Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31069 del 28/11/2019

Cassazione civile sez. III, 28/11/2019, (ud. 27/09/2019, dep. 28/11/2019), n.31069

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22553-2018 proposto da:

P.S., I.R., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA

APPIA NUOVA, 199/G, presso lo studio dell’avvocato DANIELA MOZZATO,

rappresentate e difese dall’avvocato ENZO BIASILLO;

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SPA, – I.M. DISTRIBUZIONI ALIMENTARI

LATINA, in persona dei curatori, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA SPALLANZANI, 22, presso lo studio dell’avvocato MAURO ORLANDI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ARNALDO

FALCONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2070/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/09/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il curatore del fallimento della s.p.a. (OMISSIS) convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Latina, I.R., la P & T Trustee Company, P.S. e B.S., chiedendo che fosse dichiarato nullo o, in subordine, inefficace nei suoi confronti, ai sensi dell’art. 2901 c.c., l’atto pubblico notarile del 30 dicembre 2011 col quale la I. aveva costituito il trust denominato (OMISSIS), conferendo nel medesimo una serie di beni immobili di sua proprietà, asseritamente allo scopo di provvedere al benessere economico dei figli nascituri della sua figlia P.S..

A sostegno della domanda espose che la società fallita si trovava in uno stato di sostanziale inattività fin dalla data di presentazione della domanda di concordato preventivo, peraltro non approvata, e che l’atto di costituzione del trust, allo stesso modo di quanto accade per il fondo patrimoniale, aveva l’obiettivo di distogliere una serie di beni che costituivano la garanzia patrimoniale dei creditori.

Si costituirono in giudizio le convenute I., P. e B., chiedendo il rigetto sia della domanda di nullità che di quella di revocatoria.

Il Tribunale accolse la domanda di revocatoria, dichiarò inefficace, nei confronti del fallimento attore, l’atto costitutivo del trust suindicato e condannò le convenute al pagamento delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata impugnata dalle parti soccombenti e la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 28 marzo 2018, in parziale riforma della decisione del Tribunale, ha rigettato il gravame proposto dalla I. e dalla P., ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva di B.S., ha confermato nel resto la decisione di primo grado ed ha condannato le appellanti soccombenti alla rifusione delle ulteriori spese del grado.

Ha osservato la Corte territoriale, per quanto di interesse in questa sede, che, contrariamente a quanto sostenuto dalle appellanti, l’atto di costituzione del trust era da ritenere a titolo gratuito anzichè oneroso e che, nella specie, esso era posteriore e non anteriore rispetto al sorgere del credito. Risultava dagli atti che il curatore del fallimento aveva proposto azione di responsabilità, ai sensi della L. Fall., art. 146, nei confronti di I.R. che era l’amministratrice della società poi fallita e che quest’ultima aveva proposto domanda di concordato preventivo in data 13 novembre 2011; doveva perciò ritenersi che lo stato di dissesto economico della società (OMISSIS) esistesse almeno a far tempo da quella data, per cui l’atto oggetto di revocatoria era da considerare successivo al sorgere del credito.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Roma propongono ricorso I.R. e P.S. con unico atto affidato ad un solo motivo.

Resiste il fallimento della società (OMISSIS) con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., comma 1, n. 1), nella parte in cui la Corte d’appello ha ritenuto che l’atto impugnato fosse posteriore rispetto al sorgere del credito, in tal modo non considerando che si sarebbe dovuta fornire la prova della dolosa preordinazione dell’atto al fine di pregiudicare il soddisfacimento del credito.

Osservano le ricorrenti, dopo aver ricordato la differenza esistente, ai fini di prova, tra atto anteriore e atto posteriore al sorgere del credito, che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere il credito anteriore all’atto dispositivo. In particolare, la sentenza non avrebbe in alcun modo esaminato quali responsabilità potessero essere individuate a carico dell’amministratrice I., elemento indispensabile ai fini della valutazione di fondatezza della domanda di revocatoria.

1.1. Il motivo, che presenta profili di inammissibilità nella parte in cui sembra sollecitare un nuovo esame del merito, non è fondato.

Osserva la Corte, innanzitutto, che è corretta la valutazione compiuta dalla Corte di merito in ordine alla assoggettabilità a revocatoria dell’atto di costituzione del trust ed alla natura gratuita del medesimo (v. per tutte la sentenza 3 agosto 2017, n. 19376, seguita da altre successive).

Ciò premesso, è corretta anche l’ulteriore decisione della Corte d’appello in ordine alla riconosciuta anteriorità del credito rispetto all’atto dispositivo. Ed infatti la presentazione della domanda di concordato preventivo, poi neppure approvata, in data 13 novembre 2011, dà conto della esattezza della decisione qui impugnata, la quale ha ritenuto l’atto dispositivo del 30 dicembre 2011 successivo rispetto al sorgere del credito. La domanda di concordato cristallizza, per così dire, la situazione, dimostrando in modo inoppugnabile che il credito vantato era a quella data certamente esistente. Ciò in conformità alla pacifica giurisprudenza di questa Corte secondo la quale in tema di azione revocatoria ordinaria, il requisito dell’anteriorità del credito rispetto all’atto dispositivo del debitore va riscontrato in riferimento al momento di insorgenza del credito stesso e non già rispetto al momento della sua scadenza (così, tra le tante, la sentenza 18 agosto 2011, n. 17356, e l’ordinanza 5 settembre 2019, n. 22161).

Ed è appena il caso di aggiungere che l’atto di costituzione del trust, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, lede l’interesse del creditore anche a prescindere dalla sussistenza di specifiche violazioni degli obblighi sociali da parte dell’amministratore, cioè indipendentemente dall’esistenza delle condizioni per l’azione di responsabilità di cui all’art. 2394 c.c..

2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono inoltre le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 7.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 27 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2019

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