Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31088 del 28/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 28/11/2019, (ud. 09/10/2019, dep. 28/11/2019), n.31088

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12257–2013 proposto da:

Z.C. in proprio e quale legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIALE MAZZINI 114 B, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE PULCI, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati MENOTTO ZAULI, CARLO ZAULI giusta delega a

margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE CENTRALE NAZIONALE in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

EQUITALIA CENTRO SPA AGENTE RISCOSSIONE in persona del Procuratore

Speciale, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLE QUATTRO

FONTANE 161, presso lo studio dell’avvocato SANTE RICCI, che lo

rappresenta e difende unitamente avvocati MAURIZIO CIMETTI, GIUSEPPE

PARENTE;

– controricorrenti –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE FORLI’ CESENA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 11/2012 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 19/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/10/2019 dal Consigliere Dott. MAURA CAPRIOLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SALZANO FRANCESCO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato ALLEGRETTI per delega

dell’Avvocato Z. che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato MORETTI per delega

dell’Avvocato CIMETTI che si riporta agli atti; è comparso

l’Avvocato VALENZANO difensore del resistente che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

Con sentenza nr. 11/2012 la CTR di Bologna respingeva l’appello proposto da Z.C. avverso la sentenza nr 185/2012 della CTP di Forlì ritenendo per gli aspetti che qui rilevano ritualmente eseguita la notifica della cartella contestata ad un vicino di casa che aveva accettata di riceverla.

Rilevava pertanto che le censure relative agli atti di liquidazione dell’imposta dovevano ritenersi improponibili stante la regolarità della notifica e la riconosciuta mancata impugnazione degli avvisi di liquidazione ormai divenuti definitivi.

Avverso tale sentenza Z.C. propone ricorso per cassazione basato su 7 motivi cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia Centro s.p.a. eccependo l’inammissibilità del ricorso e comunque l’infondatezza nel merito.

Il ricorrente ha proposto memoria illustrativa.

Diritto

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c. in tema di consegna dell’atto ad un vicino, violazione e falsa applicazione della L. n. 602 del 1973, art. 26, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Lamenta, in particolare che il giudice di merito aveva ritenuto la ritualità della notifica della cartella avvenuta a mani di un vicino senza che l’ufficiale avesse tentato la notificazione presso i soggetti indicati nel comma 2, a sua volta subordinato all’ipotesi di mancato rinvenimento del destinatario ex art. 139 c.p.c., e benchè la relata risultasse priva della indicazione delle ragioni che avevano impedito al suddetto ufficiale di effettuare la notificazione a mani del destinatario o di uno dei soggetti all’uopo indicati dalla norma in ordine preferenziale.

Con un secondo motivo deduce in via subordinata la violazione della nullità della sentenza per nullità derivata di tutti gli atti del procedimento ex art. 139 c.p.c. in tema di consegna ad un vicino, per violazione e falsa applicazione della L. n. 602 del 1973, art. 26, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 e all’art. 159 c.p.c..

Con un terzo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione delle norme sull’imprescrittibilità dell’azione di nullità ex art. 1422 c.c. e sulla nullità degli atti per eccesso di potere L. n. 241 del 1990, ex art. 21 septies, applicabile in materia.

In particolare il contribuente critica la decisione della CTR nella parte in cui non ha esaminato i vizi afferenti all’avviso di liquidazione ritenendoli coperti dal giudicato.

Osserva infatti che detto avviso, impugnato unitamente alla cartella, avrebbe dovuto essere considerato illegittimo in quanto emesso in assenza dei presupposti d’imposta.

Con un quarto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, nonchè del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 12, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Critica, in particolare, l’affermazione riportata in sentenza secondo cui la richiesta di intervento in autotutela sarebbe stata avanzata tardivamente quando il debito del contribuente era ormai definitivamente liquidato nell’importo.

Con il quinto motivo denuncia la violazione del principio della buona fede ed dell’art. 10 Statuto del contribuente, degli artt. 6 e 13 Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo e dell’art. 47Carta di Nizza.

Lamenta che l’Amministrazione finanziaria avrebbe abusato della propria posizione di preminenza e del potere di discrezionalità di cui gode nella gestione dei ricorsi in autotutela ponendo in essere un abuso del diritto anche in violazione del principio della buona fede e dell’art. 10 Statuto del contribuente.

Con il sesto motivo il ricorrente denuncia la violazione del principio della litis denuntiatio e della sussistenza della legittimazione passiva in capo ad Equitalia Centro s.p.a.

Sostiene infatti che nelle liti riguardante l’impugnazione della cartella esattoriale la legittimazione passiva spetterebbe tanto all’ente titolare del credito quanto al concessionario.

