Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31076 del 28/11/2019

Cassazione civile sez. III, 28/11/2019, (ud. 17/10/2019, dep. 28/11/2019), n.31076

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3833-2018 proposto da:

SARDALEASING SPA, in persona del Presidente pro tempore, domiciliata

ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI BATTISTA LUCIANO;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI, in persona del procuratore pro tempore Dott.

G.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

S.COSTANZA 27, presso lo studio dell’avvocato LUCIA MARINI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

M. SERVICE SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 401/2017 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI di

SASSARI, depositata il 20/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/10/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Tra la società Sardaleasing s.p.a. e la società M. Service s.r.l. è intercorso un contratto di leasing con il quale la prima delle due società ha concesso in godimento alla seconda una pressa per rottami, con la espressa previsione che l’utilizzatore avrebbe dovuto stipulare una assicurazione a favore del concedente, e che in caso di perimento del bene, il contratto si sarebbe risolto. La M. Service ha dunque stipulato contratto di assicurazione con la Unipol Sai, a garanzia del perimento del bene.

Pochi mesi dopo la stipula del leasing e dunque la consegna della pressa, il bene è stato rubato, con la conseguenza che la società di leasing ha fatto valere la clausola di risoluzione del contratto, prevista, per l’appunto, in caso di perimento del bene. La società concedente ha altresì preteso dall’utilizzatore il versamento dei canoni dovuti ed ancora non versati.

Dopo la risoluzione del contratto, ed a breve termine dal furto, il bene è stato ritrovato, prima del pagamento dell’indennizzo.

La concessionaria ha quindi agito in giudizio verso la Unipol perchè pagasse l’indennizzo alla concedente, e quest’ultima ha ribadito la richiesta con domanda riconvenzionale. La concessionaria ha altresì chiesto che la somma da lei dovuta a seguito della risoluzione del contratto di leasing venisse compensata con quella spettante al concedente dalla compagnia di assicurazione.

Il Tribunale ha accolto la domanda di condanna della Unipol, imponendo a quest’ultima di pagare il valore del bene rubato, ed ha poi condannato la concessionaria a pagare le rate rimaste di leasing, previa però compensazione di questa somma con quella dovuta dalla assicurazione alla concedente.

La sentenza di primo grado è stata impugnata dalla Unipol, la quale ha contestato di dover pagare l’indennizzo assicurativo, e ciò a cagione dell’avvenuto ritrovamento del bene dopo il furto.

L’appello è stato accolto.

Avverso tale sentenza la concedente, Sardaleasing srl propone cinque motivi di ricorso. V’è costituzione della sola Unipol con controricorso. Il ricorrente deposita memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della sentenza impugnata.

La sentenza di appello esclude l’obbligo della Unipol di corrispondere l’indennizzo, a cagione dell’avvenuto ritrovamento del bene rubato, ritrovamento, ovviamente avvenuto prima del pagamento da parte di Unipol. Nello stesso tempo, la decisione di secondo grado rifiuta di ammettere una consulenza per stimare il valore del bene dopo il furto, in quanto ritiene che l’onere di dimostrare un deprezzamento gravava sulla Sardaleasing, e non sarebbe stato assolto, ed in secondo luogo, in quanto sarebbe emerso dagli atti che il bene non aveva subito alcun deprezzamento significativo a causa del furto; cosi che il suo ritrovamento e la restituzione al proprietario (concedente in leasing) è ragione sufficiente ad escludere l’obbligo dell’assicuratore.

2.- Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta violazione, per erronea interpretazione, degli artt. 1905 e 1916 c.c.

Secondo la ricorrente la corte avrebbe errato nel ritenere che, ritrovato il bene rubato, prima che venisse corrisposto l’indennizzo, l’assicurazione non era più tenuta a pagarlo.

A ben vedere solo implicitamente la ricorrente attribuisce alla decisione impugnata un’erronea interpretazione delle fattispecie astratte, piuttosto le contesta una erronea ricostruzione o interpretazione della fattispecie concreta. Secondo Sardaleasing, infatti, i giudici di merito avrebbero dovuto affermare la regola che, nonostante il ritrovamento del bene (prima del pagamento), l’indennizzo andasse comunque corrisposto sulla base di un semplice dato, ossia del fatto che, a causa del furto e dunque del perimento del bene (sia pure momentaneo), il contratto di leasing era stato risolto. Espressamente la ricorrente afferma che la perdita del bene ha fatto “sorgere il diritto di Sardaleasing di ottenere e l’obbligo per M. Service di corrispondere quanto contrattualmente dovuto in caso di furto; nonchè l’obbligo complementare di Fondiaria Sai di corrispondere il risarcimento” (p. 10).

