Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31070 del 30/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 30/11/2018, (ud. 07/11/2018, dep. 30/11/2018), n.31070

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6066-2013 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA IPPONIO 8,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO FERRI, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SUD SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CAVALIER

D’ARPINO 8, presso lo studio dell’avvocato ENRICO FRONTICELLI

BALDELLI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 85/2012 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 12/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/11/2018 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. B.A. propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 85/3/12 del 14.05.2012, con la quale la commissione tributaria regionale del Lazio, nel confermare la prima decisione, respingeva l’appello affermando l’irrilevanza del passaggio dei residui di gestione tra la S.R.T. S.P.A. e la concessionaria Equitalia, trattandosi di procedura meramente interna, inidonea ad incidere in ordine alla individuazione del soggetto legittimato alla riscossione del credito tributario, nonchè l’infondatezza del denunciato vizio di notifica della cartella, il quale perfezionandosi indipendentemente dalla successiva procedura notificatoria, che non costituisce condizione di esistenza dell’atto impositivo, può essere sanato dalla acquisita conoscenza della cartella, ravvisabile nella impugnazione dell’atto che produce l’effetto sanante ex art. 156 c.p.c.. In particolare, la C.T.R. statuiva altresì che, superata la questione relativa al vizio di notifica della cartella, la sua legittimità non era stata contestata dal contribuente.

La società concessionaria si è costituita con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

2.Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 203 del 2005, art. 3 e L. n. 248 del 2005, art. 1,D.Lgs. n. 112 del 1999, artt. 14, 15 e 16, ex art. 360 c.p.c., n. 3. Per avere la Commissione tributaria erroneamente attribuito rilevanza meramente interna alla consegna dei ruoli, che invece costituiscono titolo per la riscossione, trattandosi di procedura finalizzata all’interesse pubblico di corretta formazione dei titoli. Sostiene al riguardo che l’omessa consegna dei titoli dalla società Seal – commissariata- alla società SRT aveva determinato l’illegittimità della procedura ai sensi del D.L. n. 112 del 1999, cit. art. 14.

3. Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, per avere erroneamente il decidente ritenuta perfezionatasi l’operazione notificatoria con la consegna a mani della moglie convivente in un indirizzo diverso da quello anagrafico e dal domicilio fiscale.

4.Con la terza censura si lamenta omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, per avere il decidente ritenuto che la notifica si era perfezionata con l’avvenuta conoscenza dell’atto, circostanza il cui onere della prova gravava sulla concessionaria che avrebbe dovuto dimostrare la piena conoscenza della cartella da parte del contribuente entro il termine di decadenza per impugnare.

5.La prima censura è priva di pregio.

In primo luogo, la questione sollevata con la prima censura appare connotata dal requisito della novità, giacchè dalla decisione impugnata si evince che la doglianza sollevata dal contribuente nel giudizio di merito riguardava l’omessa consegna dei ruoli dalla società SRT alla società Equitalia e non la consegna del ruolo alla società SRT subentrante alla società Seal.

6.Con il D.L. n. 203 del 2005, art. 3, il legislatore ha attribuito all’Agenzia delle entrate le funzioni di riscossione che le esercita tramite la società Equitalia, partecipata al 51% dall’Agenzia e per il resto dall’Inps. Quindi, a seguito del riordino normativo, l’Agenzia continua ad esercitare l’attività di riscossione in qualità di società partecipate della riscossione s.p.a., ora Equitalia, riacquistando le azioni delle società partecipate (private) da parte dell’agenzia e dell’Inps.

In tale contesto, si è ritenuta necessaria una profonda riforma della disciplina della riscossione coattiva dei crediti degli enti pubblici, attraverso il passaggio della titolarità di tale attività dai soggetti privati a Riscossione SpA e poi ad Equitalia. In tal modo, le società preesistenti, divenute di proprietà della stessa Riscossione S.p.a., hanno potuto continuare ad operare, senza passaggi di residui di gestione, anche dopo la cessazione del regime di concessione (v. Corte dei Conti n. 160/2010); la suddetta società pubblica, infatti, è stata legittimata ad esercitare l’attività di riscossione anche mediante soggetti partecipati in misura non inferiore al 51% del capitale sociale. Ciò, tra l’altro, ha consentito all’ente “Riscossione spa” di iniziare ad operare nell’esercizio dell’attività di riscossione coattiva ancor prima del passaggio alla stessa della diretta titolarità di questa attività, avvenuto il 10 ottobre 2006.

Vale osservare che, per effetto del trasferimento di funzioni operato dal D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, la neocostituita Equitalia s.p.a. (già Riscossioni s.p.a.) e le altre società dell’omonimo gruppo, che ne sono articolazioni territoriali, sono subentrate “ex lege” nei rapporti controversi facenti capo alle anteriori concessionarie del servizio di riscossione, così verificandosi, sul piano processuale, un fenomeno successorio riconducibile non all’art. 110 c.p.c., bensì all’art. 111 del medesimo codice, ed il cui titolo è costituito dalla soppressione, per legge, del precedente sistema di affidamento in concessione del servizio (Cass. n. 21773/2014; n. 7318/2014; Cass. nn. 2608 e 9004 del 2007).