Da ultimo lamenta la non conformità della liquidazione delle spese di lite al D.M. n. 140 del 2012, del regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte dell’organo giurisdizionale dei compensi per le professioni vigilate dal Ministero della Giustizia ai sensi del D.L. n. 1, del 2012, art. 9 convertito con modificazioni dalla L. n. 27 del 2012.

In primo luogo deve essere esaminata l’eccezione di rito sollevata dalla controricorrente.

In particolare lamenta Equitalia che i motivi del ricorso si risolverebbero nella riproposizione di quelli già svolti nel corso del giudizio senza specificare in che cosa consista la violazione e falsa applicazione delle norme che si assumono non rispettate.

La controricorrente deduce l’inammissibilità sotto altro profilo ritenendo che le censure dedotte si tradurrebbero in un nuovo apprezzamento degli elementi probatori forniti in giudizio riconducibile non già alla violazione di legge ma ad un vizio di motivazione.

L’eccezione è infondata.

La sentenza risulta correttamente censurata attraverso il vizio della violazione di legge rientrando la presente fattispecie nell’ambito dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Il ricorrente lamenta con il primo motivo la mancata osservanza da parte della CTR delle regole fissate dall’art. 139 c.p.c. nell’ipotesi di mancata consegna dell’atto ad un soggetto diverso dal destinatario (vicino che accetta di riceverla).

Le contestazioni veicolate attraverso il primo motivo non consentono di pervenire ad una conclusione diversa da quella raggiunta dalla giudice di appello.

Giova ricordare in termini generali che nel caso in cui l’ufficio finanziario proceda alla notificazione a mezzo posta avvalendosi della facoltà di notificazione semplificata, alla spedizione dell’atto si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle previste dalla L. n. 890 del 1982, con la conseguenza che, in caso di notifica al portiere o a soggetto autorizzato, essa si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento da quest’ultimo sottoscritto, senza che si renda necessario l’invio di una ulteriore raccomandata (Cass.; n. 17598/2010; n. 911/2012;; n. 19771/2013; 22151 del 2013; n. 16949/2014; n. 14146/2014; 12083 del 2016; 19795 del 2017; n. 8293/2018).

La notifica della cartella esattoriale può avvenire, difatti, anche mediante invio diretto; da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto la seconda parte del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 1, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati.

In tal caso, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato, l’identità del consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal citato art. 26, penultimo comma, secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione (Cass. n. 17598/2010; Cass. n. 911/2012; Cass. n. 19771/2012; Cass. n. 14146/2014; Cass. n. 16949/2014; Cass. n. 6395/2014).

Occorre aggiungere che ai fini dell’accertamento della validità della notificazione effettuata a mezzo del servizio postale, ricevuta da persona diversa dal destinatario, la quale si sia dichiarata, come emerge dalla ricevuta dell’avviso allegata nel controricorso” familiare convivente”, deve presumersi che la qualità indicata, sostanzialmente equivalente a quella di “incaricato”, sia stata dichiarata proprio da chi ha ricevuto l’atto; ne consegue che, per vincere la presunzione derivante dalla consegna dell’atto a tale persona, che l’ha accettato nella qualità anzidetta, occorre provare che il consegnatario non rivestiva tale qualità(Cass. n. 7113/2001; n. 9111/2014;Cassazione civile, sez. trib., 03/04/2019, n. 9240).

Va, comunque, rilevato che ogni eventuale irregolarità del processo notificarlo è stata sanata dalla tempestiva proposizione del ricorso avverso la cartella.

In questa prospettiva è stato affermato che la natura sostanziale e non processuale della cartella di pagamento processuale della cartella di pagamento non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria; sicchè il rinvio disposto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5 (in tema di notifica della cartella di pagamento) al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 (in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile, comporta, in caso di nullità della notificazione della cartella di pagamento, l’applicazione dell’istituto della sanatoria per raggiungimento dello scopo, di cui all’art. 156 c.p.c. (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27561; Cass. 2019 n. 6417).

Anche il secondo motivo di ricorso non merita accoglimento non potendosi configurare alcuna invalidità derivata della cartella dal difetto di notifica dell’atto presupposto nella specie costituito da un avviso di liquidazione per imposta di registro che come riconosciuto dal medesimo contribuente (pag. 1 del ricorso di primo grado) e come rilevato dal Giudice di appello non è stato impugnato nei termini ed è pertanto divenuto definitivo.

Le considerazioni sin qui esposte non possono che condurre al rigetto del terzo motivo del ricorso.

