ragioni che giustificano il provvedimento” che costituisce esito di un’operazione a “carattere “diffuso”” (Corte Cost. n. 249/2017, cit.), – i progressivi arresti che sono venuti emergendo nella giurisprudenza della Corte quanto alla congruità della motivazione; congruità riconosciuta in relazione alla stessa dichiarazione di accatastamento presentata dal contribuente (rispetto alla quale si è ritenuta sufficiente l’indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’Ufficio tecnico e della classe conseguentemente attribuita all’immobile; v. Cass., 3 aprile 1992, n. 4085 cui adde Cass., 30 giugno 2011, n. 14379; Cass., 11 gennaio 2006, n. 333; Cass., 1 luglio 2004, n. 12068), ovvero alla dichiarazione presentata secondo la procedura cd. Docfa (anche qui rilevando come sufficiente l’indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’ufficio e della classe conseguentemente attribuita all’immobile; v., ex plurimis, Cass., 9 luglio 2018, n. 17971; Cass., 3 febbraio 2014, n. 2268; Cass., 21 luglio 2006, n. 16824; Cass., 7 giugno 2006, n. 13319), salvo l’obbligo di motivazione, nel contesto di detta procedura Docfa, della rettifica dei dati esposti nella dichiarazione, con conseguente necessità di una motivazione più approfondita volta ad evidenziare le ragioni della immutazione degli “elementi di fatto” indicati nella proposta formulata dalla parte (v., ex plurimis, Cass., 22 maggio 2019, n. 13778; Cass., 7 dicembre 2018, n. 31809; Cass., 23 maggio 2018, n. 12777; Cass., 16 giugno 2016, n. 12497; Cass., 24 aprile 2015, n. 8344; Cass., 31 ottobre 2014, n. 23237).

Laddove, allora, a fronte di una più complessa articolazione delle fattispecie costitutive del potere (di riclassamento delle unità immobiliari), qual’è quella in trattazione, si è venuto a delineare, in termini speculari, un più esteso ambito delle ragioni giustificative dell’esercizio del potere stesso e, con queste, della motivazione che le racchiude; motivazione, questa, che allora deve estendersi agli (specifici) presupposti giustificativi del riclassamento, ed alle conseguenti ricadute, non potendosi più risolvere nella sola indicazione della consistenza, della categoria e della classe attribuita all’unità immobiliare oggetto di riclassamento (v., con riferimento alla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 58, Cass., 23 ottobre 2017, n. 25037; Cass., 6 febbraio 2015, n. 2184; Cass., 30 luglio 2014, n. 17322; Cass., 20 settembre 2013, n. 21532; in relazione alla L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 335 e 336, v., altresì, Cass., 31 ottobre 2014, n. 23247; Cass., 3 luglio 2013, n. 16643; Cass., 8 marzo 2013, n. 5784; Cass., 13 giugno 2012, n. 9629).

3.5 – Il motivo di ricorso in trattazione non considera, pertanto che, – sia pur esplicitate le ragioni fondative (ed i relativi dati fattuali) della procedura di revisione delineata dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335 – l’atto attributivo della nuova rendita catastale (qual conseguente alla diversa classe identificativa del superiore “livello reddituale ordinario ritraibile dall’unità immobiliare”; D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, comma 3) deve esso stesso indicare in quali termini il mutato assetto dei valori medi di mercato e catastale (recte del loro rapporto), nel contesto delle microzone comunali previamente individuate, abbia avuto una ricaduta sul singolo immobile (sulla sua classe e rendita catastale), “così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare” (Corte Cost., n. 249/2017).

E, nella fattispecie, la gravata sentenza da conto (correttamente, sul punto) di un radicale difetto di motivazione dell’atto impugnato, tanto che (in relazione alle ricadute degli atti amministrativi generali) nemmeno emergono classe e rendita catastale di provenienza e di (nuova) attribuzione (nè lo stesso ricorso alcunchè al riguardo precisa; per analoghe conclusioni, sulla specifica vicenda in trattazione, v., poi, Cass., 8 aprile 2019, n. 9770; Cass., 10 dicembre 2018, n. 31829; Cass., 5 novembre 2018, n. 28076; Cass., 2 novembre 2018, n. 28035).