Il subentro ex lege nei rapporti controversi facenti capo alle precedenti concessionarie del servizio di riscossione va raccordato con il citato art. 3, comma 33, il quale dispone: “Ai fini di cui al comma 1, si applicano, per il passaggio dei residui di gestione, le disposizioni previste dal D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, artt. 14 e 16”.

L’art. 16 cit. stabilisce che “la trasmissione e riscossione dei residui, le modalità di compilazione e trasmissione degli elenchi dei residui di gestione sono definite con decreto del Ministero delle finanze di concerto con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. In tutte le ipotesi di cambiamento di gestione il subentrante concessionario o commissario governativo continua, ove possibile, la procedura di riscossione già avviata dal cessato concessionario o commissario governativo, ovvero pone in riscossione i residui e le altre entrate ricevute in carico secondo la procedura prevista dal presente decreto. A tal fine la consegna dei residui è equiparata alla consegna dei ruoli e fino alla consegna i termini di cui all’art. 19, comma 2, lett. a), b) e c), sono interrotti e riprendono a decorrere dalla data di tale consegna”.

La disposizione appena trascritta prevede la facoltà del subentrante di procedere direttamente alla riscossione, ove possibile, ovvero in alternativa di attendere la consegna dei residui secondo le modalità descritte dal D.M.

7. Ne consegue che l’omessa consegna del ruolo dal primo concessionario al suo successore risulta del tutto irrilevante ai fini della legittimità della procedura di riscossione, per la quale è sufficiente e necessario che l’ufficio competente “formi ruoli distinti per ciascuno degli ambiti territoriali in cui i concessionari operano”. Dai riprodotti dati normativi discende che il “ruolo” è un atto amministrativo impositivo (fiscale, contributivo o di riscossione di altre entrate allorchè sia previsto come strumento di riscossione coattiva delle stesse) proprio ed esclusivo dell'”ufficio competente” (cioè dell’ente creditore impositore), che, giusta il dettato del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 24, comma 1, viene consegnato “al concessionario dell’ambito territoriale cui esso si riferisce” e precede ogni attività del concessionario, della quale costituisce presupposto indefettibile (v. SU 19704 del 2015).

La consegna del ruolo al primo concessionario e la sua regolarità non risultano affatto messi in discussione dal ricorrente, con la conseguente irrilevanza della formale consegna dei residui di gestione al successore ex lege.

8.La seconda censura è fondata, assorbita la terza.

La motivazione adottata dal decidente risulta in contrasto con le disposizioni del D.P.R. n. 600 del 1973 e con la giurisprudenza di questa Corte, atteso che la nullità della notifica della cartella, che è condizione integrativa di efficacia dell’atto impositivo (v. ex plurimus: Cass. n. 21071 /2018), può essere sanata solo dalla sua avvenuta impugnazione nei termini di decadenza, impugnazione che il contribuente non ha proposto affatto, avendo impugnato l’atto successivamente notificato (iscrizione ipotecaria).

Inoltre, in materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Poichè tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa.

Ebbene, nella fattispecie, dalla lettura della pronuncia impugnata emerge con tutta evidenza che il contribuente ha impugnato unicamente l’iscrizione ipotecaria deducendone l’illegittimità per l’omessa notifica dell’atto prodromico; con l’ulteriore conseguenza che i giudici territoriali avrebbero dovuto limitarsi ad accertare la nullità della notifica della cartella e dichiarare la conseguente illegittimità della comunicazione di iscrizione ipotecaria impugnata. Quanto alla violazione dell’art. 60 cit., in realtà la CTR non ha negato la nullità della notifica dell’atto impositivo prodromico, ma dando per presupposto l’invalidità della stessa, già affermata dal primo decidente, ne ha dichiarato la realizzata sanatoria per il raggiungimento dello scopo, attraverso l’impugnazione della cartella, la quale, al contrario, dalla congiunta lettura della sentenza di secondo grado e dalla trascrizione del ricorso originario, non risulta affatto essere stata oggetto di impugnazione da parte del contribuente.

Il ricorso deve pertanto essere accolto con riferimento alla seconda censura, rigettata la prima ed assorbita la terza e, non essendovi ulteriori accertamenti da svolgere, la sentenza deve essere cassata con l’accoglimento dell’originario ricorso del contribuente.

Sussistono i presupposti – tenuto conto delle alterne vicende processuali – per la compensazione delle spese del giudizio di merito.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

– Accoglie il secondo motivo del ricorso, assorbito il terzo e rigettato il primo; cassa la sentenza impugnata e non essendovi ulteriori accertamenti da svolgere, accoglie l’originario ricorso del contribuente;

– compensa le spese del giudizio di merito;

– condanna la concessionaria alla refusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 4.000,00, oltre rimborso forfettario ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2018

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