Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3107 del 11/02/2010
Cassazione civile sez. III, 11/02/2010, (ud. 08/01/2010, dep. 11/02/2010), n.3107
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VARRONE Michele – Presidente –
Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –
Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –
Dott. URBAN Giancarlo – rel. Consigliere –
Dott. CHIARINI M. Margherita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
CEDAC s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante,
elettivamente domiciliato in Roma, Via Augusto Riboty n. 22, presso
lo studio dell’avv. Martella Valerio, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avv. Carlo Palermo giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
C.M.R. e C.P., elettivamente domiciliati
in Roma, Via XX Settembre n. 15, presso lo studio dell’avv. Ciddio
Francesco, che li rappresentano e difendono unitamente all’avv. Mario
Casari giusta delega in atti;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte dr Appello di Trento n. 190/05 in
data 26 maggio 2005, pubblicata il 8 giugno 2005.
Udita la relazione del Consigliere dott. Giancarlo Urban;
udito il P.M., in persona del Cons. Dott. FEDELI Massimo che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del Tribunale di Trento in data 7 ottobre 2004 la Cedac s.r.l., conduttrice di un appartamento, era stata condannata a corrispondere ai proprietari C.M.R. e da C. P. la somma di Euro 44.466,94 oltre rivalutazione ed interessi a titolo di risarcimento danni, nonchè a rifondere le spese di lite oggetto.
La società proponeva appello con atto di citazione notificato in data 11 febbraio 2005, depositato in cancelleria in data 18 febbraio 2005; la Corte d’ Appello di Trento, con sentenza del 8 giugno 2005, dichiarava inammissibile l’appello perchè proposto tardivamente (la notifica della sentenza di primo grado era intervenuta in data 17 gennaio 2005).
Propone ricorso per cassazione la CEDAC s.r.l. con due motivi.
Resistono con controricorso C.M.R. e C. P..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione di legge (artt. 435, 439, 427 e 426 c.p.c.) in quanto la Corte d’Appello aveva deciso la causa alla prima udienza, malgrado che questa non fosse stata fissata come udienza di discussione;
peraltro, la causa sarebbe stata correttamente introdotta secondo il rito ordinario, poichè la domanda riguardava il risarcimento di danni causati al bene in locazione da un incendio per il quale era stato ritenuta responsabile la conduttrice.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione di legge (artt. 101 e 300 c.p.c.), in quanto la Corte di Appello aveva ritenuto la irrilevanza della cancellazione della società dal registro delle imprese, documentata attraverso idonea certificazione;
peraltro, in altro giudizio, una sentenza della stessa Corte d’Appello aveva condannato la Royal Sunalliance Assicurazioni a manlevare la Cedac da ogni pagamento conseguente all’incendio.
Appare assorbente la questione dell’avvenuta cancellazione della società ricorrente dal registro delle imprese. Questa Corte ha affermato il principio che “Ai sensi dell’art. 2495 c.c., comma 2, nel testo introdotto dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, art. 4 ed entrato in vigore il 1 gennaio 2004, la cancellazione dal registro delle imprese (nella specie, di società a responsabilità limitata in liquidazione) produce estinzione della società anche in presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti ancora non definiti; la disposizione, non disciplinando le condizioni per la cancellazione, ma gli effetti della stessa, opera retroattivamente e dunque anche con riguardo alle cancellazioni intervenute in epoca anteriore alla sua entrata in vigore; pertanto, nel caso in cui la cancellazione sia stata eseguita dopo la notifica dell’atto di appello e tuttavia l’evento non sia stato dichiarato in quel giudizio, è inammissibile il successivo ricorso per cassazione, promosso dal liquidatore avverso la sentenza nel frattempo emessa, in ragione della perdita della capacità processuale attuatasi in capo a tale soggetto, il quale risulta privo del potere di rilasciare la procura, affetta dunque da nullità: (Cass. 12 dicembre 2008 n. 29242).
Nella specie la cancellazione della società dal registro delle imprese sarebbe avvenuta in data anteriore all’atto di appello (febbraio 2005), con il quale fu per la prima volta dedotta in giudizio la circostanza. In applicazione del principio sopra indicato, si deve quindi escludere che nel proporre ricorso per cassazione, il liquidatore della ricorrente Cedac s.r.l. in liquidazione avesse il potere rappresentativo della società, con la correlativa facoltà di nomina dei difensori e di conferimento di procura alla lite, essendo venuto meno ogni potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio. Il difetto di tali poteri comporta la esclusione anche della “legitimatio ad processum” del rappresentante, il cui accertamento, trattandosi di presupposto attinente alla regolare costituzione del rapporto processuale, può essere compiuto in ogni stato e grado del giudizio e quindi anche in sede di legittimità (Cass. SS.UU. 16 novembre 2009 n. 24179).
Il ricorso risulta quindi inammissibile perchè proposto da soggetto non legittimato; restano assorbite le altre questioni trattate nel ricorso, peraltro infondate.
Segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.500 dei quali Euro 1.300 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 8 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2010