Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31083 del 30/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 30/11/2018, (ud. 25/09/2018, dep. 30/11/2018), n.31083

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13713/2014 proposto da:

G.I., N.G., S.C.,

C.M.C., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA POLIBIO 15,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE LEPORE, rappresentati e

difesi dall’avvocato ACCURSIO GALLO, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI,

rappresentata e difesa dallavvocato FRANCESCA BONFRATE, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2800/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 23/01/2014 r.g.n. 1225/2011.

Fatto

RILEVATO

1. che con separati ricorsi, successivamente riuniti, L.A., C.M.C., G.I., N.G., S.C. e Su.Lu., premesso di avere stipulato con Postel s.p.a. (soggetto utilizzatore) diversi contratti per prestazioni di lavoro temporaneo e di avere prestato attività di lavoro in favore della detta società secondo lo schema della somministrazione di lavoro di cui al D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (nei quali ultimi l’impresa somministratrice era stata Ali Agenzia per il Lavoro s.p.a.) per periodi ininterrotti, con mansioni di “operatore di video codifica” presso a sede di (OMISSIS), dedotta la illegittimità del ricorso al lavoro temporaneo ed alla somministrazione, chiesero l’accertamento della esistenza ab origine con la società utilizzatrice di rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato e la condanna della suddetta alla reintegrazione in servizio ed al risarcimento dei danni in misura pari alle retribuzioni spettanti a ciascuno dalla data di illegittima risoluzione dei rapporti a quella di effettiva reintegrazione;

1.1. che il giudice di prime cure, nella resistenza di Postel s.p.a. e di Ali s.p.a., respinse la domanda;

2. che L.A. propose appello chiedendo la riforma della decisione; nel giudizio si costituirono oltre Postel s.p.a. i lavoratori C., G., N. e S. preliminarmente aderendo “alla richiesta di riforma dell’impugnata sentenza formulata dalla appellante sig.ra L.A.” e spiegando, quindi, contestuale appello incidentale con il quale, a loro volta, chiesero l’accoglimento delle domande formulate da ciascuno nei confronti di Postel s.p.a.;

2.1. che, conciliata la lite tra la lavoratrice L. e Postel s.p.a., nella contumacia di Su.Lu. e di Ali s.p.a., la Corte di appello di Palermo dichiarò cessata la materia del contendere tra l’originaria appellante e Postel s.p.a., e inammissibile l’appello incidentale proposto dagli altri lavoratori;

2.2. che il giudice di appello, rilevata la inammissibilità, per carenza di interesse, della domanda di adesione alla richiesta di riforma dell’impugnata sentenza formulata dall’appellante principale, ha dichiarato inammissibile l’appello incidentale proposto oltre il termine perentorio di cui agli artt. 325,326 e 327 c.p.c.;

2.3. che tale ultima statuizione, l’unica ancora rilevante, è stata giustificata sulla scindibilità delle cause la cui contestuale definizione con la sentenza impugnata non aveva interferito con l’autonomia dei singoli rapporti processuali; in conseguenza, non trovava applicazione il principio, valevole solo in presenza di cause inscindibili o tra loro dipendenti, della unitarietà del termine di impugnazione che avrebbe comportato la possibilità di proporre impugnazione incidentale tardiva; gli appelli dei lavoratori C.C., G.I., N.G., S.C., depositati in un periodo compreso tra il 19 e il 22 giugno 2012, risultavano, pertanto, tardivi in quanto proposti decorso il termine cd. lungo di cui all’art. 327 c.p.c., decorrente dalla pubblicazione – in data 3 dicembre 2010 – della sentenza di primo grado;

3. che per la cassazione della decisione hanno proposto ricorso C.M.C., G.I., N.G., S.C. affidato a ad un unico motivo; che Postel s.p.a. si è costituita tempestivamente per resistere; che Ali s.p.a. non ha svolto attività difensiva;

3.1. che il PG non ha formulato requisitoria scritta;

3.2. che i ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1, con la quale hanno formulato richiesta di trattazione della causa in pubblica udienza.