4. – I rilievi sin qui svolti danno, quindi, conto dell’infondatezza (anche) del secondo motivo di gravame.

Premesso che il ricorso difetta di autosufficienza in quanto non indica (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) la specifica sede processuale in cui la questione è stata posta al Giudice del gravame (la cui pronuncia tace sul punto), – così precludendo al Collegio ogni riscontro, – rileva, ad ogni modo, la Corte che, – una volta ritenuta pregiudiziale, ed assorbente, una questione di merito (difetto di motivazione) involgente, in quanto tale, l’atto impositivo (non anche l’atto amministrativo generale che ne costituiva il presupposto), alcun conflitto di giudicati avrebbe mai potuto determinarsi in relazione all’ambito, soggettivo ed oggettivo, del distinto (e pur pendente) giudizio amministrativo, avuto quindi riguardo (come si è già rilevato) all’autonoma rilevanza rivestita, nel contesto della procedura di revisione catastale di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, dall’atto (avviso di accertamento) attributivo della nuova rendita catastale.

Posto, difatti, che la sospensione necessaria invocata dalla ricorrente (art. 295 c.p.c.), – che è ipotizzabile con riferimento (anche) alla cd. pregiudiziale amministrativa (determinata dalla pendenza di un giudizio davanti al G.A., v. Cass., 16 febbraio 2012, n. 2263; Cass., 13 maggio 2009, n. 11085; Cass., 19 settembre 2003, n. 13891; v., altresì, con riferimento alla tematica degli atti amministrativi generali costituenti presupposto del provvedimento impositivo, Cass., 10 settembre 2007, n. 18992; Cass., 31 luglio 2007, n. 16937), – è volta ad evitare il conflitto di giudicati e, pertanto, può trovare applicazione solo quando in altro giudizio debba essere decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale in senso tecnico-giuridico (cfr., ex plurimis, Cass., 15 maggio 2019, n. 12999; Cass., 16 marzo 2016, n. 5229; Cass., 6 novembre 2015, n. 22784; Cass., 28 novembre 2007, n. 24751; Cass., 28 aprile 2006, n. 9901; Cass. Sez. U., 26 luglio 2004, n. 14060), deve rimarcarsi, da un lato, che detta pregiudizialità va esclusa (innanzitutto) se la considerazione degli atti amministrativi generali presupposti (dall’atto impositivo; v., con specifico riferimento agli atti amministrativi generali relativi alle microzone comunali, Cass. Sez. U., 18 aprile 2016, n. 7665) risulti irrilevante ai fini della decisione (v., con riferimento alla rilevanza determinata dai motivi di ricorso, Cass., 17 giugno 2016, n. 12545; Cass., 13 giugno 2012, n. 9631; Cass., 4 maggio 2012, n. 6724; Cass., 10 giugno 2008, n. 15285) e, dall’altro, che, ad ogni modo, il giudice tributario (secondo la specifica disciplina del processo tributario; D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, comma 3, e art. 7, comma 5) è esso stesso titolare del potere di disapplicazione degli atti amministrativi illegittimi, (giustappunto) se ricorre una “questione da cui dipende la decisione” (art. 2, comma 3, cit.) ovvero “un regolamento o un atto generale rilevante ai fini della decisione” (art. 7, comma 5, cit.).

5. – Alcuna statuizione va assunta in ordine alla disciplina delle spese del giudizio di legittimità, non avendo gli intimati svolto attività difensiva; e alcunchè va disposto in ordine al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, trattandosi di ricorso proposto da un’amministrazione dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, è esentata dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr., ex plurimis, Cass., 29 gennaio 2016, n. 1778; Cass., 5 novembre 2014, n. 23514; Cass. Sez. U., 8 maggio 2014, n. 9938; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2019

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