Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31110 del 03/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 03/12/2018, (ud. 18/09/2018, dep. 03/12/2018), n.31110

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8622-2017 proposto da:

F.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA FREZZA,

56, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI ACTIS, che la

rappresenta e difende:

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona del Curatore, elettivamente

domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE

di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato WALTER RUSSO;

– controricorrenti –

e contro

(OMISSIS) SRL, IN FALLIMENTO, A.E.;

– intimati –

avverso il decreto n. 7471/96 Procedura Fallimentare del TRIBUNALE di

SANTA MARIA CAPUA VETERE, depositato il 01/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott. DI MARZIO

MAURO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – Con provvedimento del 1^ febbraio 2017 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha respinto la “richiesta al Tribunale di modifica/o integrazione decreto di liquidazione compenso curatore” proposta dall’avvocato F.I., curatore del Fallimento (OMISSIS) S.r.l..

Ha ritenuto il Tribunale che il già pronunciato decreto di liquidazione delle competenze richieste dal curatore fallimentare risultasse ormai definitivo e che, in ogni caso, l’ulteriore posta attiva fatta valere a fondamento dell’istanza fosse stata realizzata al di fuori della procedura fallimentare.

2. – Per la cassazione di detto provvedimento) F.I. ha proposto ricorso per due mezzi illustrati da memoria.

Il Fallimento ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. – Il primo motivo denuncia: “Violazione e falsa applicazione del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 39, avendo il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ritenuto definitivo il provvedimento del 17 giugno 2015 liquidazione provvisoria del compenso del curatore, motivazione contraddittoria, illogica, apparente in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, ricompresi nella norma dell’art. 111 Cost., su fatti decisivi per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti”.

Il secondo motivo denuncia: “Violazione e falsa applicazione del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 39, anche in relazione agli artt. 109 e 111 L.F. e del D.M. Giustizia 28 luglio 1990, n. 570, art. 1 e del D.M. Giustizia 25 gennaio 2012, n. 30, avendo il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere rigettato l’istanza di integrazione e/o di modifica del provvedimento del 17 giugno 2015 ritenendo realizzata al di fuori del fallimento la posta attiva indicata dal curatore nell’istanza del 19 dicembre 2016, motivazione contraddittoria, illogica, apparente in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, ricompresi nella norma dell’art. 111 Cost. su fatti decisivi per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti”.

RITENUTO CHE:

4. – Il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata.

5. – Il ricorso è inammissibile.

Questa Corte, riferendosi alla liquidazione del compenso al commissario giudiziale nell’ambito della procedura di concordato preventivo, ma con ragionamento parimenti applicabile al curatore fallimentare, ha affermato che il decreto con cui il Tribunale, ai sensi del combinato disposto di cui alla L. fallimentare, art. 165, comma 2 e art. 39, comma 1, liquida il compenso al detto commissario, dirimendo un virtuale conflitto di interessi ed incidendo su posizioni di diritto soggettivo, ha natura decisoria, al pari del provvedimento che liquida il compenso al curatore. Esso inoltre è definitivo, non essendo soggetto a reclamo ed è conseguentemente impugnabile per Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. nei termini prescritti. Ma, proprio in considerazione di tale sua natura, tipica della funzione giurisdizionale, l’autorità giudiziaria che lo adotta non può revocarlo, dovendosi ritenere “consumato”, con l’emissione, il suo potere decisionale, ferma restando la facoltà della parte interessata di ricorrere per cassazione (Cass. 19 novembre 1998, n. 11662; nello stesso senso successivamente Cass. 15 aprile 2016, n. 7591).

Nel caso in esame, provvedendo sull’istanza del curatore, il Tribunale, con decreto del 17 giugno 2015, ha liquidato al medesimo la complessiva somma di Euro 32.026,69, comprensiva di eventuali acconti già percepiti, oltre a Euro 67,40 per spese: detto decreto la F. non ha impugnato, chiedendo viceversa, in data 19 dicembre 2016, la modifica e/o integrazione del decreto medesimo, con conseguente pronuncia del provvedimento poi impugnato per cassazione.

Ma detto provvedimento è evidentemente privo del carattere della decisorietà, oltre che di quello della definitività, limitandosi esso a dare atto della definitività del precedente decreto di liquidazione, con l’aggiunta di un argomento svolto ad abundantiam in ordine alla circostanza che l’ulteriore posta attiva fatta valere a fondamento dell’istanza fosse stata realizzata al di fuori della procedura fallimentare.

Ed inoltre entrambi i motivi sono inammissibili ex art. 360 bis c.p.c., n. 1:

-) il primo in applicazione del principio affermato dalle già richiamate Cass. 19 novembre 1998, n. 11662 e Cass. 15 aprile 2016, n. 7591;

-) il secondo in applicazione del principio secondo cui: “Ai fini della liquidazione del compenso al curatore del fallimento ex L fall., art. 39, non può ricomprendersi nel concetto di “attivo realizzato” alla cui entità ragguagliare le percentuali previste dal D.M. n. 30 del 2012, il valore dell’immobile liquidato nella procedura esecutiva promossa dal creditore fondiario, a meno che il curatore non sia intervenuto nell’esecuzione svolgendo un’attività diretta a realizzare una concreta utilità per la massa dei creditori, anche mediante la distribuzione a questi ultimi di una parte del ricavato della vendita” (Cass. 6 giugno 2018, n. 14631), essendo fondata l’istanza per l’appunto sulla circostanza che taluni immobili fossero stati alienati in sede di esecuzioni individuali promosse da creditori portatori di credito fondiario.

6. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore del Fallimento controricorrente delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 7.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2018

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