Il motivo è infondato.

L’obbligo della assicurazione di corrispondere l’indennizzo deriva dal perimento del bene e non ha alcun collegamento con le sorti del contratto di leasing. E’ un obbligo che non è influenzato dalla circostanza che il concedente ha risolto il contratto in essere. L’obbligo di corrispondere l’indennizzo dipende dall’evento dedotto in contratto, ossia l’evento assicurato, in questo caso il furto del bene, non dalle sorti del contratto di godimento di quel bene.

Il perimento del bene (nella fattispecie, per furto) è presupposto di due effetti diversi: la risoluzione del contratto (che tra l’altro diventa a prestazione impossibile) ed il pagamento da parte dell’assicuratore, ossia l’adempimento dell’obbligo gravante sull’assicuratore. Già questo dimostra come non vi possa essere un collegamento in senso stretto, significato dalla massima simul stabunt simul cadent, il quale indica che, risolto un contratto, si risolve quello collegato, e non già, come qui accade, che risolto un contratto sorge l’obbligo di eseguire l’altro.

Se i contratti fossero collegati avrebbero uguale sorte, e, risolto il leasing, verrebbe meno l’interesse a mantenere in piedi l’assicurazione.

Il fatto invece che, risolto il leasing, si pretende che l’assicuratore adempia dimostra l’autonomia dei due contratti e soprattutto dimostra che l’adempimento di quello di assicurazione è legato al furto in sè e non già agli effetti che questo evento produce sul leasing.

Nemmeno può prospettarsi un caso di frazionamento contrattuale (che in ipotesi simili è stato adombrato dalla giurisprudenza tributaria, v. Cass. n. 21371/2006) soprattutto perchè l’operazione negoziale realizza qui, non un frazionamento, bensì un ampliamento dell’autonomia privata, non soddisfatta dal singolo e tipico contratto di leasing, che non consente di soddisfare l’esigenza assicurativa, cosi che quest’ultima può essere realizzata non già frazionando, bensì aggiungendo al leasing un ulteriore contratto – quello di assicurazione – che quella esigenza realizza.

Nemmeno si può parlare di un contratto misto (CGE 19.4.1994), posto che il contratto misto presuppone che le cause dei contratti interessati si fondono in un’unica causa.

E’ evidente che qui una tale vicenda non si realizza: il leasing mantiene la sua causa e cossi il contratto di assicurazione. Nè può dirsi che si sia in presenza di un unico tipo negoziale che abbia elementi dell’uno e dell’altro.

Va peraltro evidenziato che nel collegamento negoziale ciascun contratto mantiene comunque la sua autonomia tipologica e funzionale; non è che se il contratto di assicurazione è collegato ad un leasing, il suo contenuto ne risente: resta un contratto di assicurazione nel quale l’adempimento della prestazione dipende dal verificarsi dell’evento assicurato. Il collegamento, piuttosto significa che, per le vicende di uno dei due, non si ha interesse più all’altro, che viene di conseguenza meno anche esso. E qui, invece l’interesse ad assicurare la cosa è indipendente dall’interesse sotteso al leasing e dunque alla concessione di godimento.

Sgomberato il campo da questo equivoco, rimane la circostanza che, prima del pagamento, il bene è stato ritrovato e restituito al proprietario (la ricorrente), con la conseguenza che la restituzione impedisce di considerare avverato l’evento, ossia la perdita di disponibilità del bene oggetto. La circostanza che l’indennizzo non era stato ancora corrisposto al momento del ritrovamento e della restituzione del bene è rilevante, poichè esclude il verificarsi dell’evento che determina l’obbligazione, nello schema del contrato aleatorio.

Poco conta, si ripete, che nel frattempo, la concedente avesse risolto il contratto di leasing. Ad obbligare al pagamento concorre solo l’evento assicurato, che, in base a quanto emerso con accertamento di fatto qui non censurabile, non si è verificato, posto che la cosa rubata è stata ritrovata prima che l’assicuratore pagasse.