La definitività dell’autonomo avviso di liquidazione emesso nei confronti dell’odierno ricorrente, infatti non può che comportare l’intangibilità del detto atto impositivo e, quindi, l’impossibilità per il contribuente in questa sede di invocare le vicende a cui è rimasto soggetto l’avviso di liquidazione.

“Nel processo tributario, la cartella di pagamento può essere impugnata solo per vizi suoi propri e non quelli che attengono l’accertamento fiscale, salvo che il contribuente non sia venuto a conoscenza della pretesa impositiva solo con la notificazione della cartella predetta.” (Cass. 11 maggio 2017, n. 11610; Cass. 11 marzo 2015, n. 4818).

La pretesa impositiva azionata dall’Agenzia delle Entrat5attraverso l’avviso di accertamento non impugnato si è cristallizzata ed è divenuta definitiva dando quindi luogo alla incontestabilità della ricostruzione del fatto (sotto il profilo dei presupposti dell’imposta e dell’individuazione del soggetto passivo) contenuto nell’accertamento.

Condivisibile in questo quadro il ragionamento seguito dal Giudice di appello il quale ha correttamente riconosciuto l’improponibilità delle censure relative all’avviso di liquidazione.

Relativamente al quarto motivo va osservato che il ricorrente nel prospettare la censura confonde la norma relativa al procedimento di accertamento per adesione regolata dal D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 12, comma 2, per la quale nessuna contestazione era stata sollevata nelle precedenti fasi con le disposizioni in materia di autotutela.

Il contribuente ha presentato, come ben sottolineato dalla CTR, unicamente istanza di autotutela quando oramai l’avviso di liquidazione era divenuto definitivo per decorrenza dei termini per l’impugnazione.

Ciò posto va rilevato che la presentazione di deduzioni difensive riguardanti un atto proprio del procedimento di accertamento e liquidazione tributaria, non è idonea a sospendere il termine di decadenza previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, ai fini dell’impugnazione davanti al giudice tributario, ma può svolgere esclusivamente la funzione di sollecitare l’esercizio del potere dell’Amministrazione, di natura discrezionale, di annullamento d’ufficio o di revoca dell’atto contestato (Sez. U, n. 16097 del 2009). A prescindere dal momento in cui l’autotutela viene richiesta ciò che rileva è che i presupposti impositivi ed il quantum richiesto non più contestabile una volta scaduto il termine per impugnare l’accertamento.

La sollecitazione all’utilizzo del potere di autotutela, in quanto diretta a favorire l’esercizio di un potere discrezionale della P.A., non determina di per sè alcun effetto rispetto alla definitività dell’accertamento conseguente alla mancata impugnazione (Cass.1965/2018; Cass. 2019 nr 15540).

Correttamente la CTR alla luce dei principi sopra enunciati non ha pertanto ravvisato nella condotta dell’Amministrazione finanziaria aspetti censurabili.

Neppure è configurabile alcun abuso del diritto o violazione del principio di buona fede nella vicenda de qua non potendosi addossare all’Ufficio responsabilità per la mancata impugnativa nei termini di legge degli atti presupposti che hanno preceduto la notifica della cartella di pagamento.

Con riguardo poi alla prospettata carenza di legittimazione passiva dell’agente della concessione il motivo è inammissibile.

Va infatti rilevato che come emerge dalla sentenza, il cui passaggio significativo, si trova riprodotto nel controricorso, la CTP aveva vagliato l’eccezione sollevata dal concessionario e dall’Agenzia delle Entrate riconoscendone la fondatezza.

Tale statuizione non risulta abbia formato oggetto di uno specifico motivo di gravame sicchè la pronuncia sul punto deve ritenersi coperta dal giudicato.

Da ultimo con riguardo alla censura sulle spese si deve rilevare l’inammissibilità per difetto di specificità.

Il ricorrente ravvisa una violazione nella mancata indicazione nella pronuncia della liquidazione in relazione alle varie fasi di cui si compone l’attività giudiziale omettendo di indicare, con il dovuto tasso di specificità richiesto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, se la determinazione giudiziale sia avvenuta al di fuori dei parametri di legge.

La discrezionalità insita nella forcella tra minimi e massimi (ovverosia quella da rispettare “di regola”) infatti non è soggetta a sindacato in sede di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.

Le spese della fase di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in favore di ciascuno dei controricorrenti come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento in favore di ciascuno dei controricorrenti della spese della presente fase che si liquidano in complessivi Euro 2900,00 oltre accessori di legge ed al 15% per spese generali per Equitalia e per Agenzia delle Entrate oltre spese prenotate a debito; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2019

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