Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31074 del 28/12/2017


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 31074 Anno 2017
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: BALSAMO MILENA

ORDINANZA
sul ricorso 10397-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

CILINDRI ALESSIO TIZIANO;
– intimato –

2017
3000

avverso

la

COMM.TRIB.REG.

sentenza
di

n.

FIRENZE,

82/2012
depositata

della
il

Data pubblicazione: 28/12/2017

12/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera
di consiglio del 07/12/2017 dal Consigliere Dott.

MILENA BALSAMO.

i

Rilevato che:
§ 1.

Il contribuente deduceva di aver presentato

all’ufficio richiesta di riesame in autotutela in relazione al
diniego della definizione dei carichi di ruolo di cui all’art. 12
I. 2002 7289, ritenendo tempestivo il versamento della
seconda rata pari al 20% effettuato il 17.05.2004.

l’ufficio non aveva indicato la data del pagamento della
seconda rata.
Avverso la sentenza di primo grado, l’Agenzia delle
Entrate proponeva appello reiterando le medesime difese.
L’ufficio propone ricorso per la cassazione della sentenza
n. 8e/25/2012 del 6.07.2012 con la quale la commissione
tributaria regionale della Toscana, a conferma della prima
decisione, rigettava l’appello, ritenendo che il versamento
era tempestivo, giacchè il termine utile del

16.05.2004

cadeva di domenica, termine prorogato al primo giorno utile
successivo.

CONSIDERATO CHE
§2.1. L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con
l’unico

motivo, formulato in via principale, la violazione e

falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., dell’artt.12
L289/2002 come modificato dal D.L. 143/2003, conv. in I.
212/2003, avendo la C.T.R. ritenuto valido il condono, ex
art.12 citato (“definizione dei carichi di ruolo pregressi”),
pur in presenza di “un tardivo versamento del saldo, oltre i
termini di legge”.
In subordine, censura la pronuncia dei giudici di appello
per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo della controversia ex art. 360 n. 5

La CTP di Prato accoglieva il ricorso sostenendo che

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c.p.c., in quanto il giudice d’appello ha erroneamente
ritenuto tempestivo il versamento della seconda rata,
benchè la scadenza fissata per legge era il 16.04.2004 e non
il 17.05.2004.
2.2 La censura principale è destituita di fondamento.
Occorre premettere che nella più recente giurisprudenza

errata motivazione su questione di diritto e non di fatto deve
ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza,
qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad
un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo
esame. In tal caso, la Corte di cassazione, in ragione della
funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento,
nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole
durata del processo, di cui all’art. 111, secondo comma,
Cost., ha il potere, in una lettura costituzionalmente
orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione
anche a fronte di un

error in procedendo,

quale la

motivazione omessa, mediante l’enunciazione delle ragioni
che giustificano in diritto la decisione assunta, anche quando
si tratti dell’implicito rigetto della domanda perché
erroneamente ritenuta assorbita, sempre che si tratti di
questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto
(così, S.U. 2017/2731; Cass. 2017/276; Cass. n. 28663/13;
8622/12; Cass. n. 23989/14).
Di qui la possibilità d’integrare la motivazione della
sentenza impugnata, ove lacunosa, nei termini che
seguono.
Questa Corte ha ribadito (Cass. 20746/2010; Cass.
104/2014; Cass. 11669/2016; 21416/2016 ) che “in tema

di questa Corte prevale l’affermazione per cui la carente o

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di condono fiscale, l’art. 12 della legge n. 289 del 2002,
applicabile esclusivamente con riferimento a cartelle
esattoriali relative ad IRPEF ed ILOR, nel disciplinare una
speciale procedura per la definizione dei carichi inclusi in
ruoli emessi da uffici statali e affidati ai concessionari del
servizio nazionale della riscossione fino al 31 dicembre