2.1.- Secondo e terzo motivo possono esaminarsi congiuntamente. Con il secondo la ricorrente lamenta violazione della regola sull’onere della prova (art. 2967 c.c.), e ritiene che la corte abbia errato nel dire che la prova del valore del bene, dopo il furto, era diversa ed era a carico della proprietaria; mentre con il terzo motivo lamenta un omesso esame di fatto controverso e rilevante, che, nella circostanza sarebbe consistito nella mancata valutazione della ammissione della CTU.

I motivi sono infondati.

Del resto, il terzo lo è già solo considerato che nella nozione di “fatto” di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 non rientra affatto la questione della ammissione di un mezzo istruttorio, che semmai va fatta valere in altri termini.

Ad ogni modo, l’infondatezza di entrambi i motivi discende da quanto segue. La corte di merito ha ritenuto che l’onere di dimostrare che il bene aveva subito danni ed aveva subito un deterioramento o una perdita di valore tra il furto ed il ritrovamento gravava sulla proprietaria del bene, e questo assunto è del tutto condivisibile. La prova del danno incombe a chi ne chiede il risarcimento e non al soggetto eventualmente obbligato a corrisponderlo.

Ciò detto, se alla luce di tale corretta prospettiva, la corte di merito ha ritenuto ininfluente la CTU, si tratta di una valutazione di merito qui non sindacabile se non sotto il profilo dell’assoluto difetto di motivazione tale da rendere nulla la sentenza, difetto che però non è affatto ravvisabile in questo caso in quanto la corte dà conto della sua scelta ritenendo che la proprietà non avesse addotto alcun elemento per far pensare ad una diminuzione di valore del bene, o a danni alla cosa tali da dover essere risarciti, cosi che la CTU diventava esplorativa.

3.- Il quarto motivo denuncia violazione del giudicato interno.

Secondo la ricorrente la decisione di primo grado nella parte in cui condannava M. Service srl (la concessionaria) a pagare a Sardaleasing srl (la concedente) una somma pari a 24.296,39 Euro, è passata in giudicato, non avendo M. Service srl proposto appello. E tale giudicato sarebbe stato violato dalla decisione di secondo grado.

Il motivo è anche esso infondato.

Invero, la questione nasce dal fatto che la sentenza di primo grado, accogliendo la domanda di pagamento dell’indennizzo, ha condannato M. Service srl a pagare circa 106 mila Euro a Sardaleasing, e, una volta compensata tale somma con quella che Sardaleasing doveva ricevere da Unipolsai (82 mila Euro circa), ha fatto la differenza di 24 mila Euro.

Secondo la ricorrente, la sentenza di secondo grado ha soltanto confermato questa differenza (24 mila Euro) senza confermare l’ammontare totale (106 mila) che in primo grado era stato previsto a carico di M. Service ed a favore di Sarditalia srl.

In realtà questa seconda statuizione non è affatto passata in giudicato poichè consistente nella domanda principale di adempimento del contratto assicurativo. Ossia, la compensazione tra quanto complessivamente dovuto dal concessionario al concedente, con quanto da quest’ultimo ricavato a titolo di indennizzo, presupponeva, per l’appunto, che l’indennizzo fosse riconosciuto; venendo invece meno questo diritto, e su tale punto v’era appello principale della Unipol Sai, è venuto meno anche l’intero calcolo fatto in primo grado, e quindi il calcolo della somma dovuta da Ma. Service srl a Sardaleasing srl.

La circostanza invece che la corte di merito condanna poi Ma. Service a corrispondere i 24 mila Euro a Sardaleasing ha una sua ragione autonoma; infatti la corte decide non già ultrapetita, ma sulla base della riconvenzionale subordinata di Sardaleasing (v. p. 12 della sentenza) e ritiene che l’art. 6 del contratto non dà diritto a quest’ultima al pagamento dell’intera somma residua di canoni, proprio per via dell’avvenuto ritrovamento del bene.

4.- il quinto motivo è conseguenza del quarto, e censura la decisione impugnata proprio quanto alla interpretazione dell’art. 6 del contratto di leasing. Tuttavia, esso è inammissibile, innanzitutto.

Infatti, in tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo nell’ipotesi di violazione dei canoni legali d’interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e ss. Ne consegue che il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai richiamati canoni legali (Cass. 27136/ 2017; cass. 873/ 2019).

Il ricorso va pertanto rigettato.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite nella misura di 7200,00 Euro, oltre 200,00 di spese generali, dando atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2019

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