Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31103 del 30/11/2018

Cassazione civile sez. un., 30/11/2018, (ud. 23/10/2018, dep. 30/11/2018), n.31103

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. CURZIO Pietro – Presidente di Sez. –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di Sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al NRG 7630 del 2017 promosso da:

D.D.R., rappresentata e difesa dall’Avvocato Raffaele

Montefusco, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato

Claudia De Curtis in Roma, viale Giuseppe Mazzini, n. 42;

– ricorrente –

contro

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI, in persona del

Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura

generale dello Stato, con domicilio presso gli Uffici di

quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI TORRE DEL GRECO, in persona del Sindaco pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3896/2016 del Consiglio di Stato, depositata

il 16 settembre 2016.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23 ottobre 2018 dal Consigliere Dott. Alberto Giusti.

Fatto

RITENUTO

che con ricorso notificato in data 21 ottobre 2011 e depositato il 5 novembre 2011 D.D.R. ha impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, il diniego di autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di impianto fotovoltaico;

che l’adito TAR, con sentenza in data 28 gennaio 2014, ha dichiatato improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse;

che il Consiglio di Stato, con sentenza resa pubblica mediante deposito in segreteria il 16 settembre 2016, ha dichiarato irricevibile l’appello della D.D., in quanto notificato alle controparti tardivamente, il 25 novembre 2015, oltre il termine di sei mesi fissato dall’art. 92, comma 3, cod. proc. amm.;

che il Consiglio di Stato ha escluso di poter accedere alla tesi secondo cui la decorrenza del termine lungo di sei mesi per l’impugnazione della sentenza emessa dal TAR per la Campania sarebbe stata impedita dalla circostanza della mancata tempestiva conoscenza della sentenza conseguente alla omessa comunicazione della data di discussione dell’udienza di merito davanti allo stesso TAR;

che, secondo il giudice amministrativo di appello, l’unico caso che fa eccezione all’ordinaria decorrenza del termine di sei mesi per la proposizione dell’impugnazione è quello in cui la parte non abbia avuto notizia, senza propria colpa, della pendenza del processo: evenienza, questa, non ricorrente nella specie, giacchè l’appellante aveva chiara conoscenza della pendenza del giudizio di primo grado, essendosi in esso costituita ed anzi avendolo essa stessa proposto quale ricorrente;

che per la cassazione della sentenza del Consiglio di Stato la D.D. ha proposto ricorso, sulla base di un motivo;

che il Ministero per i beni e le attività culturali ha resistito con controricorso, mentre il Comune di Torre del Greco è rimasto intimato;

che il ricorso per cassazione è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo (violazione dell’art. 71, comma 3 e art. 105 cod. proc. amm. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 1, nonchè dell’art. 362 cod. proc. amm.; rifiuto di giurisdizione e diniego di giustizia per omesso accertamento e declaratoria di lesione del diritto di difesa e mancanza di contraddittorio) la ricorrente deduce che – poichè il giudizio di primo grado innanzi al TAR si è svolto in difetto di comunicazione del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza di trattazione di merito – non sarebbe imputabile a difetto di negligenza la mancata verifica del deposito in cancelleria di una sentenza relativa ad un giudizio di cui non è mai stata conosciuta la fissazione dell’udienza pubblica;

che la doglianza rappresentata è inammissibile, non essendo in alcun modo riconducibile ai motivi inerenti alla giurisdizione, i soli in base ai quali, ai sensi dell’art. 111 Cost., u.c., art. 362 c.p.c. e art. 110 cod. proc. amm., possono essere impugnate per cassazione le sentenze del Consiglio di Stato;

che, infatti, ciò che la ricorrente lamenta è un error in procedendo, il quale non può, solo in ragione della gravità della violazione che si assume essere stata commessa, ridondare in un superamento degli ambiti propri della giurisdizione del giudice amministrativo (Cass., Sez. U., 25 luglio 2011, n. 16165; Cass., Sez. U., 22 aprile 2013, n. 9687; Cass., Sez. Un., 18 novembre 2013, n. 25796; Cass., Sez. U., 27 giugno 2018, n. 16973; Cass., Sez. U., 9 luglio 2018, n. 20686);

che, in altri termini, l’ipotizzato errore non inerisce nè all’essenza della giurisdizione nè allo sconfinamento dei limiti esterni di essa, ma solo al modo in cui è stata esercitata (Cass., Sez. U., 30 luglio 2018, n. 20168);

che il ricorso è inammissibile;

che le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza;

che poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal Ministero controricorrente, che liquida in complessivi Euro 4.000, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2018

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