a ruolo, oltre alle spese eventualmente sostenute dal
concessionario, non prevede alcuna attestazione di
regolarità del condono e del pagamento integrale
dell’importo dovuto, gravando integralmente sul
contribuente l’onere di provare la corrispondenza tra quanto
versato e il ruolo oggetto della controversia. Ne consegue
che tale forma di sanatoria costituisce una forma di condono
clemenziale e non premiale come, invece deve ritenersi per
le fattispecie regolate dagli artt. 7,8,9, 15 e 16 della legge
n. 289 del 2002, le quali attribuiscono al contribuente il
diritto potestativo di chiedere un accertamento
straordinario, da attuarsi con regole peculiari rispetto a
quello ordinario, con la conseguenza che, nell’ipotesi di cui
al citato art. 12, non si determina alcuna incertezza in ordine
alla determinazione del “quantum”, esattamente indicato
nell’importo normativamente indicato da versarsi da parte
del contribuente per definire favorevolmente la lite fiscale.
L’efficacia della sanatoria, è, pertanto condizionata
all’integrale pagamento dell’importo dovuto, mentre l’
omesso o anche soltanto il ritardato versamento delle rate
successive alla prima regolarmente pagata, escludono il
verificarsi della definizione della lite pendente”.

2000, mediante il pagamento del 25% dell’importo iscritto

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Ciò posto, il Collegio osserva che la L. n. 289 del 2002,
art. 12, comma 2 – come sostituito dal D.L. n. 282 del 2002,
art. 5 bis, introdotto dalla L. conversione n. 27 del 2003 fissava per il versamento della prima rata (non inferiore
all’80% della somma prevista per la definizione dei carichi
di ruolo pregressi) il termine del 16 aprile 2003 e per il

Il primo di tali termini fu differito, fermo restando il secondo,
al 16.5.03 con il D.L. n. 59 del 2003, art. 1, non convertito.
Il successivo D.L. n. 143 del 2003, convertito con la L. n.
212 del 2003, ha poi differito il primo termine dal 16 aprile
2003

al

16

ottobre 2003 (data poi ulteriormente spostata, con il decreto
legge 269/03, convertito con la L. n. 326 del 2003, al 16
marzo

2004

e

ancora, con il D.L. n. 335 del 2003, convertito con la L. n.
47 del 2004, al 16 aprile 2004) e ha rimesso al Ministro
dell’Economia

e

delle Finanze la rideterminazione, tra gli altri, del secondo
termine.
È opportuno riportare uno stralcio del D.L. n. 143 del
2003, art. 1, comma 2: “I contribuenti che non hanno
effettuato, anteriormente alla data di entrata in vigore del
presente decreto, versamenti utili per la definizione degli
adempimenti e degli obblighi tributari di cui alla L. 27
dicembre 2002, n. 289, artt. 7, 8, 9 e 9-bis, art. 11, comma
4, artt. 12, 14, 15 e 16, come modificata dal D.L. 24
dicembre 2002, n. 282, art. 5-bis, convertito, con
modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, nonché
di cui al D.L. n. 282 del 2002, artt. 5 e 5-quinquies, possono

versamento del residuo il termine del 16 aprile 2004.

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provvedervi entro il 16 aprile 2004

Gli ulteriori

termini connessi, contenuti nelle predette disposizioni,
nonché quelli per la mera trasmissione in via telematica
delle dichiarazioni relative alle suddette definizioni, sono
rideterminati con decreti, rispettivamente, del Ministero
dell’economia e delle finanze e del direttore dell’Agenzia

degli eventuali pagamenti rateali, ferma restando la
decorrenza degli interessi dal 17 ottobre 2003”.
Alla suddetta rideterminazione il Ministro dell’Economia e
delle Finanze provvide con il D.M. 8 aprile 2004, il cui art.
1, comma 2, lett. g), fissò al 18 aprile 2005, tra l’altro, “Il
termine di versamento del residuo importo dovuto ai sensi
della L. n. 289 del 2002, art. 12, commi 2, secondo periodo,
e 2-ter, relativamente ai
soggetti che alla data di entrata in vigore del citato D.L. n.
143 del 2003 ancora non avevano effettuato versamenti utili
per

la

definizione degli adempimenti e degli obblighi tributari di cui
al medesimo art. 12”.
Va inoltre considerato che la legge di conversione del
decreto legge 143/03, nel secondo comma del suo unico
articolo, fece salvi gli
effetti del già menzionato D.L. n. 59 del 2003, non
convertito, e, inoltre, stabilì espressamente:

“Sono utili i

versamenti.., effettuati tra il 17 aprile 2003 ed il 25 giugno
2003, ai fini delle definizioni di cui alla L. n. 289 del 2002,
art. 11, comma 4, artt. 12, 15 e 16 e art. 17, comma 1”.
Alla luce di tale sequenza di disposizioni normative occorre
allora stabilire se possa considerarsi tempestivo anche il

delle entrate, anche con riferimento alle date di versamento

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versamento del

residuo

importo dovuto

per il

perfezionamento del condono, effettuato dal contribuente il
17.05.04, dopo lo spirare dell’originario termine del 16.4.04
ma prima dello spirare del termine del 18.4.05 fissato dal
D.M. 8 aprile 2004; ossia, vale a dire, se nel caso del
contribuente si applichi la proroga dal 16.4.04 al 18.4.05 del

della ricorrente non può essere condivisa, perché
l’interpretazione della norma che essa propone condurrebbe
al risultato che il versamento della seconda rata di condono
effettuato nel periodo compreso tra la scadenza del termine
originario (16.4.04) e la scadenza del termine prorogato
(18.4.05) perfezionerebbe il condono per i contribuenti che
hanno pagato la prima rata dopo il 25.6.03 (data di entrata
in vigore del D.L. n. 143 del 2003) e non per quelli che
l’hanno, più diligentemente, pagata prima del 25.6.03.
Si tratta di un approdo ermeneutico paradossale – tale da
sollevare anche dubbi di legittimità costituzionale, con
riferimento al parametro della ragionevolezza ex art. 3 Cost.
– e che peraltro contrasterebbe con la ratio legis; se infatti,
come appare evidente, lo scopo della riapertura dei termini
di versamento recata dal D.L. n. 143 del 2003, art. 1,
comma 2 era quello di aumentare il gettito
dei condoni di cui alla L. n. 289 del 2002, ampliando la
platea dei contribuenti coinvolti, escludere dal condono quei
contribuenti che, avendo pagato tempestivamente la prima
rata, perdano il termine del 16.4.04 per il pagamento della
seconda (ma abbiano tuttavia la possibilità e l’interesse di
effettuare tale pagamento entro il 18.4.05) precluderebbe
al Fisco il celere incasso dei saldi dai medesimi ancora

termine di pagamento della seconda rata di condono. La tesi

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dovuti.
Si deve dunque ritenere, secondo l’interpretazione
costituzionalmente orientata già enunciata da questa Corte
con l’ordinanza n. 12090/12, alla quale il Collegio aderisce,
che la proroga dal 16.4.04 al 18.4.05 del termine di
pagamento della seconda rata del condono L. n.289 del

la prima rata in epoca anteriore alla data di entrata in vigore
del D.L. n. 143 del 2003; e che la disposizione contenuta nel
D.L. n. 143 del 2003, art. 1, comma 2 e nel D.M. 8 aprile
2004, art. 1, lett. 9) che limita la platea dei destinatari della proroga dei termini
a quei contribuenti che alla data di entrata in vigore del D.L.
n. 143 del 2003 non avevano effettuato versamenti utili per
la

definizione

degli

adempimenti e degli obblighi tributali di cui alla L. n. 289 del
2002, art. 12 (tra gli altri) – va interpretata nel senso che
per versamenti “utili” per la definizione degli adempimenti
e degli obblighi tributari devono intendersi i versamenti
immediatamente estintivi di detti obblighi, ossia quelli
effettuati in unica soluzione (Cass.396/2015;
Cass.2101/2015; Cass.11224/2016;Cass.1637/2016; Cass.
n.3443/2017).
Deve quindi concludersi che il contribuente aveva il diritto
di avvalersi della riapertura dei termini di versamento recata
dal D.M. 8 aprile 2004, art. 1, comma 2, lett. g), emanato
in
D.L.

attuazione
n.

143 del 2003, art.

del

1, comma 2, e,

conseguentemente, che pur avendo il giudice di merito
ritenuto tempestivo il pagamento perché il giorno 17 cadeva

2006, ex art. 12 operi anche per coloro che avevano pagato

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di domenica, la relativa motivazione deve essere corretta
nel senso che è tempestivo il versamento del saldo del
condono ex art. 12 L. n. 289 del 2002 entro il 18.04.2005,
per le ragioni sopra esposte.
Alla luce delle pregresse considerazioni, il secondo
motivo formulato in via subordinata, è assorbito nel rigetto

Nulla per le spese, in mancanza di attività difensiva
dell’intimato.
P.Q.M.
La Corte

rigetta il ricorso,

Così deciso nella camera di consiglio della quinta sezione
civile in data 7.12.2017

del primo.

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