Diritto

CONSIDERATO

1. che con l’unico motivo di ricorso i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 333,334 e 343 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per avere affermato la tardività degli appelli incidentali; invocano il principio di concentrazione delle impugnazioni codificato dall’art. 333 c.p.c., che assumono destinato a trovare applicazione anche in ipotesi di cause scindibili;

2. che preliminarmente deve essere disattesa la eccezione di Postel s.p.a. la quale, sul rilievo della mancata impugnazione dell’affermazione del giudice di appello relativa alla carenza di interesse ad impugnare; assume il passaggio in giudicato della statuizione di inammissibilità. Dallo storico di lite della sentenza impugnata (v. pag. 2,) – che trova corrispondenza nella esposizione della vicenda processuale effettuata nel ricorso per cassazione (v. pag. 9) – non specificamente contrastato dalla parte controricorrente, emerge che nel costituirsi in secondo grado gli odierni ricorrenti formularono due distinte richieste delle quali una in adesione alla richiesta di riforma formulata dall’appellante principale (che concerneva ovviamente il solo capo con il quale era stata rigettata la domanda della lavoratrice L.) e l’altra con la quale chiedevano la riforma della statuizione di primo grado nel capo di diretto interesse di ciascuno. La Corte di merito ha ritenuto entrambe le richieste inammissibili, ma per ragioni diverse,rilevando quanto alla prima astrattamente riconducibile all’ipotesi dell’intervento adesivo – il difetto di interesse degli appellanti incidentali a sostenere le ragioni dell’appellante principale e quanto alla seconda la tardività dell’impugnazione. Alla stregua di tale ricostruzione consegue che il capo di sentenza impugnato con il presente ricorso, avente ad oggetto la statuizione di inammissibilità per tardività dell’appello incidentale, risulta fondato su un’unica ratio decidendi la cui rituale impugnazione da parte degli odierni ricorrenti, preclude la formazione del giudicato sul punto;

3. che nel merito il ricorso è infondato. Come la medesima parte ricorrente riconosce, nel caso di specie, infatti, si è in presenza di cause scindibili per essere i singoli rapporti processuali, ancorchè riuniti, connotati da reciproca autonomia ed individualità di talchè la sentenza che sugli stessi ha pronunziato, pur formalmente unica) si scinde in tante pronunce quanti sono i rapporti che definisce (v., tra le altre, Cass. 17/11/2005 n. 23257; Cass. 15/05/2003 n. 7519);

3.1. che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in presenza di cause scindibili, è inammissibile l’appello incidentale tardivo proposto dal convenuto contro il quale non sia stata proposta impugnazione e che abbia ricevuto la notifica degli appelli proposti dagli altri convenuti contro l’originario attore esclusivamente ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 332 c.p.c. (v. tra le altre, Cass. 18/05/2016 n. 10263; Cass. 21/07/2015 n. 15292; Cass. 27/04/2018 n. 10171); invero, la parte parzialmente soccombente può proporre appello incidentale tardivo, ai sensi dell’art. 334 c.p.c., anche in riferimento ai capi della sentenza di merito non oggetto di gravame con l’impugnazione principale, a condizione che si tratti di impugnazioni proposte in relazione ad unico rapporto, mentre, qualora si tratti di distinti rapporti dedotti nello stesso giudizio, ovvero in cause diverse poi riunite, ciascuna parte deve proporre impugnazione per i capi della sentenza che la riguardino nei termini di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c. (Cass. 10/10/2008 n. 24902);

3.2. che è da escludere che tale soluzione si ponga in contrasto, come prospettato, con il principio di concentrazione delle impugnazioni, che attiene alla diversa esigenza di rendere unitario il giudizio di impugnazione ed in relazione al quale soccorre il disposto dell’art. 332 c.p.c., il quale, nel prevedere, nelle cause scindibili, la notificazione dell’impugnazione nei confronti delle parti per le quali la impugnazione non è preclusa, non contiene una “vocatio in ius”, ma ha valore di semplice “litis denuntiatio”, volta a far conoscere ai destinatari l’esistenza di una impugnazione, al fine di consentire loro di proporre impugnazione in via incidentale nello stesso processo, qualora essa non sia esclusa o preclusa. (v. tra le altre, Cass. 27/04/2018 n. 10171);

3.3. che, con riferimento al caso specifico, non soccorre la giurisprudenza di legittimità invocata dal ricorrente, la quale ha puntualizzato che l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, ove l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto d’interessi derivante dalla sentenza cui la parte non impugnante aveva prestato acquiescenza, atteso che l’interesse ad impugnare sorge, anche nelle cause scindibili, dall’eventualità che l’accoglimento dell’impugnazione principale modifichi tale assetto giuridico (Cass. 12/03/2018 n. 5876; Cass. 15/06/2018 n. 15770). A riguardo risulta, infatti, dirimente la considerazione che la parte ricorrente non ha neppure allegato, prima ancora che dimostrato, la esistenza in concreto di siffatta utilità scaturente dalla possibile modifica, per effetto della impugnazione principale, dell’assetto di interessi definito dalla sentenza impugnata alla quale aveva prestato acquiescenza;

4. che alla luce delle considerazioni che precedono non si ravvisa alcuna necessità della rimessione della causa alla pubblica udienza, come richiesto;

5. che al rigetto del ricorso consegue il regolamento delle spese di lite secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 6.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2018

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